“Non puoi multare gli italiani e far sbarcare tutti. Ne ho parlato con Draghi, lo stesso Draghi è perfettamente consapevole che non si può mantenere questo ritmo di sbarchi” ha detto ieri Matteo Salvini. Il leader della Lega teme un allentamento della vigilanza sul dossier migratorio, uno dei punti qualificanti delle politiche del Carroccio. Secondo il cruscotto statistico del Viminale, il 2021 fa registrare un aumento rilevante degli arrivi rispetto ai due anni precedenti: 29.461 arrivi nel periodo 1° gennaio-2 agosto 2021, contro i 14.406 dello stesso periodo 2020 e i 3.920 del 2019 (fig. 1). Nettamente in testa il 2021 anche negli arrivi su base mensile (fig. 2).
“Le strutture sono sovraffollate, creando possibili bombe ad orologeria difficili poi da disinnescare” dice al Sussidiario Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver e Ilgiornale.it, esperto di geopolitica e dossier migratorio. Per Indelicato, Draghi dovrebbe puntare di più sulla politica estera: accordi con Paesi terzi per facilitare i rimpatri e pressione in ambito europeo per nuovi trattati.
È vero, come ha detto Salvini, che al largo delle nostre coste ci sono due navi Ong con 800 migranti che chiedono di sbarcare? Cosa puoi dirci in dettaglio?
Si tratta delle navi Sea Watch 3 e Ocean Viking, rispettivamente appartenenti all’Ong tedesca Sea Watch, quella protagonista del caso Carola Rackete per intenderci, e dell’Ong francese Sos Mediterranée. Nulla di nuovo all’orizzonte. Sono navi che salpano alla volta del Mediterraneo centrale, recuperano migranti a largo delle coste libiche e poi premono per ottenere un porto sicuro, quasi sempre puntando verso l’Italia. Si tratta di un modus operandi piuttosto “collaudato” nel corso degli ultimi anni.
Il ministro Lamorgese come sta gestendo il dossier immigrazione?
Sotto il governo Conte 2, Luciana Lamorgese ha puntato molto sulla solidarietà europea soprattutto in ambito di redistribuzione dei migranti. Una strategia fallita, come ben dimostrato anche dalle mosse del successivo governo Draghi, in cui al contrario si è iniziato a puntare sugli investimenti economici nei Paesi di origine dei flussi migratori.
Non sembra però che le cose stiano andando nel modo giusto.
No, infatti. Prima dell’estate si pensava che una maggiore incisività sul dossier libico avrebbe comportato anche un maggior contrasto alle partenze dalle coste nordafricane. Al momento però i numeri stanno dicendo il contrario. Va detto che la gestione Lamorgese risente anche dei contrasti interni alla maggioranza.
C’è una paralisi decisionale del governo Draghi su questo punto?
Forse parlare di paralisi è eccessivo, ma di certo non è semplice per il presidente del Consiglio tenere unite le diverse anime dell’Esecutivo. Ricordiamoci che nella coalizione convivono il Pd, il cui segretario nei mesi scorsi ha indossato anche la felpa di Open Arms, e la Lega di Matteo Salvini.
Il pull factor è già innescato?
Ci sono diverse opinioni a riguardo. I sociologi dell’immigrazione tendono a escludere sempre la presenza di pull factor e di un qualsiasi fattore di attrazione per giustificare impennate di sbarchi. Ma c’è invece chi sottolinea come l’arrivo di tante navi umanitarie al largo della Libia spesso si dimostri determinante per i trafficanti per mandare in mare i barconi.
Tu cosa pensi?
La verità forse sta nel mezzo. Indubbiamente se dall’altra parte del Mediterraneo notano indecisioni e problematiche nella gestione dell’immigrazione, in tanti sono pronti ad approfittarne.
Quali forme di controllo sanitario vengono esercitate su chi arriva?
I protocolli prevedono misurazioni della temperatura, tamponi e quarantene per chiunque arrivi. Così come l’isolamento per gli eventuali positivi scovati. I problemi sono due: da un lato le strutture preposte ai controlli o alle quarantene si rivelano poco idonee ad ospitare i migranti, dall’altro c’è sempre lo spauracchio di sbarchi fantasma con persone che una volta arrivate fanno perdere le proprie tracce.
Da dove provengono in maggioranza le imbarcazioni?
Le rotte libiche e tunisine sono quelle più gettonate dai migranti. Si parte infatti maggiormente dai porti della Tunisia o della Tripolitania. Ultimamente sta emergendo ancora una volta anche la rotta turca, che porta velieri e barconi direttamente dall’Anatolia verso le coste calabresi o della Sicilia orientale.
Il processo politico in Libia ha modificato i flussi?
Riguardo alla Libia, il problema è capire se questo processo politico sia partito o meno. C’è sì da marzo un nuovo governo, il quale però non ha il controllo della situazione, del territorio e delle milizie ad est e ad ovest di Tripoli. Inoltre il conflitto è ancora latente e le divisioni con l’est del Paese sono ben marcate. È cambiato poco dunque e ovviamente questo ha fatto cambiare poco anche sul fronte migratorio.
E per quanto riguarda la Tunisia?
Sono ancora da decifrare gli effetti dei recenti mutamenti politici provocati dal colpo di mano di Saied. La situazione è instabile e questo potrebbe, nel breve termine, portare nuovi barconi.
Com’è la situazione nei nostri hotspot?
Nelle zone più calde, tra tutte Lampedusa, emergono situazioni delicate. Le strutture sono sovraffollate, creando possibili bombe ad orologeria difficili poi da disinnescare. L’aumento dei flussi migratori certamente non aiuta.
Cosa dovrebbe fare il governo?
Il governo dovrebbe in primo luogo trovare una sintesi tra le sua varie anime interne. Circostanza non certo semplice. Mario Draghi dovrebbe puntare molto sulla politica estera: potenziare gli accordi con Paesi terzi per facilitare i rimpatri e premere per nuovi trattati in ambito europeo potrebbero essere i due elementi base da cui partire.
(Federico Ferraù)
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