“L’aumento è già stato del 33% nel 2021 e salirà ancora dell’89% nel 2022”: il caro materie prime fossili si farà sentire, eccome, sulla grande distribuzione organizzata (Gdo), che si avvia verso un raddoppio dei costi energetici. Un incremento salato della bolletta che ricadrà anche sui consumatori: “Per il solo periodo natalizio, a causa dei recenti aumenti, tale rincaro è quantificabile in 20 euro a famiglia”, che diventeranno l’anno prossimo 50.



A rivelarlo è uno studio realizzato da EnergRed, una Energy service company (E.S.Co) impegnata nel sostenere la transizione energetica delle Pmi italiane, con un focus particolare su fonti rinnovabili e solare fotovoltaico.

Ma le brutte notizie non finiscono qui: “La crescita dei costi energetici – afferma Giorgio Mottironi, responsabile marketing di EnergRed e autore dello studio – non si fermerà neanche negli anni successivi, con una media annua di crescita del +39% fino al 2030, con un fortissimo impatto sui margini operativi lordi della Gdo che scenderanno del 22% nel 2022 e poi del -12% di media annua fino al 2030”. E l’analisi dei prezzi dell’energia a medio-lungo termine mostra come “nel 2022 dovremo attenderci un prezzo della materia prima molto più alto del 2021: 160 euro al MWh contro i 112 euro dell’anno precedente”.



Come si spiegano questi aumenti?

Le motivazioni congiunturali, che ora stanno diventando strutturali, che spiegano gli aumenti dei prezzi dell’energia elettrica sono legate all’andamento del mercato mondiale del gas naturale.

Che cosa è successo?

Nel giro di pochissimo tempo le forti richieste del mercato asiatico, in particolare della Cina, hanno fatto impennare la crescita a livello globale in modo vertiginoso: si parla di un incremento su base annuale pari al 30%. A tutto questo va aggiunto un secondo elemento: un tempo i contratti in base ai quali veniva stabilito il prezzo del gas naturale erano a medio-lungo termine, agganciati in qualche modo al prezzo di mercato di altre materie prime, come il petrolio.



Adesso invece?

Sono diventati contratti spot, quel meccanismo di aggancio non esiste più. Il prezzo si fa sulla base dei quantitativi che vengono domandati di volta in volta. Questo espone i prezzi a una forte volatilità, ma soprattutto lo renderà oggetto di maggiori spinte speculative, specie da parte di produttori e distributori del gas.

Una svolta destinata a durare?

Sì. E qui entra in gioco un terzo fattore strutturale, di cui però si parla poco: il mercato sta infatti scontando degli scenari futuri sui prezzi dell’energia, in cui le centrali che produrranno elettricità da materie prime fossili contribuiranno molto meno sui volumi che verranno immessi sul mercato e quindi opereranno in una condizione di margini unitari minori. In più dovranno integrare quelli che saranno i costi ambientali, che andranno a incidere ancora di più sui margini di utile.

Sulla grande distribuzione organizzata questi rincari avranno un impatto molto pesante, visto che voi stimate un raddoppio dei costi energetici. Perché? I consumi elettrici sono una voce che incide molto sui costi della Gdo?

In generale i costi elettrici non incidono tantissimo, parliamo finora dello 0,9% sul fatturato, ma questo è un settore che viaggia con un margine operativo lordo che oscilla fra poco meno del 2% negli ipermercati e il 3% nei supermercati. Ecco perché gli aumenti previsti andranno a comprimere moltissimo il margine operativo lordo di queste attività, e molto probabilmente finiranno per ricadere sui prezzi dei prodotti e sui consumatori o sulle filiere a monte. Non solo: la Gdo fino a ieri era protetta da contratti di fornitura dell’energia stipulati nel 2020, a prezzo fisso, molto basso, visto che cresceva del 5% su base annua. Sarà dunque uno dei settori che più sentirà l’effetto rincari dell’energia.

Già a Natale 2021?

Per chi sta rinnovando i contratti in questo momento, assolutamente sì, perché il grosso degli aumenti si è verificato negli ultimi tre-quattro mesi.

Colpa anche del “ritardo sistemico”, come lo definite nel vostro studio, in cui si trova la Gdo?

La Gdo non si è mai impegnata a sfruttare i propri asset immobiliari per favorire la generazione da fonti rinnovabili. E’ raro trovare centri commerciali e ipermercati che hanno imboccato questa strada. L’investimento nel fotovoltaico non è mai stato visto come un’iniziativa per dare maggiore competitività al settore, facendo altresì in modo che potesse contribuire a raggiungere gli obiettivi di crescita delle rinnovabili. In secondo luogo, il modello produttivo della Gdo, che è sostanzialmente espositivo, presenta forti inefficienze. In più, negli ultimi anni la Gdo si è dotata anche di attività di produzione interna di semi-preparati da cucina, se non addirittura di prodotti da forno, aumentando così l’assorbimento elettrico. E’ un’attività in cui, se viene misurata sulla quantità di prodotto che gira sugli scaffali, l’elettricità può incidere poco, ma rispetto alla superficie che occupa impatta molto di più.

Ne pagheranno le conseguenze anche i consumatori?

Sicuramente.

Quanto pagheranno in più? E quanto salirà l’inflazione dei prezzi dei prodotti?

Solo per l’aumento dei costi di gestione energetica abbiamo stimato un 50 euro in più a famiglia nel 2022, il che significa una crescita dei prezzi pari all’1%, se consideriamo che la spesa media annua, stimata da molti report, s’aggira sui 5mila euro per famiglia.

Gli aumenti non si fermeranno nel 2022, ma continueranno per tutto il decennio?

Fino al 2030 la Gdo subirà un rincaro medio della bolletta al metro quadro del 39%. Il picco si avrà il prossimo anno, anche per motivazioni congiunturali e geopolitiche legate al prezzo del gas naturale, ora stabilmente sopra la soglia psicologica dei 100 euro a MWh. Poi il prezzo della materia prima, seppur perturbato da una grande volatilità, perché sarà sempre più difficile trovare un punto di equilibrio fra domanda e offerta, dovrebbe comunque decrescere leggermente nel tempo. E questa è anche la nostra speranza.

Questi rincari sono legati alla transizione verde?

E’ un mito da sfatare. L’unico motivo per cui la transizione energetica influisce su questi prezzi è che stiamo procedendo troppo lentamente, siamo in ritardo. Se avessimo un mix energetico con più rinnovabili, chiaramente la quota di volumi dei prodotti fossili, anche se variasse molto di prezzo, inciderebbe molto meno sul mercato.

Quale sarebbe il mix ottimale?

Già gli obiettivi fissati dall’ultimo Pniec, il Piano energia e clima, sono sfidanti, perché prevedono l’aggiunta di ulteriori 50 Gw di energia solare al mix produttivo italiano. Il che significa far crescere del 228% la potenza fotovoltaica installata nel nostro paese entro il 2030. Il fotovoltaico è la tecnologia della transizione energetica, non solo per il peso che gli è stato dato all’interno del Pniec, ma anche per la sua flessibilità d’impiego.

Come si possono sterilizzare, attutire questi aumenti di prezzo dell’energia?

La Gdo deve accelerare sul fotovoltaico, che le permetterebbe di risparmiare nel 2022 circa 315 milioni di euro e in media 170 milioni nel decennio 2021-2030: con la sola riduzione dei costi energetici nelle ore diurne, potrà contenere all’11% quel 39% di crescita media della bolletta elettrica, riducendo così a un quarto anche l’effetto inflattivo sui consumatori. Senza, ovviamente, dimenticare tutti i benefici ambientali, visto che si ridurrebbero dell’1,8% tutte le emissioni legate all’elettricità in Italia. E non è poco.

Secondo lei, c’è la dovuta attenzione da parte del governo a questi problemi?

Il governo sta cercando di tamponare una situazione che è però strutturale e con cui gli italiani prima o poi dovranno fare i conti. Si capisce però quanto sia stato lungimirante nel permettere ai cittadini di usufruire del superbonus 110% per la riqualificazione energetica degli edifici privati. Ora bisognerebbe sostenere di più la diffusione del fotovoltaico a livello domestico.

(Marco Biscella)

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