Ancora poco resta da dire sul parricidio ai danni di Grillo. Sarà un epilogo da manuale, con il fondatore messo fuori dai seguaci. Ma quello che verrà dopo per Conte ed i suoi non sembra altro che un percorso di guerra da affrontare senza neppure la bussola. Conte ha una posizione ambigua e poco comprensibile su molti punti, a partire dalle posizioni in politica estera. Un’ambiguità che non ha nulla di intrinsecamente politico, ma appartiene alla categoria della convenienza in termini di consenso e posizionamento. Essere trumpiani o meno non è un dettaglio, appoggiare o meno l’invio di armi in Ucraina non è secondario. Essere più o meno vicini a Putin, nei fatti, non è qualcosa da poco. Ma su tutte queste cose poco di Conte si comprende. Allo stesso modo ancora non è chiaro se e quando avrà davvero un rapporto politico con il Pd.



La sensazione è che sia solo una relazione strumentale per porre le basi di una leadership di Conte che vorrebbe fare le primarie di coalizione sperando di vincerle. Nel frattempo ha rotto diversi tavoli regionali e mantiene i suoi in stato di incertezza sulle prospettive future. Il tutto condito da rapporti opachi con la maggioranza come sul tema Rai, dove ha flirtato e trattato per avere dei posti al sole. Sul piano economico le posizioni sono quasi revansciste. L’eterno richiamo ai fondi del PNRR, che stanno per finire; l’invocazione puntuale del famigerato reddito di cittadinanza e poco più. Per dirla con chiarezza, oggi appare la forza politica meno coerente avendo perso del tutto la sua carica innovativa.



Tutto questo enorme caos per Conte dovrebbe essere dipanato da una costituente a 5 Stelle che dovrebbe dare nuova linfa ed idee. Ma la storia insegna che le rivoluzioni dal basso, come quella di Grillo, partono dalla pancia e non dalle assise costituenti, che arrivano dopo che si è compiuto un processo di assunzione del potere, e nella maggioranza dei casi questi riti fanno solo da giustificazione ad un potere interno già chiaro e da ratifica al gruppo dirigente che ha in mano già da prima il potere interno.

Conte, quindi, poco ha da stare allegro. La sua parabola non è altro che una corsa basata sulla sua leadership personalissima, e forse è proprio questo il tema. Grillo aveva allevato una mezza classe dirigente interna con personalità variegate ed anomale che però, nella loro collettiva stranezza, e spesso inadeguatezza, davano la percezione di un fenomeno di popolo, il che rendeva chiara anche la natura ampia e variegata del Movimento 5 Stelle. Conte no, i suoi colonnelli sono grigi e spesso più simili ad automi che si appiattiscono sulle ultime frasi del loro capo senza avere né la forza né la voglia di un un’autonoma presa di pozione per alimentare il confronto interno o intercettare sacche di voti tra loro distanti. Tutto, nei 5 Stelle che verranno, dipende solo ed esclusivamente dalla popolarità di Conte e delle sue idee personali idee. Un partito, o partitino si vedrà, votato al leaderismo massimo senza alcuna ambizione veramente innovativa. La personalità del leader fa la differenza, lui comanda, fa e disfa.



Avere eliminato Grillo, giuridicamente, non vuol dire però averlo fatto fuori politicamente. La natura del movimento fondato con Casaleggio è ormai persa, ma va detto che lui, l’Elevato, non ha ancora deciso se è davvero morto o se vuole resuscitare con l’unico obiettivo di far fuori chi lo ha atterrato: uno zombie che si aggira per le strade e che tenderà agguati al suo carnefice ad ogni passo mettendolo alla prova su ogni questione, come lui sa fare. E questa guerra tra non-morti e finti leader rischia di essere la cosa più gustosa ed interessante di tutte nel futuro di quelli che furono i grillini, visto che il resto, le posizioni politiche, il progetto di società, i riferimenti culturali e prospettici altro non saranno che un riflesso delle convenienze di chi comanderà il vecchio transatlantico del consenso oggi in disarmo.

Perciò, male che vada, ci sarà da divertirsi. Se poi arriveranno i voti, si vedrà. Per ora Casaleggio jr preconizza la fine del gioco e un movimento senza consenso e senza interpreti. Potrebbe aver ragione. Ma Conte di sicuro giocherà fino in fondo la partita che gli interessa davvero. Ovvero il sogno di tornare a Palazzo Chigi. Di tutto il resto, francamente, se ne infischia.

 

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