I comunicati emessi dopo l’incontro da Giorgia Meloni ed Ursula von der Leyen sono apparsi scontati, rinviando sostanzialmente tutto, in tema di immigrazione, al prossimo vertice del 9 febbraio. Il tema di come affrontare il nodo dell’immigrazione clandestina nei confronti dell’Europa aleggia sul governo soprattutto nel momento in cui Bruxelles di fatto di fatto ribadisce che non vuole prendersi in carico una sostanziosa quota parte degli arrivi, al di là di generici “impegni condivisi”.
Ci sono state infinite polemiche in Italia quando oltre un mese fa fu respinta una (una sola!) delle tante navi in arrivo nel nostro Paese, ma pochi hanno poi notato che quando la Ocean Viking è approdata a Tolone non è ufficialmente attraccata in Francia e anche in questa occasione ben pochi migranti siano stati accolti. Lo stesso Macron che tanto aveva accusato l’Italia, iniziando anche un braccio di ferro a Ventimiglia, presto sommerso dalle critiche dell’estrema destra della Le Pen ha infatti poi respinto buona parte di quei migranti che, dopo un breve periodo di detenzione (formalmente trattenuti fuori dai confini francesi per riconoscerli ufficialmente) li ha fatti ammanettare, imbarcare di forza sugli aerei e rispediti al Paese d’origine nel silenzio dei progressisti europei. Un atteggiamento che se fosse stato assunto dall’Italia avrebbe probabilmente scatenato una polemica generale, ma che invece in Francia è stato liquidato in pochi giorni.
Eppure, a pensarci, la violazione delle norme internazionali è totale: il primo “Paese sicuro” che i migranti da sud incontrano sulla loro strada di solito è Malta, che però da sempre rifiuta gli sbarchi (eppure è a tutto titolo in Europa, gode della presidenza del parlamento europeo ed economicamente non è certo in grandi difficoltà) ma le navi delle Ong non ne tengono conto e si presentano davanti alle nostre coste.
Ascoltare pure i rimproveri europarlamentari della presidente Roberta Metsola è un po’ antipatico, visto l’atteggiamento del suo Paese, e poi perché i numeri ufficiali del ministero dell’Interno aggiornati a fine anno sottolineano la crescente gravità della situazione.
A parte l’ignorato numero dei clandestini non intercettati o prevenienti da altre frontiere, ci sono stati 34.154 sbarchi nel 2020, 67.677 nel 2021 e ben 105.140 l’anno scorso (la punta nel mese di agosto). Quest’anno nei primi giorni di gennaio c’è stata poi un aumento, con 3.611 sbarchi nei primi 8 giorni dell’anno rispetto ai 368 dell’anno scorso: un’emergenza che segue a quella di dicembre con 10.770 sbarchi, nonostante la stagione invernale, rispetto ai 4.554 dell’anno precedente.
Il “sistema” degli scafisti funziona alla perfezione, con un giro d’affari impressionante, cosa che evidentemente a Bruxelles non crea alcun imbarazzo.
Ma c’è un altro dato da tenere d’occhio: al netto di quanti sono più o meno ufficialmente “spariti” dai punti di raccolta, al 31 dicembre 2022 i centri di accoglienza avevano in carico 107.269 persone (pari, in pratica, alla totalità dei migranti ufficiali dell’anno scorso) a significare che chi arriva viene sì soccorso ma poi, sostanzialmente, è “parcheggiato” senza un futuro.
Nello stesso periodo l’assorbimento ufficiale degli altri Paesi europei è stato praticamente nullo e quindi i migranti restano nel circuito italiano o – molto più probabilmente – escono dal nostro Paese in modo clandestino e tali si ritroveranno nel nuovo Paese raggiunto con varie peripezie: massa d’urto per problemi sociali tremendi, non ultimo per la fornitura di manodopera disperata al mondo del lavoro nero ma anche alla delinquenza.
Su queste cifre si innesta la polemica europea con la Svezia (presidente di turno dell’Unione) che ha già annunciato la ferma volontà di non cambiare linea.
Polemica nella polemica, la presenza nel Mediterraneo delle navi soccorritrici delle Ong che recuperano i disperati in mare toccando comprensibilmente il cuore a chi vede le immagini in tv.
Non c’è dubbio che una barca alla deriva vada soccorsa per un concreto pericolo di vita, ma quante persone in mare sono effettivamente migranti politici o fuggono da guerre o carestie e quante invece sono lì dopo aver comprato il proprio viaggio – aerei inclusi – e quindi sono solo oggetto di commercio da parte delle organizzazioni criminali?
Le fredde cifre ufficiali ci dicono che degli oltre 100mila arrivi del 2022 quasi il 20% (20.542) vengono dall’Egitto, 18.147 dalla Tunisia, 14.877 dal Bangladesh – Paesi dove la guerra proprio non c’è – e bisogna arrivare agli 8.594 siriani o ai 7.241 afgani per trovare cittadini di Paesi in guerra o comunque dove vi sia un concreto problema di rischio politico.
In totale oltre l’80% dei richiedenti asilo sono quindi “economici” e tutti hanno pagato profumatamente per imbarcarsi e finire in mezzo al mare. Sono gli scafisti che fanno la scelta sulla base delle possibilità di pagamento, questa è la scomoda verità che dovrebbe essere ammessa da tutti, ad iniziare dalle Ong che di fatto “coprono” per ragioni umanitarie solo l’ultimo trattino di un lungo e complesso traffico internazionale di esseri umani.
Al di là di ogni interpretazione politica ed umanitaria e di ogni motivazione ideologica il fallimento europeo è proprio qui, nel momento in cui non si riescono a bloccare le partenze.
È evidente come ci sia un’aperta connivenza tra autorità politiche degli stati costieri del Nord Africa e scafisti che intercettano il flusso, ma passano gli anni e su questo aspetto l’Europa non riesce (o non vuole?) prendere atto della situazione, forse perché imporrebbe decisioni drastiche.
D’altronde più passano gli anni più si chiariscono le responsabilità di chi ha spinto – come la Francia, per chiari interessi petroliferi – a destabilizzare la Libia che in qualche modo teneva sotto controllo il fenomeno dopo gli accordi sottoscritti con l’Italia.
Sono situazioni e numeri che andrebbero tenuti maggiormente in considerazione da chi si straccia le vesti per i rallentamenti alle navi Ong tentati dal governo, che comunque non risolvono il problema.
Senza soccorsi si rischiano più morti in mare e questo è catastrofico sotto il profilo umano e umanitario, ma solo una limitazione delle partenze può impedire il verificarsi di molti, troppi drammi.
Come ho scritto nel mio libro Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, islam ed immigrazione la partita va giocata in altro modo: l’Italia (e l’Europa) prendano atto che l’immigrazione è un fenomeno mondiale, anche paradossalmente utile alla stessa Europa ma solo a condizione di gestire il fenomeno ispirandosi a criteri di maggior rigore negli ingressi, e facendo funzionare bene i corridoi umanitari con adeguati “filtri” in partenza.
A tutti converrebbe che i migranti arrivassero in Italia e in Europa in modo organizzato, corretto, predeterminato, esattamente come avvenuto per decenne all’emigrazione italiana nel mondo.
Un aiuto importante e concreto potrebbe venire anche dalle Conferenze episcopali di molti Paesi africani, perché è evidente che è più facile integrare un cattolico nigeriano che parla inglese rispetto a un musulmano integralista che parla solo arabo.
Non ammetterlo è fare demagogia, eppure da anni ad ogni Tg vediamo per lo più immagini di disperati alla deriva, grazie a un’Europa incapace di prendere decisioni credibili.
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