La sintesi migliore sull’esito dell’incontro tra i ministri dell’Interno dei paesi aderenti all’Ue, che aveva per oggetto la valutazione dell’intesa sottoscritta a La Valletta tra Italia, Francia, Germania e Malta sulla redistribuzione degli immigrati richiedenti asilo, è contenuta nella dichiarazione rilasciata dal ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer: “Se la soluzione sarà abusata e le centinaia di migranti dovessero diventare migliaia, il meccanismo concordato si ferma”. Auspicando di riflesso che il meccanismo di redistribuzione automatica tra i paesi aderenti su base volontaria non determini un effetto attrazione di migliaia di migranti economici, oggetto delle critiche che molti paesi europei rivolgono ai promotori dell’accordo di redistribuzione. In buona sostanza, l’intesa sta in piedi se non ci sono particolari criticità da gestire. Un’affermazione che la dice lunga sulla volontà reale di offrire soluzioni organiche al problema.
La nostra ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ridimensiona l’insuccesso del vertice, e in particolare che vi fosse la condizione di un’adesione minima di un numero congruo di paesi per dare attuazione agli impegni sottoscritti a Malta. L’intesa, afferma, è vigente a prescindere dall’adesione di altri paesi, sinora riscontrata solo da Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Troppo esigua per rappresentare un salto di qualità in vista di una riforma più strutturale dell’intesa di Dublino 3, ma sufficiente a rendere meno palese il ridimensionamento degli obiettivi esposti con grande enfasi due settimane fa nell’improvvisata conferenza stampa di Malta.
Purtroppo su temi di questa portata si continua a preferire una narrazione che privilegia le finalità congiunturali, leggi la ricerca del consenso in chiave elettorale nei singoli paesi, rispetto alla necessità di costruire con pazienza soluzioni adeguate ad affrontare dinamiche assai più complesse. A maggior ragione per la gestione dei flussi migratori, materia che non è parte delle competenze dirette della Unione europea.
Questo errore, insieme ad altri, vedi ad esempio la singolare esclusione dall’incontro di Malta di paesi come la Grecia, la Spagna e Cipro fortemente esposti agli sbarchi di immigrati irregolari, dovuto essenzialmente alla fretta dei nostri governanti, assecondati da Germania e Francia, di dimostrare un cambio di marcia rispetto alla gestione a trazione leghista del precedente Esecutivo, non aiutano certo d individuare le soluzioni possibili nello scenario attuale.
Il salto di qualità non può essere offerto da una strategia di redistribuzione dei profughi isolata dalle iniziative verso le aree di crisi nordafricane e mediorientali, da una forte cooperazione con i paesi di origine per le azioni di aiuto, di contrasto e di rimpatrio della migrazione irregolare. È su questo fronte che l’Unione europea può effettivamente rappresentare un valore aggiunto, non di certo minacciando di sanzionare, senza averne i poteri, i paesi che rivendicano legittimamente di decidere autonomamente, nel rispetto dei trattati costituenti e di quelli internazionali, le politiche di accoglienza e di integrazione.
Quanto possa essere velleitario un atteggiamento diverso è rappresentato dal recente decreto Di Maio-Bonafede sui rimpatri dei migranti irregolari verso 8 paesi nel contempo privi di accordi internazionali in materia di rimpatri e insignificanti per numero di richiedenti asilo. Mentre proseguono gli sbarchi provenienti dalla Tunisia, Paese che ha sottoscritto accordi di cooperazione e per il contrasto dell’immigrazione irregolare con l’Italia e altri paesi europei. Nei rapporti internazionali queste velleità si pagano a caro prezzo.