Francia, Germania e Italia hanno evidenziato l’importanza di una missione navale Ue nel Mar Rosso. “Le continue tensioni nell’area rischiano di ripercuotersi negativamente sull’economia globale, causando un aumento dei costi di trasporto e dei tempi di consegna delle merci”, spiegano Parigi, Berlino e Roma in un documento presentato al Consiglio affari esteri svoltosi ieri. E tra le merci più importanti per l’Europa vi sono gas, petrolio e gasolio che, per arrivare a destinazione, devono circumnavigare l’Africa. Quanto occorre preoccuparsi di questa situazione? «Di primo acchito verrebbe da rispondere che non dobbiamo preoccuparci troppo – ci dice Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia -, anche perché gli americani hanno preso l’impegno di difendere la rotta e le forze in campo sono sproporzionate. Certo è che ci troviamo in una situazione sorprendente».
In che senso?
Se tre anni fa qualcuno avesse detto che con due conflitti in corso (Ucraina e Gaza) e tensioni nel Mar Rosso il prezzo del petrolio sarebbe stato sotto gli 80 dollari al barile, anziché a 150, nessuno gli avrebbe creduto, eppure è quello che si sta osservando.
A cos’è dovuta, secondo lei, questa “anomalia”?
Di fondo ci sono alcuni elementi come la recessione europea e la frenata dell’economia cinese, che tengono bassa la domanda, o il fatto che il mondo arabo e mediorientale, nonostante quello che sta accadendo a Gaza, non abbiano interrotto gli scambi con il mondo occidentale o ridotto l’offerta, come avvenne invece 50 anni fa con la crisi dello Yom Kippur, anche se questa brutta guerra lascerà probabilmente una cicatrice. Tuttavia, a settembre, prima ancora della guerra tra Israele e Hamas, si prevedeva che il prezzo petrolio sarebbe arrivato a 100 dollari al barile, ma non è accaduto. A me piace pensare sia per via della speculazione.
Cosa intende dire?
Quando il prezzo del gas in Europa un anno e mezzo fa era esploso si diceva che era principalmente per via della speculazione. Oggi credo che ci sia una speculazione, stavolta al ribasso, sul prezzo del petrolio. Come allora era la finanza ad accentuare i movimenti al rialzo, stavolta accentua il ribasso.
Anche perché se i prezzi energetici non aumentano si evita un ritorno dell’inflazione che potrebbe essere un problema per le Banche centrali e le mosse che da esse si aspettano gli investitori…
Esatto. I prezzi energetici in questo periodo stanno scendendo. Resta il fatto che con delle guerre in corso il trend potrebbe invertirsi in modo repentino. Il punto nevralgico per l’export di idrocarburi resta lo Stretto di Hormuz e bisogna, quindi, sperare che non vi sia un conflitto che coinvolga direttamente l’Iran.
Il Qatar ha intanto bloccato il transito delle navi gasiere dal Mar Rosso. Il trasporto del GNL costa quindi di più. Questo potrà farsi sentire sul prezzo del gas in Europa?
È vero che i noli marittimi sono raddoppiati, ma i costi del trasporto incidono molto poco sul prezzo finale sia del petrolio che del gas.
Per l’Italia ci potrà essere veramente un affrancamento dal gas russo entro il prossimo inverno com’è stato ribadito nelle scorse settimane?
C’è la possibilità di farcela perché la domanda è crollata. L’anno scorso è stata di 63 miliardi di metri cubi, 14 miliardi in meno rispetto all’anno precedente l’invasione russa dell’Ucraina. Considerando che da Mosca arrivavano 29 miliardi di metri cubi, con la riduzione della domanda resta da coprirne circa la metà, cosa possibile da fare tramite forniture alternative. La cosa scandalosa, secondo me, dovuta forse all’incapacità di noi economisti di farci capire, è che la produzione nazionale è in costante calo: l’anno scorso è stata di 3 miliardi di metri cubi, facendo segnare un nuovo minimo dal 1954. Anziché importare GNL dal Qatar, coi rischi, i costi di trasporto e le emissioni di CO2 che comporta, potremmo estrarre più gas dai nostri fondali marini, ma non lo facciamo per paura della subsidenza.
Paura che non hanno né la Croazia, né la Grecia, che continuano a estrarre e a portare avanti nuove esplorazioni in Adriatico e nel Mediterraneo orientale vicino alle nostre coste…
L’atteggiamento italiano è irrazionale e comporta il trasferimento di miliardi di euro all’estero per una cosa che scientificamente non è provata, dato che oltre i 3 km da un pozzo non c’è nessun rischio di subsidenza. Forse tutto questo vuol dire che stiamo troppo bene e non abbiamo bisogno di procurarci idrocarburi in modo più economico e sicuro.
(Lorenzo Torrisi)
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