L’Italia è già prigioniera della Libia e del generale Haftar? Il generale Kalifa Haftar, sostenuto da Francia, Egitto e Arabia Saudita, è ormai signore di quasi tutta la Libia, negli ultimi giorni ha ripreso a muoversi verso Tripoli. Qui una coalizione guidata da Fayez al-Serraj, e sostenuta dall’Onu e dall’Italia, è allo stremo. Se essa cede, Haftar avrà riunito il paese.



In Libia si gioca una delicata partita internazionale. Le truppe di Haftar sarebbero addestrate da mercenari russi. Serraj è accusato di appoggiare e ospitare terroristi dell’ex Stato Islamico (IS) ed è sostenuto dalla Turchia, timorosa anche di un allargamento dell’influenza saudita ed egiziana.

Per l’Italia è questione quasi di vita o di morte, perché oltre alle importanti concessioni petrolifere dell’ENI, ci sono i profughi. La Libia, per larga parte terra di nessuno, è l’imbuto attraverso cui le mafie africane trafficano emigranti verso l’Europa.



Più guerra significa più spese e meno petrolio e quindi anche più emigrati da portare attraverso il Sahara e poi traghettare verso l’Italia. Serraj su questo ha un patto con l’Italia, Haftar pare non lo abbia.

In passato gli Stati uniti avevano sostenuto l’Italia e Serraj, ora invece appaiono più tiepidi. Di certo ci sono delle bizzarre coincidenze. Le offensive di Haftar contro Tripoli sono coincise con la controversa visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia a marzo, e con il viaggio del presidente russo Vladimir Putin a Roma il 4 luglio, il giorno della festa nazionale americana, data forse altrettanto controversa per questa “vacanza romana”.



Nelle settimane scorse l’ormai uomo forte del governo, il leader della Lega Matteo Salvini, aveva ricevuto una “benedizione” a governare da Washington. Salvini forse si era guadagnato tale merito per essersi sottratto a una cena con Xi, durante il suo passaggio a Roma.

Ma Salvini non ha ignorato la cena con Putin. Certo, i russi non sono i cinesi nell’ordine dell’inimicizia americana, ma forse cenare coi russi il 4 luglio non è stata una scelta felice.

La questione del flusso di profughi, che sta dividendo il paese, non è facile o semplice. Occorre avere almeno prima in mano il problema libico e poi si può gestire il resto in mare. Ma se milioni dovessero essere fatti affluire in Libia la gestione in mare e sulle coste italiane diventa impossibile.

Se la Libia è fuori controllo o in mano a forze contrarie all’Italia, il flusso dei profughi africani diventa un’arma di ricatto enorme.

Evidentemente nell’ultimo anno gli equilibri che avevano finora retto il complicato puzzle libico sono crollati. Per ricostruire un nuovo equilibrio occorrerebbe una politica estera molto attenta. Questo va al di là delle dichiarazioni forse un po’ puerili di parlamentari italiani che dicono “prendiamoci tutti gli immigrati” o “affoghiamoli tutti”. Entrambe le scelte sono di fatto impossibili ancorché moralmente giuste o meno.

Il problema per Salvini nei prossimi giorni può diventare drammatico. Se l’Italia è travolta dai migranti la sua linea dura sull’immigrazione (che riscuote tanto successo elettorale) si svuota e rischia di fare la fine dei suoi partner di governo i M5s, che non hanno mantenuto le promesse.

Inoltre c’è il paradosso del PD. Questi invece di rivendicare il successo del loro ex ministro degli interni Marco Minniti nell’avere trovato una soluzione equilibrata in Libia e con i migranti, chiede accoglienza senza se e senza ma, cosa che, giusta o meno, non incontra le simpatie della maggioranza dei votanti.

In tutto ciò, in mancanza di politiche coscienti e realistiche, Haftar sembra avere già conquistato Roma, anche se non ha messo piede a Tripoli.

Chissà se è giusto così.