“Sono da vent’anni in Coca-Cola e da 6 anni ho la responsabilità della catena di approvvigionamento, ma una situazione così non l’ho mai vista”. Manuel Biella, direttore Supply chain di Coca-Cola HBC Italia, non nasconde la sua preoccupazione per la situazione – domestica e internazionale – che l’economia e l’industria, compreso il settore delle bibite, stanno vivendo: carenza di materie prime, rincari dei prezzi di tutte le commodities, logistica in affanno, irreperibilità dei camionisti.
Ma il vero problema è che non si intravvede alcuna luce in fondo al tunnel, tutto è in divenire: “Anche adesso – aggiunge Biella -, mentre noi stiamo parlando, c’è qualcosa che sta rincarando”.
Com’è oggi la situazione delle commodities agricole? Il trend dei prezzi continua a salire?
Certo, le materie prime continuano ad aumentare i prezzi, tanto che non riusciamo a individuare il “momento zero”, il punto in cui si possono prevedere gli aumenti del prossimo anno. Appena ci fermiamo, arriva qualche altro rincaro: dall’energia alle utilities, ai pallet…. E non vedo la fine di questa dinamica inflattiva.
Corriamo ancora il rischio che possa andare in tilt la catena logistica?
Sì. Oggi la situazione è la stessa che abbiamo vissuto questa estate e io sono molto preoccupato, perché tutta la catena di fornitura, non solo la parte logistica, ma la stessa produzione, è a rischio. Non ci sono miglioramenti.
Su tutti i fronti?
Sul mercato domestico, basta guardare ogni giorno i telegiornali: mancano camion, mancano autisti. Per tutto settembre abbiamo avuto difficoltà, e non solo noi. Molte altre aziende non sono riuscite a chiudere il mese per l’affanno della logistica.
Anche i materiali per il confezionamento destano preoccupazione?
Quest’estate abbiamo avuto problemi di approvvigionamento non solo delle lattine, come tutto il mondo, ma anche del vetro, per difficoltà dei fornitori, mai verificatesi in passato. Abbiamo pure fatto fatica a reperire le etichette, cosa mai successa prima in questi 10 anni di collaborazione con i nostri fornitori.
Ci sono aree del mondo più sensibili e critiche di altre?
Tutto il trasporto internazionale è sotto pressione. Lo shipping, al di là dei costi, non garantisce più la stessa affidabilità: in alcuni casi abbiamo registrato pesanti ritardi: 10 giorni sui 20 ipotizzati per la consegna.
Con quali conseguenze?
Che diventa impossibile fare qualunque tipo di programmazione.
E’ possibile trovare fornitori alternativi?
Non è un problema di singoli fornitori – e i nostri sono più che affidabili – o di settore, è un problema di mercato globale. Nel 2020 tante aziende che si occupano di materie prime di base, acciaio in testa, hanno dovuto tagliare la produzione. E tutto questo rende molto difficile e complesso riprendere i livelli produttivi pre-pandemia.
Potranno verificarsi carenze produttive e scarsità di scorte?
Senza dubbio. Purtroppo, se le materie prime sono contingentate o arrivano in ritardo, noi rallentiamo la produzione ed essendo in gran parte dell’anno a massima capacità, non abbiamo poi il tempo per recuperare.
Queste tensioni potranno scaricarsi a breve anche sui consumatori finali?
Dare adesso una risposta è impossibile, certo è molto difficile sul lungo termine assorbire tutti questi aumenti.
Quanto la preoccupa questa situazione?
Molto, perché le criticità che stiamo affrontando non dipendono solo da noi, anzi, anche se noi ce la mettiamo tutta. Il mio team ha passato un’estate che non auguro a nessuno…
Quali possono essere le azioni attuabili per correggere o limitare le conseguenze di questo groviglio di criticità?
Il nodo delle materie prime è un tema mondiale, di macroeconomia, e non è semplice trovare la ricetta giusta. Sulle difficoltà dei trasporti in Italia, invece, una cosa si può fare, da subito.
Quale?
L’altro giorno leggevo di una ricerca di Fai Conftrasporto-Confcommercio secondo cui in Italia mancano almeno 20mila autotrasportatori. Mi rendo conto della difficoltà di trovare una soluzione, ma intervenire su questa carenza potrebbe essere un primo passo. Già solo la patente per la guida di questi mezzi, considerato il costo elevato, potrebbe rappresentare una barriera all’ingresso.
E’ possibile o auspicabile anche un dialogo con logistica e grande distribuzione per trovare utili soluzioni di filiera?
E’ la seconda misura da attuare. Fatto 100 i problemi in atto, la mancanza della capacità di trasporto vale l’80% e per il restante 20% abbiamo la necessità di ridisegnare la collaborazione tra tutti i soggetti della filiera. Il flusso logistico deve tornare a essere estremamente fluido. E se oggi il camion è l’anello debole della filiera, allora tutto il resto si deve mettere a disposizione per la produttività dei camion.
In che senso?
Significa rendere le attività di magazzino, sia a monte che in ricezione dei clienti, più flessibili. E’ un tema da approfondire con tutti i nostri clienti.
Che cosa si aspetta nel 2022?
Se la situazione non si sistema come disponibilità di materie prime e come disponibilità dei trasporti – che sono un altro mal di testa enorme – ho paura che l’anno prossimo la supply chain bloccherà la crescita dell’azienda, e non solo della nostra.
Con possibili effetti anche sulla crescita del Pil?
Temo di sì, perché la capacità logistica è un fattore importante. Già quest’anno da metà giugno a metà agosto è stato complicato: il 20% delle consegne previste nel giorno andava in ritardo, perché non si riuscivano a trovare camion.
(Marco Biscella)
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