Arrivano a frotte, centinaia e centinaia di persone, più di mille in tutto, su barconi affollati che hanno fatto intervenire la Guardia costiera e la Marina militare. Il tempo è cambiato, le condizioni sono migliori rispetto a un febbraio invernale e allora ecco che si intensificano le partenze verso Sicilia e Calabria.
La gente che aspettava sulle coste della Libia e della Tunisia ha affrontato il mare senza che i due Paesi effettuassero controlli per contenere il fenomeno. “In termini di rotte e di numero di migranti niente di nuovo rispetto al trend accertato nei mesi scorsi” dice Mauro Indelicato, giornalista del Giornale e di InsideOver. Uno scenario non così inaspettato, quindi, anche se oggi, a pochi giorni dalla tragedia di Cutro, desta più attenzione.
C’è un motivo particolare perché gli arrivi si sono scatenati proprio in questo momento?
In realtà è un fenomeno in continuità con quello che abbiamo visto a gennaio, con un afflusso molto importante di migranti, soprattutto dalla Tunisia, diretti verso Lampedusa. Poi le condizioni meteorologiche sono cambiate. Nel canale di Sicilia abbiamo avuto dicembre e gennaio quasi primaverili, mentre febbraio è stato un mese pienamente invernale. Adesso, con temperature più miti, quindi condizioni migliori, stanno riprendendo gli sbarchi. Si sta riprendendo il film già visto a gennaio.
Sostanzialmente quindi arrivano perché è migliorato il tempo?
Sì, dopo una pausa dettata dal maltempo gli sbarchi stanno riprendendo.
Non ci sono fatti particolari in Libia o in Tunisia che hanno scatenato gli arrivi?
Apparentemente no. Molti barconi partono dalla Tunisia e dalla Libia e le condizioni in questi due Paesi non sono così diverse rispetto a quelle osservate tra dicembre e gennaio. Ovviamente si parla di Paesi con molti problemi, la Libia ormai da 12 anni è in preda all’anarchia e al caos più totale, la Tunisia invece sta affrontando un momento delicato dal punto di vista politico ed economico, ma è così già da diverso tempo. Non ci sono fattori delle ultime ore che hanno scatenato questo esodo.
Ma questo vuol dire che avevano una folla di gente che premeva sulle coste per partire.
Vuol dire che né le autorità libiche né quelle tunisine in questo momento sono in grado di fronteggiare questa situazione, o perché non ne hanno i mezzi o perché non ne hanno la volontà.
In Libia ci sono milizie che controllano certi territori e decidono chi parte e chi no; in Tunisia succede la stessa cosa?
In Libia a partire sono soprattutto migranti subsahariani, presenti nel Paese da mesi, arrivati dal confine con il Niger e dal Sahel e che trovano i trafficanti e le organizzazioni nelle città portuali. Lì trovano un hub per partire. È una migrazione transnazionale. In Tunisia invece sono i tunisini. La dinamica è simile, nel senso che anche qui sono presenti organizzazioni criminali che fanno leva sulla volontà di molti tunisini di lasciare il Paese.
Rispetto alla Libia, in Tunisia lo Stato c’è ma i migranti non vengono controllati lo stesso.
Non vengono controllati perché lo Stato è afflitto da non pochi problemi, rischia la bancarotta, a malapena riesce a pagare gli stipendi ai propri funzionari.
Non potrebbero avere influito le parole del presidente Saied della scorsa settimana contro i subsahariani che sono nel Paese?
L’obiettivo di Saied è di far percorrere ai sub sahariani la via inversa, farli tornare nei loro Paesi. Questo potrebbe anche avere innescato dinamiche in grado di favorire le partenze dalla Tunisia di subsahariani, ma sembra che al momento gli arrivi a Lampedusa siano soprattutto di tunisini, di conseguenza rimane la dinamica osservata nei precedenti anni: la rotta tunisina è frequentata soprattutto da tunisini. Gli effetti delle parole di Saied sulla rotta del Mediterraneo si potranno vedere eventualmente nei prossimi mesi.
Nelle operazioni di salvataggio sono impegnate Guardia costiera e Marina militare: c’entra qualcosa il Consiglio dei ministri tenuto a Cutro o semplicemente si usano mezzi adeguati per far fronte alla situazione?
La Guardia costiera è per 365 giorni impegnata a Lampedusa così come in tutti gli altri luoghi di sbarco. Semplicemente il lavoro di oggi è più sotto i riflettori visto quanto è successo in Calabria. Le motovedette sono sempre impegnate. Sapendo i trend degli ultimi mesi, sicuramente i vertici della Guardia costiera già da tempo avevano pianificato una così vasta operazione di recupero.
È impegnata anche la Marina militare.
La Marina militare è spesso stata attiva, probabilmente i salvataggi sono più sotto attenzione e magari vengono usati più mezzi. Però il dispiegamento non è così anomalo. Marina e Guardia costiera sono ben consapevoli del forte esodo che c’è dalla Tunisia e quindi stanno presidiando al meglio le coste per evitare ulteriori naufragi. Sono costantemente impegnate sia a Lampedusa che lungo il canale di Sicilia, ma oggi le loro azioni sono più osservate perché dopo quanto è accaduto a Cutro, c’è una maggiore attenzione mediatica, ma lo schieramento delle forze in campo non presenta anomalie rispetto a quanto avviene in estate o nei periodi in cui si intensificano gli sbarchi. Il naufragio di Crotone è una tragedia enorme e quindi anche un singolo salvataggio fatto a Lampedusa ha maggiore risalto.
I migranti arrivano in Sicilia ma anche sulla costa ionica.
I flussi stanno riguardando il Mediterraneo centrale e anche il Mediterraneo orientale, quindi la costa ionica. Anche qui, poche novità rispetto a gennaio perché gli sbarchi sia a Lampedusa che in Calabria erano parecchi anche nei mesi precedenti.
Le Ong stavolta non sono impegnate nei soccorsi?
In questo momento non risultano attive probabilmente perché alcune navi sono in porto per il cambio di equipaggio, altre sono sotto sequestro amministrativo. C’è da parte loro un silenzio mediatico di fronte a questi sbarchi, probabilmente perché al momento non possono essere molto attive e di conseguenza mantengono un profilo più basso.
(Paolo Rossetti)
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