Sei Stati europei “volenterosi”, Italia, Spagna, Francia, Germania, Grecia e Malta stanno mettendo a punto un piano per la redistribuzione degli immigrati da firmare a Malta il 23 settembre. L’ipotesi di accordo è il frutto della svolta europea successiva alla crisi di governo che si è consumata in Italia e al cambio di maggioranza che sostiene il Conte 2. “Non ci sono le basi perché un meccanismo come quello previsto possa funzionare e risolvere il problema migratorio” dice al Sussidiario Paolo Quercia, direttore del Cenass e docente di studi strategici nell’Università di Perugia. “I Paesi europei imporranno di sbarcare comunque tutte le persone in Italia, che se ne farà formalmente carico”.
Come mai la buona volontà europea è emersa soltanto adesso?
Chiaramente la priorità prima era di mandare Salvini all’opposizione e dimostrare che non riusciva a controllare i confini, nonostante facesse la voce grossa. Ora qualcosa all’Italia la si può concedere. Però devo dire che la buona volontà a me pare solo apparente e a parole. Nella sostanza cambia poco o nulla.
Perché è scettico?
Al momento mi pare ci sia solo un impegno di Francia e Germania per prendere la metà delle persone sbarcate da navi che spesso battono la loro bandiera. Persone insomma che rischierebbero di andare interamente in quei Paesi se non fossero sbarcate in Italia. Comunque, è importante capire che non stiamo parlando né della revisione degli accordi di Dublino, che non saranno mai rivisti, né di una soluzione che riguarda quote obbligatorie pre determinate.
E allora di che cosa parliamo?
Di una soluzione provvisoria di burden sharing, che credo reggerà solo per pochi mesi. Insomma una soluzione tampone ad hoc, solo per le persone che le navi delle Ong europee vanno a salvare nella Sar libica. Nulla cambierà per quelli che sbarcano in Sardegna, in Sicilia, a Lampedusa o in Puglia autonomamente.
A quanto si apprende, il piano punta a rendere la redistribuzione automatica, su base percentuale. Più Stati si rendono disponibili, più diminuisce la percentuale degli immigrati accolti. Il meccanismo è stato applicato con la Ocean Viking. Come valuta questo approccio?
Spero che il caso della Ocean Viking non sia il modello di riferimento. Qui mi pare che il 90% delle persone vada in tre soli Paesi, Italia, Francia e Germania ed il 10% in altri Paesi volenterosi. Più che un accordo europeo è un accordo tra Roma, Parigi e Berlino. Ricordiamo anche che la Germania ha dei massimali di richiedenti asilo annui che può accogliere, da tutte le rotte possibili, raggiunti i quali chiude le porte. L’unica cosa certa di questo approccio mi pare l’impegno di Francia e Germania per la metà dei migranti (a meno che non decideranno di discriminare tra migranti e richiedenti asilo, ed allora sarà ancora più basso). Se questo è il modello di redistribuzione, la mia stima è che all’Italia resterà tra il 30% ed il 50%.
Secondo il Corriere della Sera il sistema di distribuzione scatterebbe a bordo delle navi, prima dell’ingresso in porto; gli extracomunitari verrebbero registrati dove sbarcano, poi trasferiti negli Stati, dove verrebbe valutata la loro richiesta di asilo. Sarebbe poi la Commissione europea a gestire direttamente con gli Stati d’origine i rimpatri per chi non ne ha diritto. Funzionerà?
Credo che questa sia la speranza del governo italiano. Ma temo che né dall’incontro di Malta né dal vertice di Lussemburgo a fine ottobre verrà fuori un patto di questo tipo. I Paesi europei imporranno di sbarcare comunque tutte le persone in Italia, che se ne farà formalmente carico. Dublino resterà intatta. L’accordo tutto politico della redistribuzione è un patto che farà si che nelle settimane – o nei mesi? – successivi allo sbarco in Italia i migranti, non si sa ancora a spese di chi, prenderanno la via di qualche capitale europea. No, non ci sono le basi perché un meccanismo di questo tipo possa funzionare e risolvere il problema migratorio.
E se dovesse funzionare?
Se dovesse funzionare diverrebbe un enorme pull factor, per cui le redistribuzioni intra-europee sarebbero compensate dall’aumento del volume dei flussi. Senza aggiungere che poi Spagna e Grecia chiederebbero meccanismi analoghi, dove saremo noi chiamati a redistribuire e accogliere. Insomma, mi pare un vicolo cieco.
Ipotizziamo che la redistribuzione venga concordata “a bordo delle navi”, come si è detto. Ma quali navi?
Prevalentemente quelle delle Ong. Esse continueranno ad operare e radicare le loro attività, che a quel punto diventerebbero formalizzate e legittimate dagli accordi europei di redistribuzione. In realtà questo sistema assomiglia più ad un corridoio umanitario che ad un meccanismo di soccorso in mare.
L’operazione Eunafor Med (Sophia) verrà prolungata. È un provvedimento giustificato?
Sì. Sophia è importante perché il mare va presidiato, non può essere lasciato nell’anarchia ed in mano alle Ong. E serve a non lasciare l’Italia sola in questa missione.
Il mandato di Sophia prevedeva il contrasto ai trafficanti e al loro modello di business, ma questo non è stato fatto.
Non è stato fatto perché la missione si è arenata sul problema dell’unico porto di sbarco in Italia per i migranti salvati. Non un obbligo giuridico, ma una scelta politica del governo Letta dell’epoca. Vediamo se sarà accettata l’idea del porto di sbarco a rotazione. Idea ragionevole che il governo precedente aveva chiesto e non ottenuto. Vediamo se l’europeismo del nuovo governo ed il contesto di dialogo con l’Europa produrrà risultati diversi.
Torniamo alle Ong. Che ruolo avranno nel sistema di accoglienza e redistribuzione che si va prospettando?
Mi pare che le Ong che operano nel salvataggio nel Mediterraneo saranno tra i principali beneficiari dei progetti di redistribuzione. Progetti che sostanzialmente riguarderanno solo i migranti salvati da loro, evitando che rimangano bloccate in estenuanti bracci di ferro con le autorità italiane o addirittura che siano oggetto di sequestri giudiziari e multe.
Le sue perplessità, al di là del ruolo politico di cui abbiamo parlato più volte?
Molte di queste Ong non hanno neanche barche attrezzate e sicure per poter mantenere centinaia di persone in mare. Gli equipaggi si sono dimostrati non in grado di gestire le pressioni e i condizionamenti delle persone salvate, e in alcuni casi sono apparsi essere in ostaggio. Insomma, per loro è fondamentale liberarsi prima possibile dei migranti e tornare rapidamente ad operare in mare.
Perché la Francia di Macron era ostile ai porti chiusi di Salvini, una politica per lei conveniente, e invece oggi è per la redistribuzione?
Difficile capire a fondo la posizione della Francia. La stessa figura politica di Macron e la sua ascesa in qualche modo è enigmatica. Sicuramente ci sono gli interessi francesi in Libia in contrapposizione ai nostri. Poi c’è la necessità di Macron di contenere Marine Le Pen e l’alleanza tra Le Pen e Salvini. Ma anche la rivalità con l’Italia in campo economico. Non escluderei anche l’influenza sulle questioni migratorie del peso elettorale dei francesi d’Africa ed in generale delle comunità islamica, che si stima sia oltre il 10% della popolazione. Insomma un mix difficile da decifrare.
Il convitato di pietra di questo tentativo di accordo tra Stati è ancora il trattato di Dublino. Ci ha detto più volte che rimarrà intatto. Il suo è un timore o un auspicio?
In fondo cambiare Dublino non è neanche nel nostro interesse; anzi, certificherebbe la nostra incapacità sia di controllare le nostre frontiere, sia di esercitare un’efficace politica estera verso i Paesi di origine e transito. Insomma, un’abdicazione della sovranità interna ed esterna. Per di più per mano di gruppi criminali e associazioni non governative di salvataggio in mare. Ricordiamo che l’unico Paese che è uscito da Dublino, di fatto pur se non di diritto, è stato la Grecia, per via del collasso sotto la duplice crisi finanziaria e migratoria.
I Paesi del Gruppo di Visegrád e l’Austria non ci stanno. Per Bruxelles si confermano i soliti guastafeste. Hanno di meglio da suggerire?
Io penso che i “guastafeste”, come li chiama lei, siano più di questi cinque. Vi aggiungerei anche Olanda, Danimarca, i Paesi scandinavi, qualcuno dei baltici, la Bulgaria che ha fatto un muro con la Turchia, la Croazia e la Slovenia che hanno bloccato la rotta balcanica. E il Regno Unito, finché c’è. In realtà la maggioranza numerica dei Paesi della Ue ha abbandonato le politiche dell’accoglienza indiscriminata. L’Europa politica che conta, però, Francia e Germania, a cui si sono accodate Belgio e Spagna, stanno invece puntando a europeizzare il modello migratorio, facendone un tratto caratteristico della “European Way of Life”. Con il loro dissenso i Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale ci ricordano che non era questo il disegno di Europa a cui aderirono dopo la caduta del comunismo. Qui stiamo andando oltre al patto fondativo dell’Unione.
Qual è il suo scenario?
Se la politica migratoria non torna ad essere una visione di civiltà e non il risultato di traffici criminali subiti, l’Europa è destinata ad una nuova frattura, con un distinzione a due velocità anche sul tema migratorio così come su altri. Mettendo con ciò in crisi l’elemento fondante della sua integrazione, quello delle condivisione delle frontiere interne basata su un’omogeneità storica e culturale.
(Federico Ferraù)