Il Memorandum fra Ue e Tunisia per il controllo dei flussi migratori e lo sviluppo del Paese nordafricano è rimasto, per il momento, un impegno sulla carta. Il presidente tunisino Saied, infatti, ha alzato il livello delle sue richieste all’Unione Europea per cercare di sfruttare al meglio questa occasione e fare cassa. Un tira e molla che sa tanto di ricatto politico, spiega Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e di Inside Over, anche se proprio la Tunisia, senza risorse sufficienti per essere sicura di pagare stipendi e sussidi, dovrebbe avere interesse a definire velocemente le norme attuative dell’accordo incassando i soldi promessi da Bruxelles.



Ma c’è un’altra situazione da sbloccare: quella tra Germania e Italia, trovatesi su posizioni diverse sul tema dell’immigrazione e divise dal caso delle Ong finanziate anche dal Governo tedesco. Le parti sembrano intenzionate ad abbassare i toni, ma questo non significa che si arriverà a un’intesa su tutto. Che quello dei migranti sia un tema divisivo lo conferma, inoltre, la decisione del tribunale di Catania, che ha liberato alcuni migranti che dovevano rimanere nel centro di Pozzallo. Un verdetto che per l’esecutivo è contro il Governo. Quella dello scontro fra magistratura e politica sui migranti è una storia che si ripete, con precedenti relativi anche a governi di colore diverso da questo.



Perché Ue e Tunisia non riescono a mettersi d’accordo sull’attuazione del Memorandum per i flussi migratori e lo sviluppo?

Saied sta cercando di alzare enormemente la posta: teme che questi soldi non bastino. La Tunisia è un Paese le cui casse sono sempre più vuote e i quasi 2 miliardi contrattati ormai un anno fa con il Fondo monetario internazionale non arrivano. Di conseguenza tira un po’ la corda. È consapevole di aver bisogno di molti soldi e prestiti per continuare a tenere a galla il Paese. E allora alza la posta in gioco.

Ma perché il Memorandum non viene attuato?

Il Memorandum c’è, è stato siglato in occasione dell’ultimo viaggio della von der Leyen a Tunisi. Ma è un impegno, poi occorre passare ai piani attuativi e su questo fronte Saied prolunga all’infinito le trattative.



Ma su cosa nello specifico si sta trattando, su come dare i soldi?

Da un lato si tratta su come attuare gli impegni presi: il pattugliamento delle coste, la lotta ai trafficanti, la lotta all’immigrazione irregolare, dall’altro sui soldi da dare alla Tunisia per attuare il Memorandum. Secondo Saied i soldi della Ue sono soltanto elemosina, ma se l’Ue si era detta pronta a erogarli è perché c’era stato il via libera da parte del presidente tunisino.

Nel Memorandum si parlava di 900 milioni complessivi con prime rate da 150 milioni per le finanze dello Stato e 105 per sostenere l’impegno contro i trafficanti. Saied vorrebbe che aumentassero queste cifre?

Sì. Un atteggiamento che anche a livello diplomatico è poco comprensibile, nel senso che se viene concordata una cifra non ci si può tirare indietro all’ultimo minuto usando parole che agitano l’opinione pubblica tunisina, i subsahariani e i leader dei Paesi geograficamente vicini alla Tunisia. Parlare di elemosina significa ritenere l’Europa colpevole di dare poco, ma in realtà si tratta di cifre concordate con Saied. È un passo indietro con un uso della retorica volto un po’ a infiammare gli animi, sia interni che dei Paesi dell’area. Un ricatto politico.

Non lo ha fatto perché indispettito dalle polemiche interne alla Ue sul Memorandum, con le prese di distanza della sinistra?

Anche questo potrebbe essere un elemento da tenere in considerazione, ma a mio avviso giustifica poco il comportamento di Saied. L’Unione Europea è un’entità composta da 27 Stati sovrani, ci sono dialettiche interne legittime. Reagire in questa maniera e mettere all’angolo l’interlocutore per una dialettica interna alla Ue sembra proprio un ricatto politico.

L’Ue e la Tunisia riusciranno a trovare la quadra?

Credo che trovarla sia più nell’interesse di Saied. Il problema immigrazione tra uno e due mesi si risolve parzialmente perché peggioreranno le condizioni del mare e diminuiranno gli sbarchi. L’Italia, nonostante la crisi affrontata questa estate, ha retto il colpo di una maxi-ondata migratoria e potrà reggere anche da qui alla fine dell’anno. Al contrario se Saied non riceve i soldi credo che per Tunisi sia difficile arrivare a chiudere il bilancio entro fine anno e pagare stipendi e sussidi. È più nel suo interesse chiudere l’accordo.

Germania e Italia si sono trovante su posizioni diverse nell’ambito della messa a punto del Piano su immigrazione e asilo: divergenze che rimangono tali? Oppure c’è la possibilità di trovare un punto di equilibrio?

Le diplomazie sono al lavoro: Meloni e Scholz dovrebbero incontrarsi. Credo che innanzitutto si assisterà a un abbassamento dei toni tenuti in questi mesi. Da parte di Berlino si è più volte urlato contro il fatto che l’Italia non rispetterebbe i suoi impegni, soprattutto in relazione al Trattato di Dublino. Da parte italiana, invece, si è urlato al complotto di Berlino contro Meloni. Non so se si arriverà a un accordo, certamente è interesse dei due governi abbassare i toni, cercando quantomeno un’intesa politica sulla gestione dei flussi migratori.

Dovranno trovare un’intesa anche sul caso delle Ong tedesche finanziate anche dal loro governo?

Berlino e Roma hanno profonde divergenze che devono essere appianate. Roma vede con sospetto l’attività delle Ong, Berlino le finanzia. Non lo fa in modo decisivo: i finanziamenti non sono tali da bastare alle Ong per navigare. È comunque un atto politico: se dai soldi alle Ong vuol dire che appoggi il loro operato. Si potrà raggiungere un compromesso, magari su quello che può essere un codice di comportamento di queste organizzazioni. Ma non si arriverà a un’intesa comune anche perché in Germania il tema delle organizzazioni non governative è molto sentito: decine di associazioni e le stesse chiese evangeliche finanziano le Ong. Indipendentemente dal governo, quindi, i finanziamenti a loro favore in Germania continueranno a scorrere a fiumi.

Una sentenza dei giudici di Catania lascia liberi i migranti destinati ai Cpr e il governo non l’ha presa bene, parlando di un verdetto politico: da che parte sta la verità?

Sul merito non mi sono fatto un’idea, posso dire però che l’impressione è di vivere una situazione uguale a quella degli altri anni: quando si tratta di immigrazione si arriva a uno scontro tra governo e magistratura. Ed è successo anche con governi di altro colore. Il copione non cambia. Nella magistratura ci sono visioni opposte a quelle della maggioranza o dell’esecutivo, il problema è che si tratta di un duello tra due organi distinti e separati del nostro ordinamento. Anche in altri anni ci sono stati sentenze che hanno fatto discutere o provvedimenti sui migranti che hanno costretto l’Italia a pagare delle penali: accade anche in ambito europeo. Più di una volta il nostro Paese è stato condannato per respingimenti verso la Libia eseguiti 13-14 anni fa. Ci sono visioni diverse e spesso si entra in contrasto.

(Paolo Rossetti)

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