La Spagna agisce da sola, schiera l’esercito nell’enclave di Ceuta per contenere i migranti e grazie agli accordi con il Marocco li fa riportare indietro. E l’Europa si allinea. Nello stesso giorno vanno registrati altri due fatti salienti che possono complicare il dossier migratorio. Non quello della Spagna, ma dell’Italia. Uno è il proscioglimento di Carola Rackete, che al timone della nave Ong Sea Watch 3 il 14 giugno 2019 violò il divieto di attracco deciso dal governo Conte 1. L’altro sono le dichiarazioni di David Sassoli, presidente dell’europarlamento, che incontrando le Ong ha difeso i “salvataggi” in mare.
Il caso Ceuta insegna che “sono i singoli Stati a dover reagire, perché l’Ue difficilmente muove un dito” dice Mauro Indelicato, giornalista de Ilgiornale.it e Inside Over, dove scrive di questioni geopolitiche e migratorie. “Se verranno definitivamente sbarrate le porte tra Marocco e Spagna, i trafficanti cercheranno di inviare più migranti possibili verso le coste libiche”.
Sulla questione migratoria l’Ue “non si farà intimidire da nessuno” ha detto Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Ue a proposito di Ceuta. Proprio da nessuno?
La storia parla chiaro: quando un Paese terzo ha usato l’immigrazione come arma politica, l’Ue si è arresa quasi subito. Il precedente del 2016 con la Turchia si è rivelato, con il senno del poi, molto pericoloso: pagando Ankara per trattenere i migranti e chiudere la rotta balcanica che stava creando grattacapi in quell’anno, l’Europa ha dimostrato di essere vulnerabile e quindi ricattabile su questo fronte.
Che peso ha nella soluzione adottata – l’uso della forza e la ricollocazione di buona parte dei migranti oltre confine – il fatto che Spagna e Marocco siano due Stati sovrani?
Tra Rabat e Madrid sono scoppiate scintille nelle ultime settimane per via della vicenda relativa a Brahim Ghali, leader del Polisario e nemico numero uno del governo marocchino. Ghali è stato infatti ricoverato in Spagna, generando le ire del Marocco. Gli screzi tra questi due Paesi, scoppiati con la questione relativa a Ceuta, non hanno però portato a una rottura totale. Dunque i trattati in vigore sull’immigrazione sono stati attuati, consentendo così la ricollocazione oltre confine in poche ore di molte delle persone sbarcate a Ceuta. Questo dimostra che quando due Paesi stringono accordi reali, nel giro di poco tempo è possibile riportare la situazione sotto controllo.
Rispetto alla rotta che ci vede più coinvolti, quella del Mediterraneo centrale con partenze dalla Libia, qual è il tuo scenario?
Il bel tempo sta favorendo le partenze sia dalla Tunisia che dalla Libia. Questo è un elemento che comporterà l’aumento di sbarchi autonomi e sbarchi fantasma, a Lampedusa come in Sicilia. C’è poi un altro elemento, di natura politica, che potrebbe far osservare un aumento anche degli sbarchi tramite navi Ong.
A cosa ti riferisci?
Riguarda l’appoggio politico che nelle ultime settimane le organizzazioni stanno ricevendo. Non ultimo l’incontro delle scorse ore tra i rappresentanti delle Ong e il presidente del parlamento europeo David Sassoli.
“L’Europa prepari una grande iniziativa di salvataggio in mare e una politica di accoglienza comune degna della sua storia” ha detto ieri Sassoli.
Appunto. Ulteriore segno di come una parte della politica vuole continuare a puntare l’attenzione esclusivamente sui salvataggi, dando manforte alle Ong.
La richiesta di archiviazione per Carola Rackete cambia il quadro?
È un punto a favore delle Ong che pareggia l’archiviazione per Salvini sul caso Gregoretti della settimana scorsa. I “tempi supplementari” di questa partita si giocheranno a settembre, quando scatterà a Palermo il processo a Salvini sul caso Open Arms.
Torniamo a Ceuta. Chi ha di fatto deciso – a ragion veduta o per errore, o senza calcolare le conseguenze – gli ultimi sviluppi? Madrid nell’ospitare e curare Ghali? O Trump nel riconoscere la sovranità di Rabat sul Sahara occidentale?
Ospitando Ghali, per giunta arrivato in Spagna con documenti falsi algerini, la Spagna ha commesso una leggerezza diplomatica che ha fatto scattare le ire del Marocco. Curare in casa propria il peggior nemico del tuo vicino, con il quale si è in buoni rapporti, tradizionalmente non ha mai rappresentato una scelta saggia.
La soluzione, per quanto temporanea, trovata per Ceuta condizionerà le partenze dalla Libia?
La diplomazia, se riuscirà a mettere una pezza sulle attuali tensioni tra Rabat e Madrid, farà attenuare la tensione nell’enclave spagnola. Nel contesto complessivo delle rotte migratorie africane, anche Ceuta e Melilla accolgono molte persone che risalgono il Sahel e l’Africa occidentale. Proprio come in Libia. Se dunque verranno definitivamente sbarrate le porte tra Marocco e Spagna, i trafficanti cercheranno di inviare più migranti possibili verso le coste libiche.
Cosa ci dice il caso Ceuta sulla politica europea dei confini?
Ci dice che di fatto non esiste una politica europea sui confini. Oggi è la Spagna che, in modo autonomo, decide di far da sola e schierare il proprio esercito a Ceuta. Nel 2020, dopo l’ennesimo ricatto turco, è stata la Grecia a dover da sola chiudere i confini terrestri e marittimi per evitare gravi ondate migratorie. Sono i singoli Stati a dover reagire, perché l’Ue difficilmente muove un dito.
(Federico Ferraù)
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