Una prima volta. Il governo italiano non aveva mai fatto un’ammissione così esplicita sulla crisi migratoria come quella di Draghi in conferenza stampa con Erdogan: “noi abbiamo limiti e ora ci siamo arrivati”. Non solo. Un’altra affermazione del presidente del Consiglio è ancor più politica: “Non possiamo più avere un atteggiamento di apertura senza limiti”. Concetti che in altri tempi (e governi) avrebbero provocato l’indignazione del Pd, la denuncia dei principali organi di stampa e l’iniziativa umanitaria di qualche Ong, ma che ora, lungi dal rappresentare “muri”, sono segno di realismo e prudenza politica.
“I numeri sono in aumento, se si sommano i profughi ucraini ai migranti sbarcati si arriva a 45mila persone accolte dall’inizio del nuovo anno. Un record” osserva Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver, esperto di geopolitica. “È probabile che vedremo un partenariato tra Italia e Turchia per evitare le partenze dalla Libia”.
Perché quell’ammissione di Draghi sui flussi migratori, e perché in Turchia?
L’ammissione è stata “spinta” dai numeri sempre più in aumento. Se già nel 2021, rispetto al 2020, il trend degli sbarchi era in forte ascesa, quest’anno lo è ancora di più rispetto a 12 mesi fa. Una circostanza che sia a livello politico che amministrativo non può che creare grattacapi. Se ci sono più arrivi è perché, contestualmente, nel bacino del Mediterraneo ci sono più partenze. E la Turchia, nel controllare il fenomeno migratorio in tutta la regione, gioca un ruolo importante. Sia perché molti barconi partono dalla penisola anatolica, sia perché Ankara è alleata di ferro della Libia, la cui rotta è quella che incide maggiormente sui flussi migratori verso l’Italia.
Un’altra dichiarazione di Draghi: “Non possiamo più avere un atteggiamento di apertura senza limiti”. Sembra una sconfessione dell’orientamento dei vertici Cei, del Pd e di Mattarella, che ha voluto Lamorgese al Viminale. Cosa sta succedendo?
Ricordiamoci appunto che nel governo Draghi, questo forse nell’ultimo anno lo si è un po’ dimenticato, c’è anche la Lega di Salvini. L’attuale esecutivo non è di centrosinistra, non include soltanto Pd e M5s. Dunque il presidente del Consiglio ha in qualche modo voluto tranquillizzare quella parte della maggioranza che chiede interventi drastici in materia migratoria e che vede una minaccia negli attuali numeri.
Appunto, cosa dicono gli ultimi numeri?
Dicono che se dal 1° gennaio al 7 luglio 2021 in Italia sono sbarcate 22.709 persone, nello stesso periodo di quest’anno si è già sforata quota 30mila.
Compresi i profughi ucraini?
No, in questo conteggio non sono inclusi i profughi scappati dalle regioni ucraine dove si sta combattendo. Secondo il Viminale dall’inizio del conflitto circa 15mila cittadini ucraini hanno raggiunto il nostro Paese.
Il doppio rispetto all’anno scorso.
Esatto. In una fase delicata a livello economico come quella attuale, per il governo questo è molto più di un allarme.
Perché alle parole di Draghi nessuno è insorto?
Proprio perché i numeri non mentono. L’Italia rischia di dover raddoppiare la spesa pubblica per accogliere migranti e profughi ucraini nel 2022. E la fase attuale non consente di allargare troppo le maglie del bilancio, visto che il governo deve far fronte anche al caro bollette, all’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità e alla possibile nuova impennata dei costi dell’energia. In poche parole, vista l’attuale fase nessuno se l’è sentita di mettersi di traverso rispetto all’insofferenza manifestata da Draghi. Ad ogni modo, il cerino è nelle mani del presidente del Consiglio: dopo lo “sfogo”, molti cittadini si aspettano adesso fatti concreti.
Ritieni che Draghi abbia messo in conto uno scenario ancora più imponderabile, quello di un incremento dei flussi derivante dalla crisi del grano?
La crisi del grano al momento non ha manifestato i suoi effetti, la recente impennata degli sbarchi non è legata, nonostante quanto detto dallo stesso ministro dell’Interno Lamorgese, alla potenziale penuria di cibo nei Paesi nordafricani. Senza dubbio però è un elemento che nel prossimo futuro potrebbe pesare e che da Roma si vorrebbe prevenire.
Crisi alimentare e migranti sono nodi da sciogliere anche per Erdogan?
Sì, senza dubbio. Ma da una prospettiva diversa. Per l’Italia sono minacce incombenti, per la Turchia sono occasioni per aumentare il proprio peso politico nel Mediterraneo. Passano da Ankara infatti le mediazioni per sbloccare la partita sul grano tra Mosca e Kiev e per evitare nuove impennate di flussi migratori.
Nel 2021 la Commissione Ue ha dato 3 miliardi alla Turchia per fermare i profughi. Siamo ancora fermi alla linea adottata nel 2015 da Angela Merkel?
L’Europa ha capito, con notevole e colpevole ritardo, che l’immigrazione è un’arma politica usata dai propri vicini. Dopo la crisi bielorussa dello scorso anno erano arrivate proposte da parte della Commissione europea volte a togliere soldi e non darli a chi, tra i Paesi terzi, non si dimostrava in grado di lottare contro i trafficanti. Ma la guerra in Ucraina ha al momento bloccato tutto, Bruxelles sta affrontando altre priorità. Sul fronte migratorio, di recente è stata avanzata la nuova proposta relativa alla ricollocazione interna dei migranti, la quale dovrebbe essere operativa da fine mese.
Con le sue dichiarazioni, Draghi ha aperto la strada ad una collaborazione tra Italia e Turchia in Libia?
Di certo pronunciare quelle frasi ad Ankara non è stato un caso. Draghi ha discusso con Erdogan di immigrazione e senza dubbio il presidente turco avrà fatto pesare il suo ruolo in Libia. Nelle prossime settimane, Italia e Turchia potrebbero avanzare dei partenariati in merito. Anche perché le relazioni tra i due Paesi sono tornate a essere positive dopo anni di tensioni latenti.
Se fosse una riedizione del patto tra Minniti e le tribù libiche (2017), vorrebbe dire che la gestione dei flussi prima che i barconi salpino è la strada obbligata. O no?
Una volta che i barconi sono arrivati in Italia, si può fare ben poco se non chiedere nuovamente solidarietà all’Europa per la redistribuzione. Chiaro che l’obiettivo è evitare le partenze dalla sponda opposta del Mediterraneo.
(Federico Ferraù)
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