Un primo effetto il fondo salva-Stati lo ha prodotto nelle aule parlamentari: tre senatori di M5s, Ugo Grassi, Francesco Urraro e Stefano Lucidi hanno aderito al gruppo della Lega, salutando il Movimento 5 Stelle e Luigi Di Maio. Segnali di insofferenza sono venuti mercoledì anche dalla Camera, dove 14 pentastellati hanno disertato il voto sulla risoluzione di maggioranza che impegna il governo a proseguire la trattativa sul Mes mantenendo la logica di “pacchetto” e assicurando “il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato”. Un sì, quello di Di Maio, inaccettabile per molti parlamentari grillini: infatti nel programma del Movimento sta scritto un netto no al Meccanismo europeo di stabilità.



Fabrizio d’Esposito, firma politica del Fatto Quotidiano, punta il dito contro Di Maio, la cui strategia politica “post-ideologica” è ormai sconfitta e improponibile. “La vera verifica di gennaio resteranno le elezioni in Emilia. Il governo rischia in entrambi i casi, sia che Salvini vinca, sia che perda” dice d’Esposito.



Di Maio parla di ricorso all’autorità giudiziaria per sapere cosa succede ai suoi deputati e senatori. Cosa ne pensi?

Può avere un senso: in questo paese è già successo che qualcuno abbia comprato senatori per far cadere un governo (quello di Romano Prodi, nel 2008, ndr), chiedere a Berlusconi e a Sergio De Gregorio. Non credo però che sia il caso di questa operazione. Penso che al massimo i senatori passati con la Lega possano avere chiesto e ottenuto garanzie sulla loro rielezione.

Il capo politico di M5s perde sempre più colpi. Ma è ancora al suo posto.

Fossi in Casaleggio mi interrogherei parecchio sulla mancanza in Di Maio di autocritica e di percezione dello stato disastroso in cui versano i 5 Stelle. Era straniante che con quello che ieri succedeva in Italia, lui fosse in missione in Albania.



Siamo sicuri che Di Maio sia dispiaciuto di perdere pezzi? Così il governo cade.

Se il governo cadesse a gennaio, da capo politico farebbe le liste e così facendo potrebbe garantirsi ancora pezzi di potere e un futuro, ma va detto che perdere pezzi a destra significa per lui rinunciare a un suo potenziale partito; per questo non ha convenienza a vedersi assottigliare le fila.

Il ritorno di Di Battista?

Il ritorno di Di Battista in chiave filo-leghista e anti-Mes significa che Di Maio rimpiange il governo con Salvini.

La priorità è tenere insieme a tutti i costi M5s o sapere dove collocarsi?

Io credo che Di Maio non abbia più come priorità i 5 Stelle. È un capo avvitato su se stesso, che cerca in tutti i modi di garantirsi l’enorme cumulo di potere che ha avuto in mano da quando M5s è al governo. Ma la politica non si fa in questo modo.

Evidentemente a Casaleggio va bene che Di Maio stia dov’è, nonostante le sconfitte subite dalla sua linea politica.

È chiaro che Casaleggio è più sulla linea di Di Maio che non di Grillo. Si fronteggiano due visioni differenti: Grillo è fautore di un centrosinistra nuovo a trazione grillina, Di Maio insiste con il partito post-ideologico. Ma così non reggerà, perché non si possono tenere insieme anime così diverse.

Nemmeno con una politica più accorta? Nemmeno sostituendo Di Maio?

No, perché di fronte alla crisi politica dell’Ue e ai venti di destra, oggi ha più senso di prima parlare di destra e sinistra. Dunque non so fino a quanto la linea del partito post-ideologico possa funzionare. Non a caso Di Maio ha perso parecchi voti verso sinistra, e molti elettori di destra preferiscono l’originale Salvini alla copia 5 Stelle.

Quanto dura il governo?

La vera verifica di gennaio resteranno le elezioni in Emilia-Romagna. Il governo rischia in entrambi i casi, sia che Salvini vinca, sia che perda.

Anche se la Lega perde in Emilia?

Sì perché la vittoria di Bonaccini, a maggior ragione se ottenuta con il Pd che corre da solo, potrebbe spingere Zingaretti a capitalizzare il risultato e a volere le elezioni anticipate. Con la prospettiva di rinnovare il Pd, ottenere un buon risultato e non avere più nessun nemico a sinistra. Certo dovrebbe mettere in conto che la nuova maggioranza di destra elegga il capo dello Stato.

Un motivo sufficiente per non fare quello che dici…

La chiave è Bettini. Ormai Zingaretti non si dà più i pizzicotti in nome della ragion di governo e ribatte a Di Maio colpo su colpo. Non rincorre più Di Maio, lo sfida. Questo mi fa dire che la situazione potrebbe sfuggire di mano, anche se gli elementi che depongono a sfavore ci sono.

Quali sarebbero?

Non c’è ancora la legge elettorale e non sappiamo come finirà la raccolta delle firme in Senato per chiedere il referendum contro il taglio dei parlamentari. Sono variabili importanti. Tutte queste debolezze potrebbero stabilizzare il governo, è vero, però quando ci si trova di fronte a un dato pesante come l’esito del voto in Emilia, lo scenario può cambiare.

Renzi?

Renzi avrà la stessa sorte di Alfano con Ndc: campare di rendita fino a quando non arriva il conto. Può oscillare al massimo tra il 3 e il 4%.

Oltre a Grassi, Urraro e Lucidi ci saranno altre uscite dalle file di M5s verso la Lega?

È probabile. Dipende dalle situazioni personali, nessuno sa realmente che cosa stia succedendo in questo momento nei 5 Stelle.

Paolo Romani starebbe organizzando un gruppo di “responsabili” per tenere in piedi il governo.

Romani fa parte del nuovo movimento di Toti. La loro operazione è semplice: vogliono sostituirsi a Berlusconi come interlocutori di Salvini. Per farlo da una posizione di forza gli dicono: noi possiamo stabilizzare il governo oppure no, dipende da quello che ci offri.

In Calabria M5s punta su Aiello. Con quali chances?

Mi pare una candidatura debole, l’uomo su cui dovevano investire era Callipo. Mi auguro che non faccia male a Callipo e che Callipo riesca a fermare il centrodestra.

Mario Occhiuto pare intenzionato ad andare avanti da solo, potrebbe far male al centrodestra.

Sono due coalizioni lacerate, ma il centrodestra può ancora contare sull’effetto Salvini. Non saprei fino a quando.

(Federico Ferraù)