Caro direttore,
il dibattito politico attuale si è recentemente arenato sulla caccia al colpevole dello tsunami che ha colpito l’Italia a causa del coronavirus. Sono iniziate perciò le accuse a singoli, istituzioni, associazioni e categorie di persone. Tutti sono diventati, improvvisamente, politici, magistrati, medici, epidemiologi o anche le quattro cose messe insieme. La mentalità del processo, della denuncia, in cui chi attacca è il puro pronto a epurare e distruggere l’altro, contamina tanti, innescando una catena che mortifica la ricerca  della verità. 



In questo quadro generale si perde di vista la grande e vera frattura che il coronavirus ha operato nel quadro politico italiano.

Cos’è successo? Il partito dei 5 Stelle ha divorziato definitivamente dall’Italia, dall’Europa e dall’Occidente, facendo una scelta di campo precisa: la Cina comunista. Di Maio infatti ha esaltato, pubblicamente, il ruolo della grande potenza asiatica, rilanciandone la narrazione salvifica e la vicinanza politica, salvo restare di sasso rispetto alle precise domande  sulla vicenda della compravendita delle mascherine. Grillo ha ospitato nel suo blog interventi a sostegno delle politiche cinesi, negando, omissivamente, le ripetute violazioni dei diritti umani. Di Stefano, ancora, sul South China Morning Post ha elogiato “le magnifiche sorti e progressive” del paese asiatico, manifestando una malcelata insofferenza per l’Europa e nessuna solidarietà per i giovani di Hong Kong. Infine, Di Battista ha sostenuto, con piglio militaresco, che “la Cina vincerà la terza guerra mondiale”.



Le scelte ideologiche, non ideali, né realiste, operate, in modo compatto, dal M5s, pongono un grave problema alla sicurezza nazionale (questione 5G, rapporto privilegiato col gigante asiatico, nuova Via della Seta, ecc.) e su questo i partiti sono chiamati a confrontarsi, urgentemente, con iniziative decise e rapide. Un gruppo dirigente filo-cinese, privo di esperienza e di curricula di spessore, che si è nascosto dietro il presidente del Consiglio in un momento critico, può garantire il nostro futuro? Non si tratta qui soltanto dell’imprevidente annuncio di promozione degli studenti, fatto diversi mesi prima della fine della scuola dal ministro Azzolina, o dell’inadeguata comunicazione sulla chiusura delle Regioni del Nord, che ha provocato la pericolosa fuga di massa verso il Sud, ma di qualcosa di molto più grave e definitivo. 



Nel secondo dopoguerra l’Italia è stata terreno di confronto geopolitico tra Usa e Urss, poiché i partiti di massa principali avevano riferimenti diversi e contrapposti, ma gli attori, certamente, erano però ben più alti e preparati: capaci di passi ben misurati.

E allora che fare? È necessaria una ripartenza immediata da un’area politica nuova e forse inedita, che aggreghi forze popolari diverse, ma con una visione lungimirante e non esoterico-totalitaria come quella pentastellata. Sarebbe letale per il nostro paese, in crisi per l’emergenza sanitaria e per la complessa ripresa economica, diventare la linea di frattura e di scontro tra due potenze, una delle quali palesemente anti-democratica. 

La situazione attuale di confronto è, dunque, ora, non più tra sovranisti e populisti, tra destra e sinistra, ma tra italiani moderati filo-occidentali e anti-italiani filo-dittatura. Far finta di non vedere che si sta consumando l’inizio di un dramma sarebbe massimamente errato, soprattutto da parte delle élites economiche e politiche.

Lo stato italiano per la sua salvezza ha bisogno di una stabilità politica, di un leale rispetto delle alleanze storiche e dei trattati sottoscritti, con una propulsione fattiva e cooperativa nel Mediterraneo e un dialogo critico e costruttivo con le altre potenze internazionali, che provi a ricostruire lo spirito degli accordi di Pratica di Mare.

I totalitarismi nuovi e vecchi (dottrina di Gaia e comunismo cinese) lasciamoli, perciò, al secolo scorso. Hanno fatto solo danni. Noi abbiamo bisogno di una rinascita, che può essere favorita, mettendo in campo le menti e le energie migliori del nostro paese, per tutelare l’interesse nazionale e il bene comune.

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