Il Safety of Rwanda Bill passa alla Camera dei Comuni, ma il Governo di Rishi Sunak rimane in bilico. La fronda interna al suo partito si è fermata a 11 voti contrari, non abbastanza per essere sconfitti, ma ora la legge che prevede il trasferimento in Rwanda dei richiedenti asilo nel Regno Unito deve passare al vaglio dei Lord, che si sono mostrati molto attenti alle questioni relative ai diritti umani. Oltre a loro, spiega Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato e diritto parlamentare nell’Università di Milano Bicocca ed esperto del sistema giuridico britannico, il premier inglese dovrà guardarsi ancora dalle critiche che provengono dall’interno del partito: una parte dei conservatori, infatti, vorrebbe norme più rigide, nonostante la legge rischi una condanna in sede internazionale per il mancato rispetto dei diritti umani. Per le nuove norme chi vedesse riconosciuto il diritto di asilo, al di là di casi specifici da valutare, rimarrebbe in Rwanda, ritenuto idoneo dall’esecutivo inglese ad accogliere le persone che chiedono di non tornare nel loro Paese di origine.
Questo primo importante passaggio parlamentare e l’eventuale approvazione definitiva possono far gioco al Governo italiano, che in attesa di conoscere la decisione della Corte suprema albanese sul ricorso relativo al Patto per la creazione di centri di accoglienza in Albania dove analizzare la posizione dei migranti che aspirano a entrare in Italia, può far valere politicamente l’orientamento favorevole della Gran Bretagna a una legge che richiama meccanismi simili a quelli ipotizzati nell’accordo fra Roma e Tirana.
Professore, come si è arrivati a superare questo step della legge sull’immigrazione e il Rwanda?
La vicenda risale al governo di Boris Johnson, nella primavera del 2022, quando per arginare la marea montante di immigrazione illegale si ipotizzò di pagare il Rwanda perché sia il luogo di permanenza dei migranti mentre vengono esaminate le richieste di asilo politico. Sulla legge si è pronunciata la Corte Suprema, che non ha ritenuto l’operazione in sé incompatibile con l’ordinamento britannico, ma ha detto che le caratteristiche del Rwanda non davano garanzie sufficienti per il rispetto dei diritti umani degli immigrati.
Su questo tema il Regno Unito rischierebbe una condanna, ad esempio dalla CEDU, la Corte europea dei diritti dell’uomo: come sta cercando di evitare questo rischio?
Dopo la sentenza della Corte Suprema, nell’autunno scorso, Sunak ha rinegoziato un trattato con il Rwanda. Una delle norme che terrebbe in considerazione il pronunciamento dei giudici è quella che garantisce agli asyulm seekers l’assistenza legale da parte di avvocati inglesi sul posto. La Corte, infatti, ipotizzava una carenza di garanzie da parte del Rwanda.
Poi è stata la volta di affrontare l’iter parlamentare. Quali altri ostacoli ha incontrato l’approvazione delle nuove norme?
Il Governo si è trovato contro una parte importante dei conservatori, intorno ai 60 deputati, che vorrebbero una legge più dura, rendendo comunque più difficile per i richiedenti asilo ottenerlo anche se ne avessero diritto. Una contestazione da destra. Un problema già emerso a dicembre (e superato non senza problemi) in sede di second reading, la discussione generale sulle linee guida del progetto di legge.
Nelle tappe successive dell’iter le contrarietà di parte dei conservatori si sono manifestate nuovamente?
Sì, anche se in sede di votazione alla Camera dei Comuni molti contrari sono rientrati. Uno dei rebel, Jacob Rees Mogg, ha dichiarato di aver votato la legge perché con tutti i suoi limiti è meglio dello status quo. Altra contraria è Suella Braverman, ex ministra degli Interni fatta fuori da Sunak.
Il problema per Sunak, quindi, è soprattutto tenere il suo partito unito?
Sì. Alcuni commentatori hanno ipotizzato tentativi di sostituzione di Sunak con un altro rappresentante Tory oppure un anticipo del ricorso alle elezioni che il premier aveva indicato per l’autunno.
Nonostante il voto favorevole, Sunak non ha messo a tacere la fronda interna. Come mai alla fine è riuscito a cavarsela?
Alcuni hanno ingoiato il rospo per evitare di far cadere il governo. Il problema interno rimane: molte delle divisioni sul Rwanda Bill sono sovrapponibili a quelle che si verificarono in occasione della Brexit. Qualche Tory rebel si è dimesso dalle cariche nel partito a livello parlamentare.
La legge come è concepita ora è tale da mettersi al riparo da una condanna da parte degli organismi che devono far rispettare il diritto internazionale?
Secondo molti l’accordo con il Rwanda non è risolutivo rispetto ai rischi di condanna per il mancato rispetto dei diritti umani, in particolare da parte della CEDU di Strasburgo. Le sentenze della Corte europea sono più stringenti e i ricorsi sono già arrivati. Questa vicenda ha rinfocolato quell’indirizzo che preme per la fuoriuscita del Regno Unito anche dal Consiglio d’Europa e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, staccandosi da quelle istituzioni che non fanno parte della UE ma in cui la Gran Bretagna c’è da sempre.
Cosa può comportare un pronunciamento contrario della Corte europea?
Una condanna della Corte di Strasburgo è la condanna di uno Stato. Molto spesso le pene sono di natura pecuniaria. L’Italia ne ha prese a decine, soprattutto per questioni legate alle carceri.
Questo primo sì della legge può avere qualche riflesso anche sul Patto Italia-Albania per esaminare i richiedenti asilo in appositi centri realizzati sul territorio albanese?
La legge non è stata approvata definitivamente. C’è da superare lo scoglio della Camera dei Lord: se introducessero degli emendamenti dovrebbe tornare alla Camera dei comuni. Ed è possibile che succeda, perché la House of Lords è una Camera di tutela dei diritti e di coscienza nazionale. Dopo il progetto di legge inglese anche il governo tedesco ha fatto delle aperture, immaginando soluzioni che tengano conto dello spirito che ha animato la soluzione britannica. L’approvazione della legge da parte degli inglesi potrebbe rappresentare una carta politica da giocare per il governo italiano facendo rilevare che anche un Paese democratico come il Regno Unito ha optato per una soluzione che ricorda per certi versi quella italiana.
Cosa potrebbe succedere alla Camera dei Lord?
Si potrebbe creare una maggioranza favorevole a emendare la legge per renderla più compatibile con il diritto internazionale, meno suscettibile di condanne delle Corti, che siano la CEDU o facciano capo all’ONU.
Qual è il motivo per cui nel dibattito politico questa legge viene tacciata di non rispettare i diritti umani? È perché le persone vengono portate in Rwanda senza che lo abbiano chiesto?
L’accusa iniziale è che per interessi dello Stato (La Gran Bretagna) si porterebbe una persona in un altro Stato (il Rwanda) nel quale non ha mai chiesto di andare, violando così i diritti umani. La Corte Suprema inglese, però, ha detto che in realtà il meccanismo in sé è accettabile ma ci sono dubbi sulla possibilità del Rwanda di garantire i diritti umani. Restano, poi, altre questioni sulle tempistiche per prendere una decisione sulla richiesta di asilo. Ci sono, tuttavia, anche giuristi che non ritengono queste norme lesive dei diritti umani.
(Paolo Rossetti)
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