Uno stato di emergenza della durata di 6 mesi e uno stanziamento di 5 milioni di euro per provvedere con urgenza “all’attuazione di misure straordinarie per decongestionare l’hotspot di Lampedusa e per realizzare nuove strutture” destinate sia all’accoglienza sia al riconoscimento e rimpatrio di chi non ha i requisiti per rimanere in Italia. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri di ieri.
Sono 2.156 i migranti sbarcati tra il 9 e l’11 aprile, secondo il cruscotto statistico del Viminale, mentre il numero degli arrivi registrati dall’inizio dell’anno è spiazzante: 31.292 migranti sbarcati nel periodo 1° gennaio-11 aprile 2023, contro i 7.928 dello stesso periodo 2022 e gli 8.505 del 2021. Serve una missione navale italiana concordata con Tunisia ed Europa per fermare le partenze, secondo Fausto Biloslavo, corrispondente di guerra de Il Giornale, da sempre attento al fenomeno migratorio.
“È un provvedimento inevitabile quello del Governo – spiega Biloslavo al Sussidiario –. Bene anche i 5 milioni, ma in prospettiva sono una misura insufficiente. Se in tre giorni sono stati tratti in salvo 2mila migranti, possiamo solo immaginare quello che accadrà in estate”.
Cosa si può fare con 5 milioni di euro?
Tamponare gli arrivi intervenendo sui centri e finanziando un po’ di rimpatri o espulsioni, non molto di più. Il problema va affrontato a monte, nelle acque territoriali della Tunisia.
Che cosa può fare realisticamente il Governo?
Serve una missione navale italiana a supporto della Guardia costiera tunisina per riportare indietro i migranti. Nello stesso tempo sono necessari hotspot in Tunisia e altri Paesi nordafricani interessati dai flussi per stabilire chi ha diritto di salpare. Chi ha i requisiti lo portiamo noi in Italia, gli altri vanno riportati indietro. Questo dovrebbe essere compito dell’Oim.
Gli emendamenti al decreto Cutro, ancora all’esame del Senato, prevederebbero una stretta, dalla protezione speciale al prolungamento dei tempi all’interno dei Centri di permanenza rimpatri.
Ben venga la deterrenza, ma a fronte di quanto sta accadendo sono solo misure tampone utili a smorzare l’effetto dell’ondata quando i migranti sono già qui. Già prima dell’emergenza i numeri di espulsioni e rimpatri erano deludenti. Occorre agire in due direzioni: Tunisia e Libia, e Paesi africani di partenza.
Una missione navale italiana è solo un auspicio o c’è qualcosa di concreto?
A mio avviso ci si dovrà arrivare. Intanto entro fine aprile ci sarà una missione di Piantedosi in Tunisia insieme ai colleghi di Francia e Germania, e dovrebbe unirsi anche la commissaria europea Ylva Johannson. L’obiettivo è sostenere le autorità tunisine sul fronte dei finanziamenti internazionali e nella salvaguardia delle frontiere, dunque, al momento, di inviare navi non si parla. Ma i precedenti ci sono.
Ovvero?
Le Operazioni Hera, Minerva e Indalo, supportate da Frontex e finalizzate a intercettare e riportare indietro i migranti diretti alle Canarie – dunque in Spagna – da Senegal e Mauritania. Una operazione simile fu quella concordata tra Italia e Libia prima della guerra che detronizzò Gheddafi.
Sarebbe un blocco navale?
Blocco navale non è un termine corretto, perché è proprio di un atto di guerra. Di fatto sarebbe un stop davanti alle coste concordato tra Roma e Tunisi.
Attualmente l’azione della Guardia costiera tunisina è di qualche efficacia?
Sì, i tunisini stanno facendo il loro lavoro, dall’inizio di quest’anno hanno fermato e riportato indietro 14mila migranti, ma con l’aumento delle partenze da soli non possono farcela.
L’ipotesi di un aiuto condizionato del Fmi, viste le resistenze di Tunisi, ha un futuro?
È una strada tutta in salita. Va detto che non si possono pretendere dalla Tunisia standard europei. È vero, Saied potrebbe andare meno per le spicce, ma ha il sostegno popolare e la Tunisia è uscita dalla primavera araba senza entrare in una guerra civile. Tunisi non è Pyongyang.
Allora che cosa vuole Saied?
Al Fmi preferisce un’interlocuzione bilaterale con l’Italia. Meglio noi anche dell’Europa, visto che l’europarlamento ha approvato una risoluzione contro gli attacchi alla libertà di espressione.
Qualcuno potrebbe essere interessato a frenare questo rapporto bilaterale?
Non conviene a nessuno, se è vero che tutti i Paesi dell’Unione vogliono meno clandestini. Per questo il nostro Governo fa bene a coinvolgere Bruxelles.
Si parla di almeno 2mila migranti recuperati dalla nostra Guardia costiera in acque Sar italiane soltanto negli ultimi tre giorni. Sono tutte operazioni di soccorso?
La nostra Guardia costiera interviene sempre quando ci sono situazioni di pericolo note nella nostra area Sar. Il problema è che ci sobbarchiamo anche gli interventi che sarebbero di competenza altrui, come è successo nelle scorse ore o settimana scorsa con il natante soccorso nella zona Sar di Malta. Gli interventi straordinari sono diventati la prassi. Oppure facciamoli, ma dopo un chiaro accordo con l’Europa che preveda di distribuire negli altri Paesi europei e non solo nei nostri porti i migranti soccorsi. O almeno quelli soccorsi nelle zone Sar non italiane.
C’è da dire che questa nostra iniziativa consente all’Italia di avere il controllo delle operazioni anziché lasciarlo alle Ong.
Questo è vero. La Geo Barents una settimana fa ha abbordato con due gommoni di salvataggio un peschereccio carico di migranti che procedeva autonomamente, non era alla deriva e aveva carburante a sufficienza. Malta e due nostri mercantili lo confermano. Geo Barents ha trasbordato 400 persone con mare forza 5 e le ha portate in acque italiane. L’unico obiettivo delle Ong è continuare a fare ciò che vogliono, dettando le regole.
(Federico Ferraù)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI