Il Memorandum tra l’Unione Europea e la Tunisia per il controllo dei migranti e lo sviluppo del Paese per ora è rimasto sulla carta. E a Bruxelles i 27 che compongono la Ue faticano a trovare un’intesa definitiva in relazione al Patto su immigrazione e asilo, con Italia e Germania su posizioni diverse e Polonia e Ungheria scettiche su alcune misure che riguardano l’accoglienza.



I nodi da sciogliere riguardano le procedure di attivazione della crisi, le domande di asilo di minori e famiglie e il ruolo delle Ong. Mentre i tedeschi propongono una soluzione di compromesso che potrebbe avvicinare l’intesa, il ministro dell’Interno Piantedosi ha incontrato il ministro degli Interni tunisino Kamel Fakih, complimentadosi per gli arresti di 124 trafficanti messi a segno dalle autorità di Tunisi, e successivamente il suo corrispondente libico Emad Trabelsi. Sui migranti, insomma, le grandi manovre della politica europea e italiana cercano faticosamente di trovare una soluzione per gestire un flusso che non accenna a diminuire.



Dalle coste vicino a Sfax, nel frattempo, sono pronte a partire per Lampedusa 5mila persone, provenienti da diversi Paesi africani. Insomma dalla Tunisia c’è da aspettarsi a breve una nuova ondata di arrivi, tanto per tenere fede al trend da record dei flussi registrato questa estate. Per questo l’impasse della Ue con il presidente tunisino Saïed, spiega Fausto Biloslavo, inviato di guerra de Il Giornale che in questo momento si trova proprio in Tunisia, va sbloccata al più presto, senza mettere troppe condizioni. Altrimenti si rischia che il Paese nordafricano cerchi a Mosca la sponda che non trova in Occidente.



Come sono le previsioni dei flussi dalla Tunisia,? Dobbiamo aspettarci partenze come quelle di questa estate?

Negli ultimi giorni il tempo e il mare non hanno permesso partenze, ma intanto i trafficanti hanno concentrato 5mila persone nella zona di El Amra. Persone che, ovviamente, vogliono partire al più presto per l’Italia, verso Lampedusa, salpando da qui, da dove il tragitto è più breve. Anche perché sono in una situazione invivibile, sistemati in qualche modo all’aperto, sotto gli ulivi, in un campo in periferia, all’addiaccio.

Ma chi sono i migranti che sono stati radunati lì?

Ci sono pochissime donne e pochissimi bambini; vengono da ogni parte, dall’Africa subsahariana per esempio, ma ne ho incontrati che vengono dalla Somalia, dall’Eritrea. Forse stanno aumentando i sudanesi che scappano dalla guerra. Poi c’è gente della Costa d’Avorio, del Burkina Faso. Li hanno spostati da Sfax, che prima faceva da hub per le partenze: ora sono in questa cittadini più piccola, nella quale, tra l’altro, si notano di più. Stanno contattando passeurs e trafficanti per comprare il biglietto e salire su queste barche. Il viaggio costa tra i 400 e i 600 euro. Viaggi low cost ma anche estremamente pericolosi perché le barche utilizzate sono instabili.

Ci si aspetta una nuova ondata?

Sì. Il tempo e il mare stanno migliorando.  Solitamente succede così: ci sono dei periodi di stop dovuti al meteo e, in questo caso, anche a una retata di trafficanti da parte della Guardia nazionale. Si è notato che in questi frangenti, quando si apre una finestra meteorologica favorevole, ci sono partenze in massa.

La situazione dell’Ue con Tunisi, intanto, com’è? C’è stato un chiarimento sulla questione del Memorandum?

Penso che la Tunisia attenda i soldi del Memorandum, che non arrivano o arrivano solo in minima parte. Ne hanno visti molto pochi, non quelli previsti. C’è un po’ di propaganda su questo, anche da parte dell’Ue, non solo della Tunisia. Il Paese nordafricano, però, non vuole sottostare alle imposizioni “politicamente corrette” dell’Ue, espresse soprattutto da una parte del parlamento, dalla sinistra estrema e dai Verdi. Per questo vengono bloccate le delegazioni europee che vogliono venire qui. Il presidente Saïed non vuole farsi mettere i piedi in testa. E secondo me ha anche ragione. Siamo nel Nordafrica, sta arrivando illegalmente un sacco di gente subsahariana (fino all’altro ieri ero al confine con la Libia, dove le persone arrivano anche attraverso il deserto, a piedi, anche scalzi) e la situazione è insostenibile: certo, Saïed non usa i guanti di velluto, ma noi dovremmo forse pretendere anche che le Nazioni Unite facciano di più.

Finora l’Onu che ruolo sta giocando?

L’ufficio dell’Onu che ho visto, che è a Zarzis, nel Sud, primo punto di passaggio, è un fortino con reticolato assediato da migranti ogni giorno. Non hanno personale, non hanno mezzi, non riescono a sostenere questa ondata. I migranti arrivati da Algeria e Libia in Tunisia sono aumentati del 60% rispetto allo scorso anno.

Della caccia allo straniero che si era scatenata in Tunisia fino a qualche tempo fa c’è ancora traccia?

No. Ho visto anche molta sopportazione da parte dei tunisini: El Amra è piccola ed è stata letteralmente invasa da migranti. Fanno buon viso a cattivo gioco.

Uno dei punti dell’intesa tra Meloni e Macron per controllare i flussi migratori sarebbe quello della lotta ai trafficanti, da realizzare con una sorta di polizia internazionale che agisca nei Paesi di partenza. La Tunisia potrebbe essere disposta ad accettare una struttura del genere in azione sul suo territorio?

Sono un po’ restii dal punto di vista della sicurezza, ma la strada dovrebbe essere questa, quella di una grande collaborazione. I tunisini le informazioni le hanno: a Sfax hanno arrestato trafficanti e fermato passeurs che accompagnavano i migranti dal confine algerino a Tunisi. Per colpire veramente la rete dei trafficanti di esseri umani c’è bisogno di una collaborazione tra le intelligence dei Paesi interessati, sia quelli di arrivo come l’Italia, sia di transito come la Libia o la stessa Tunisia, comprese le nazioni da cui partono originariamente i migranti. Anche in questo nuovo hub di El Amra all’interno delle singole nazionalità, tra senegalesi o nigeriani, si parla di persone che considerano dei boss, dei leader, che chiamano per sapere se hanno bisogno di aiuto, che fanno arrivare i soldi: sono evidentemente i vertici, le teste di questo traffico.

Cosa puoi dirci in proposito? E quale potrebbe essere la strategia per fermarli?

Questi personaggi quando ci sono dei grossi problemi si fanno anche vedere. Sono organizzati, non si tratta di bande locali e vanno colpiti anche nei loro interessi, negli investimenti che fanno con i grandi introiti per il traffico degli esseri umani. Bisogna procedere al congelamento dei conti bancari. Occorre un’opera di intelligence finanziaria. Come hanno fatto gli americani ai tempi della cocaina dalla Colombia, occorre una struttura antitraffico di esseri umani che coordini una forte offensiva non contro i quattro scafisti che arrestiamo, che sono le ultime ruote del carro, ma contro i vertici di queste organizzazioni criminali. Il pagamento dei viaggi, tra l’altro, avviene tutto in contanti. Se pensiamo ai 5mila in partenza in questo momento con viaggi dal costo medio di 500 euro, vediamo subito che il ricavo, solo in questo caso, è di 2,5 milioni. E stiamo parlando esclusivamente dell’emergenza di questi giorni.

La Tunisia è sempre descritta sull’orlo della bancarotta, qual è la situazione economica attuale?

Il Paese è in difficoltà. Nelle ex località turistiche in cui gli alberghi hanno chiuso o magari ce n’è uno solo aperto vicino ad altri chiusi, le spiagge sono occupate da migranti. Nelle zone turistiche da Sfax in giù ci sono grandi difficoltà. La gente fa fatica a sbarcare il lunario, qualcuno dice che si stava meglio quando si stava peggio, ai tempi di Ben Alì. Certamente c’è una crisi economica, anche se gli ultimi dati parlano di qualche miglioramento. Per questo la Tunisia ha chiesto un prestito al Fondo monetario internazionale, che secondo me dovrebbe essere dato senza tante imposizioni. Bisogna stare anche attenti che tutte queste condizioni messe da americani ed europei per concedere i prestiti non spingano alla fine Saied a buttarsi nelle braccia dei russi. Non a caso il suo ministro degli Esteri è appena stato a Mosca.

L’impasse tra Ue e Tunisia alla fine si sbloccherà?

Non c’è alternativa, deve sbloccarsi. Se così non fosse per l’Italia sarebbe come darsi la zappa sui piedi.

(Paolo Rossetti)

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