L’Italia sta facendo bene la sua parte, ora è l’Europa a dover agire. Non con le Ong e la redistribuzione, che si è dimostrata fallimentare. Servono “più rimpatri centralizzati europei, più accordi anche economici con i Paesi di partenza, difesa delle frontiere esterne, coordinamento e cooperazione nei salvataggi in aree Sar”.
A dirlo al Sussidiario è il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni (Lega), che Matteo Salvini ha voluto al Viminale, sulla stessa poltrona, da tre governi a questa parte: Conte 1, Draghi, Meloni. Il decreto Ong e il decreto Cutro, cioè controllo dei flussi da parte dello Stato e repressione dei criminali, vanno a braccetto, spiega il sottosegretario. “Oggi nel Mediterraneo l’unico Paese che fa salvataggi Sar è l’Italia. L’unico Paese che ha un centro di coordinamento del soccorso marittimo efficiente è l’Italia. Ma c’è un ruolo che solo l’Europa può svolgere” avvisa Molteni.
L’Europa, intanto, ci riprova. Si chiama Eibm, Strategia europea di gestione integrata delle frontiere, e ne ha parlato ieri la commissaria Ue Ylva Johannson. Le parole chiave sembrano essere quelle che piacciono al Governo: rimpatri, cooperazione con i Paesi terzi, più coordinamento nelle azioni Sar, potenziamento della sorveglianza, controllo delle frontiere. Ora si tratterà di capire quali saranno le soluzioni concrete. E soprattutto se andranno bene ai Paesi membri.
Sottosegretario, le dichiarazioni di Tajani e Crosetto cambiano di molto il quadro: ora si parla di “guerra ibrida”. Cosa pensa di fare il governo in aggiunta all’ultimo decreto-legge?
Lavoriamo affinché l’immigrazione non sia solo un problema italiano. Serve il coinvolgimento dell’Europa e degli organismi internazionali. È un fenomeno globale e serve una risposta globale rispetto ai fattori geopolitici che generano il fenomeno.
E nel frattempo?
Non possono essere gli scafisti a selezionare chi entra in Italia. Quindi per il Governo e per la Lega contrastare scafisti e trafficanti è la priorità. Innalziamo sanzioni e pene fino a 30 anni per i criminali che gestiscono la tratta di esseri umani, e introduciamo un nuovo reato a “giurisdizione universale” per chi causa morti e lesioni in mare in conseguenza di delitti legati all’immigrazione illegale.
Però il fenomeno sta avendo dimensioni senza precedenti. E l’Europa non si sta muovendo.
Due risposte immediate il Governo le ha già messe in campo: la prima è il decreto Ong, perché non possono essere soggetti privati stranieri che battono bandiera straniera a gestire i fenomeni migratori. Il secondo, torno a sottolineare, è il decreto anti-scafisti. Non aumenta solo il carcere per i trafficanti, ma valorizza le forme di ingresso legale in Italia e potenzia e velocizza rimpatri ed espulsioni con la realizzazione di nuovi Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr).
A proposito di ingresso legale, il decreto ridimensiona la protezione speciale. È uno dei punti più controversi.
Per me vale il principio che il nostro Paese, nel rispetto dell’articolo 10 della Costituzione, riconosce il diritto di asilo a chi scappa da guerre e persecuzioni e per questo abbiamo due forme di protezione previste dalle convenzioni internazionali: lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria. Nel decreto Cutro la protezione speciale è stata limitata, come chiedeva la Lega.
Infatti siete accusati di volere una misura troppo dura.
La protezione speciale allargata dal decreto 130/2020 voluto dal Governo Conte 2 ha riportato in vigore la vecchia protezione umanitaria della sinistra, che allarga le maglie per la concessione dei permessi di soggiorno e riduce le espulsioni. Invece si deve puntare a un’accoglienza effettiva e trasparente per i veri profughi.
Non temete gli emendamenti?
In conversione si possono apportare ulteriori modifiche. Intanto la maggioranza è compatta e coesa e il confronto sarà la base per la conversione del decreto.
Tutto questo per quanto riguarda il decreto. E sul piano internazionale?
Ora bisogna costruire i rapporti di partenariato con i Paesi di partenza e transito dei migranti, sia a livello nazionale che comunitario. L’obiettivo è ripristinare i pattugliamenti congiunti nelle acque dei Paesi di partenza e prevedere che le domande di asilo siano presentate in hotspot in loco e non in Italia, anche attraverso il coinvolgimento delle strutture diplomatiche.
Lei ha chiesto 6 mld dall’Europa per fermare le partenze. Tunisia e Libia sono situazioni molto diverse. Nel secondo caso un’interlocuzione è molto difficile e donare motovedette come fa l’Ue, forse, non basta. Cosa intende fare il Governo?
Qui serve più collaborazione e solidarietà da parte delle istituzioni comunitarie. La Tunisia è al collasso finanziario e sociale, si deve intervenire subito con adeguati prestiti da parte del Fmi. Il 25 novembre è stato presentato il Piano d’azione europeo, 20 punti nei quali per la prima volta viene riconosciuta la priorità di intervento nel Mediterraneo centrale. Ora questo piano va realizzato senza perdere tempo. Più rimpatri centralizzati europei, più accordi anche economici con i Paesi di partenza, difesa delle frontiere esterne, coordinamento e cooperazione nei salvataggi in aree Sar. E ovviamente servono soldi, almeno 6 miliardi da investire in Libia e Tunisia.
E come andrebbero usati?
Nell’emergenza occorre applicare al Mediterraneo centrale il modello Turchia del 2015.
Le navi Ong non potrebbero avere un ruolo?
Le Ong sono un un fattore di attrazione. Incentivano le partenze e sono una calamita per l’immigrazione illegale. La relazione annuale dei nostri servizi di intelligence ha confermato che le Ong sono un “vantaggio logistico per gli scafisti”. Il nostro decreto introduce un codice di condotta codificato sul modello Minniti del 2017. Regole e prescrizioni per le Ong da rispettare nei salvataggi in mare altrimenti scattano multe, fermo amministrativo e confische. Sta funzionando.
Repubblica ha reso nota l’esistenza di un documento che spiegherebbe le responsabilità del Governo nel naufragio di Cutro. Si tratta di una direttiva risalente a Pisanu, poi di fatto ribadita da Salvini nel 2019. Prescrive lo stretto monitoraggio del natante ma non l’intervento. Cosa risponde?
La drammatica tragedia a Cutro ha come unico responsabile l’attività criminale degli scafisti, cinici e senza scrupoli. I modelli tecnico-operativi di salvataggio in mare non sono mai cambiati, si salvano vite umane in pericolo, punto. La missione della Guardia costiera è salvare vite in mare e non è mai soggetta a condizionamenti men che meno politici. Sostenerlo offende la gloriosa storia della Gc italiana, orgoglio e vanto del Paese. Nel 2022 su 105mila sbarchi, oltre 50mila migranti sono stati soccorsi e salvati da Gc e Guardia di finanza. Le autorità di soccorso vanno ringraziate, non delegittimate con sterili strumentalizzazioni di natura politica.
Lei stesso ha dichiarato che la redistribuzione comunitaria non funziona. Chi deve stipulare accordi con i Paesi di partenza, l’Italia o la Ue? E a che punto siamo su questo fronte?
Il regolamento di Dublino III penalizza i Paesi di primo approdo, quelli che si affacciano sul Mediterraneo, Italia in primis. Dal 2020 si discute, senza successo, del nuovo “Patto Ue per l’asilo e le migrazioni”, che così come è strutturato oggi penalizza ancora il nostro Paese. La distribuzione o relocation, o meccanismo di solidarietà europea dei migranti ha sempre fallito. Sia il patto di Malta del 2019 che la Dichiarazione politica firmata il 10 giugno 2022 tra 18 Paesi europei non hanno funzionato. L’Italia doveva distribuire 8.200 migranti ma i dati oggi dicono che solo 397 immigrati sono stati ricollocati: 5 in Lussemburgo, 10 in Croazia, 38 in Francia e 344 in Germania. L’unica soluzione è agire sulla dimensione esterna. Accordi bilaterali finanziati dall’Ue con i Paesi di partenza e transito e una seria politica di rimpatrio, vero deterrente alle migrazioni illegali.
Sul Sussidiario abbiamo sottolineato l’importanza di stipulare accordi Sar (attualmente assenti) con Tunisia, Malta e Libia per regolare le rispettive aree di intervento. Cosa pensa in proposito?
Oggi nel Mediterraneo l’unico Paese che fa salvataggi Sar è l’Italia. L’unico Paese che ha un centro di coordinamento del soccorso marittimo efficiente è l’Italia. Se l’immigrazione è un fenomeno strutturale, globale ed europeo la risposta deve essere globale ed europea. All’ultimo vertice dei 5Med a Malta il 3-4 marzo si è chiesto all’Ue una risposta coordinata e di cooperazione nei salvataggi Sar, oltre al potenziamento della sorveglianza aerea e marittima.
Il pm Catello Maresca ha scritto che la stretta sugli scafisti è come punire il pusher, semplice anello terminale di una rete internazionale molto più ampia. Che è di natura mafiosa e richiede un cambio di prospettiva radicale. Cosa risponde?
Il governo con il decreto in fase di conversione vuole punire duramente chi agevola, dirige, organizza e finanzia la morte in mare dei migranti. Ovviamente l’obiettivo è smantellare le grandi centrali delinquenziali che si arricchiscono sulla pelle dei migranti. Lavoriamo anche sulla cooperazione di polizia per contrastare i reati transnazionali e con la magistratura per smantellare i sodalizi criminali globali. I due interventi si saldano assieme. È un lavoro difficile ma organico, che vede l’Italia in prima linea.
(Federico Ferraù)
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