“Sul fronte migranti la Tunisia è un punto interrogativo nuovo nella sua dimensione così ampia, soprattutto per quelli che potrebbero essere gli sviluppi, perché un’implosione del Paese ci metterebbe di fronte a scenari inaffrontabili: non penso 900mila arrivi come si dice da qualche parte, ma sicuramente ci porterebbe ai numeri del 2014, 2015, 2016, con oltre 150mila arrivi sulle nostre coste.
Sarebbe un’emergenza drammatica”. Lo scenario prefigurato da Gian Micalessin, inviato speciale de Il Giornale, è quello analizzato l’altra sera dal Governo Meloni nella cabina di regia dedicata proprio al tema migranti.
L’emergenza ora è quella della Tunisia, vicina a un crack finanziario che ha tolto lavoro e che può essere scongiurato solo da un intervento dell’Fmi: un fronte che senza aiuti economici al Governo di Saied potrebbe diventare ancora più caldo, aggravando ulteriormente la situazione flussi. “Anche perché – continua Micalessin – questo si unirebbe alla duplicazione delle partenze dalle coste libiche: eravamo abituati a tenere d’occhio il versante della Tripolitania e dobbiamo fare i conti con quello cirenaico che è sguarnito, perché la Guardia costiera della Tripolitania per motivi politici, militari e di scontro interno non può agire sulle coste della Cirenaica. E poi si è riaperta la rotta turca. Quindi siamo nei guai”.
Ora sembra che Usa e Unione eEuropea siano disposti a perorare la causa della Tunisia, sempre più sull’orlo del fallimento.
È sempre la questione degli aiuti del Fondo monetario internazionale (Fmi), che per concederli pretende garanzie democratiche da piccola Svizzera africana, ma che sono inconciliabili con quella che è la natura dello Stato tunisino, del governo e del suo presidente. E quindi cosa è meglio? Fare esplodere un Paese o condizionare i soldi alle riforme democratiche? Penso che sia meglio concedere gli aiuti e speriamo che su questo anche gli Stati Uniti condividano questa visione, che il nostro Governo riesca a farla condividere dagli Stati Uniti, perché facciano pressione sul Fondo monetario per una interpretazione più elastica delle condizioni degli aiuti.
Ma questo interessamento di Usa e Ue c’è già stato?
Il Governo ci fa capire così. È chiaro che tra le azioni diplomatiche del Governo, che sfrutta anche la sua stretta alleanza con la Nato e gli Stati Uniti per quello che riguarda l’Ucraina, c’è anche il tentativo di avere un aiuto sul fronte dei migranti, e condizioni più accettabili per il prestito alla Tunisia.
L’impegno degli Usa è legato anche al sostegno che l’Italia dà in relazione alla guerra in Ucraina?
Tutto si inserisce in un contesto di rapporti e alleanze internazionali. Un’Italia così vicina, e forse non lo è mai stata, all’impegno della Nato su un fronte così delicato come quello dell’Ucraina giustifica la richiesta di qualcosa in cambio. È chiaro che il nostro Governo, la Farnesina, ci lavora.
Invece l’Unione Europea che ruolo sta avendo?
L’Ue può fare, ma chi conta con il Fondo monetario internazionale sono gli Stati Uniti. Anche la Ue ha la sua importanza, se dice di no diventa un ostacolo, uno scoglio in più da superare per l’Italia. L’Ue, comunque, ha tutto l’interesse a spendersi, perché i migranti che arrivano in Italia non restano qui, ma passano in Francia, in Germania e nel resto dell’Europa. L’illusione che il nostro Paese sia una sorta di campo profughi chiuso ormai è sfumata da anni, lo hanno capito anche i francesi.
Questo prestito però devono concederlo in fretta: la Tunisia ha solo qualche mese di tempo, dopo di che di soldi non ne ha più.
Va concesso entro l’estate. Il grande problema della Tunisia è che è in bilico da anni e risente di tutta quella utopia delle primavere arabe e di quello che ne è seguito, che ha creato disastri irrisolvibili.
Il Governo comunque vorrebbe muoversi anche sul fronte rimpatri e della creazione di nuovi centri di accoglienza.
I rimpatri sono l’altro fronte scabroso di questo Governo, che si trova praticamente disarmato di fronte ai flussi che crescono.
Il cruscotto statistico del ministero dell’Interno parla di oltre 28mila arrivi dall’inizio dell’anno finora contro i 6mila dell’anno scorso. Cosa dicono queste cifre?
La forbice incredibile è il numero dei rimpatri: 1.107 nello stesso periodo. Illudersi di risolvere il problema con i rimpatri è come svuotare il mare con il secchiello. Per questo Piantedosi punta a moltiplicare i centri di permanenza e rimpatrio, che sono dieci e hanno una capienza ridicola se la misuriamo con i flussi in arrivo: tengono 1.370 persone al massimo. Questo significa non riuscire a gestire i rientri dei casi più problematici, perché dopo tre mesi bisogna lasciarli uscire. Sostanzialmente non c’è neanche il tempo di accoglierli: nessuno rientra di quelli che hanno il foglio di via. Piantedosi punta a moltiplicare i Cpr, aprendone uno per regione o anche più, e ad accelerare l’identificazione. Altro problema che resta aperto è quello degli accordi con i Paesi di origine.
Rimpatriare è oggettivamente difficile?
Oggettivamente difficile e costosissimo, con medie di 3mila euro a persona a rimpatrio. Ci sono fondi europei che ci vengono dati ma l’Italia molto spesso supera le somme concesse. Rimpatriare è difficile soprattutto perché mancano gli accordi con i Paesi di origine: dovrebbe farli l’Europa, che ha una potenza contrattuale molto più forte dell’Italia, ma non lo fa. L’Italia deve fare da sola con i pochi accordi che ha: Marocco, Tunisia, Nigeria ed Egitto e altre intese secondarie. Anche il tema rimpatri è un’arma spuntata per il momento.
Nei prossimi giorni ci sarà un incontro del Governo italiano con il ministro degli Esteri tunisino. L’Italia cosa può fare di suo?
L’Italia può fare un accordo con la Guardia costiera tunisina e questo chiaramente richiede soldi, perché nessuno fa niente per niente, ma soprattutto ci deve esser un piano di intervento per capire il perché di questi arrivi e quali sono le organizzazioni dei trafficanti. I nostri servizi devono fare il loro lavoro in Tunisia come lo hanno fatto in passato in Libia. Grosso modo il problema è sempre questo: l’impossibilità di agire contro i trafficanti. Non esiste una forza internazionale che possa farlo e forse anche questo è stato uno dei temi trattati dal Governo, vista la presenza di Crosetto alla cabina di regia di questi giorni.
Il Governo tunisino non ha la forza di controllare le partenze?
Non ha la forza e forse neanche la voglia.
O usa questa situazione per ottenere qualcosa d’altro?
Chi non ha soldi usa tutte le maniere, a fronte di una scarsa attenzione europea e internazionale usano anche questa.
Alla fine i soldi dell’Fmi per la Tunisia arriveranno o no?
Penso che dovrebbero arrivare se c’è ancora un po’ di buon senso, soprattutto se Usa ed Europa fanno pressione.
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