Grillo non ci sta. La sua uscita è un atto sovversivo ed indisciplinato ed un rilancio della sua figura politica e pubblica senza paracadute. Si è tolto il dubbio e non ha voluto più farsi usare dai suoi epigoni, rifiutando i loro insulti e l’accusa di essere un padrone intransigente e venduto (a Draghi). Si sarebbe salvato dalla guerra che lo attende sparendo, accettando la sconfitta e passando il tempo in silenzio e meditazione. Poteva essere un santino severo, un passato remoto declinato in tutte le coniugazioni, un saggio vecchio da documentario. Ma la rabbia del tradimento lo ha pervaso.
Del resto il dolore profondo più mortale non è quello d’amore, ma quello della spalla trafitta da chi consideravi amico. “Casca, cosa fai?” gridò incredulo Cesare quando Publio Servilio Casca sferrò il pugnale nel collo di quello che lo considerava amico. Vinsero i congiurati con quell’omicidio, furono poi sconfitti a Filippi, dove l’ex amico si suicidò.
Ma Grillo è vivo. E non ha intenzione di essere sopraffatto dai tanti miracolati del suo visionario e spesso folle percorso. La sua strategia è chiara: delegittimare Conte e i suoi, puntare ad uno stallo, provare a riprendersi il simbolo e ripartire da dove si era fermato. Che loro si facciano la loro lista. Ma il simbolo ed il nome verrà messo da parte e “compostato” da Grillo stesso, che medita un rilancio ed una nuova stagione.
La foto con Casaleggio ne è la prova. Ogni vita ha le sue svolte. Che hanno radici profonde e antiche. Spesso il venir meno di figure importanti nella propria vita fa saltare punti di riferimento per un po’, ma poi si torna ai fondamentali, alle radici. È da lì che ripartirà, confidando sul non aver niente da perdere, e sulla forza evocativa che la sua cavalcata ha avuto su tanti elettori. Ha dalla sua di essere un visionario ed un grande comunicatore, di avere la rabbia del tradito e le stigmate del martire profetico.
Gli manca l’esercito di sconosciuti che Casaleggio aveva reclutato meticolosamente, l’infrastruttura della comunicazione innovativa per l’epoca e quella sensazione di novità disarmante che travolse la classe politica. Cose di non poco conto e delle quali nessuno sa se sentirà la mancanza. Per ora la tragedia del comico visionario, solitario e tradito, è sulla scena e fa un certo effetto. Anche il fatto che avrebbe parlato è tornata a far notizia di per sé, il che per lui è un bene.
Conte invece ha riposto in giacca e cravatta, con parole scritte e meditate. Il suo target sono i suoi fan, i suoi seguaci. Gente che ha amato la sua bonaria aria di belloccio dalla parte dei deboli e che lo vede come una vittima di un complotto ordito da Draghi e avallato da Grillo. Tutto si ricongiunge a quel momento. Quando Conte fu sacrificato per fare andare al governo un tecnico di spessore altissimo chiamato a far ordine nel disastro che i vari bonus e reddito di cittadinanza a pioggia stavano creando, quella frattura non si mai ricomposta ed ha spaccato per sempre in due M5s.
La finta pacificazione per la sfida elettorale del 2022 non ha fatto altro che creare una illusoria tregua che ha convinto Conte di essere ormai in sella e di controllare Grillo con 300mila euro all’anno e ha convinto Grillo, viceversa, di aver perso quella partita che valeva più dei soldi ricevuti. Perciò ora ha deciso di darsi una sfida nuova che ha meditato lungamente. Se sarà un nuovo trionfo della follia visionaria o un velleitario tentativo del comico sconfitto, è difficile da dire. Di certo si apre una fase nuova per gli ex 5 Stelle divenuti contiani. Ora sono loro il potere, gli attaccati alla poltrona, i maneggioni, quelli da rottamare. La ruota gira per tutti e Grillo non li risparmierà. Ne conosce ogni segreto. Come quello, di Pulcinella, che vuole Fico candidato alla Regione in Campania come presidente in cambio dell’alleanza con il Pd.
Ed è solo l’inizio. A breve Grillo lancerà il richiamo della foresta, l’atavico urlo di apparenza che radunerà la sua banda di seguaci, se ancora ci sono, per ricominciare assieme. Quando, non si sa, ma per uno showman i tempi sono tutto. E su quello lui è un professionista. Conte si affiderà a Casalino, Fico e qualche altro. Una zuffa tra ex amici che, stavolta, non ha niente di comico. Ego contro ego, ambizioni e speranze contro sdegno e rivalsa, un gran bel film. A Casaleggio sarebbe piaciuto.
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