La Libia si riconferma il primo hub per le partenze dei migranti verso l’Italia. Le tragiche vicende di questi giorni lo hanno confermato.
Ma dalla Tripolitania alla Cirenaica il Paese è talmente frammentato, senza istituzioni credibili e sottoposto all’influenza di potenze straniere, che riuscire a gestire il fenomeno migratorio diventa un vero rebus. È necessario interloquire anche con la Turchia” dice Michela Mercuri, docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani nell’Università di Padova.
I turchi, infatti, giocano un ruolo di primo piano, sia perché dalle loro coste parte la rotta via mare che conduce all’Italia, sia perché sono presenti, e contano, proprio in Libia. Per capire i flussi migratori, comunque, occorre anche guardare al Sahel e all’Africa subsahariana, alle prese con la carestia dovuta alla crisi del grano causata dalla guerra in Ucraina, ma anche con la siccità. Una situazione che imporrebbe un intervento di largo respiro: “Un Piano Marshall per l’Africa – spiega Mercuri – è difficile e complesso ma indispensabile”.
I nostri servizi segreti parlano di un possibile arrivo di 685mila persone dalla Libia, ora sistemate nei centri di detenzione ma non solo. Una stima credibile, o si tratta semplicemente, come alcuni sostengono, degli stranieri presenti nel Paese e non è detto che tutti siano pronti a imbarcarsi?
Questa cifra corrisponde esattamente al numero di stranieri che sono all’interno del Paese, alcuni lavorano in Libia più o meno regolarmente, ma questo non vuol dire che siano disposti a partire nel caso vi fossero le condizioni. Sicuramente però il tema va visto in un’altra ottica: forse non saranno i migranti presenti nel Paese quelli che partiranno, ma sicuramente la Libia continuerà ad essere un hub importante di migranti provenienti dall’Africa subsahariana o da altre zone e che potrebbero dirigersi verso l’Italia. Quindi i numeri potrebbero essere addirittura maggiori, ma non necessariamente riferibili al numero di presenze attuali di migranti all’interno del Paese.
Il Governo italiano nel Cdm di Cutro ha dichiarato guerra a scafisti e trafficanti e, tra le altre cose, pensa di affrontare il tema migranti con accordi anche economici con i Paesi terzi. Ma in Libia chi è l’interlocutore? Chi apre e chiude i rubinetti dei flussi? Le potenze straniere presenti nel Paese?
Tra le tante strategie del Governo italiano per gestire e controllare i flussi migratori indubbiamente è fondamentale fare accordi con Paesi terzi. Questo è emerso anche dalla linea che è stata teoricamente presa dall’Unione Europea nel vertice del 9 e 10 febbraio. Accordi per i rimpatri, ma anche accordi per controllare congiuntamente le partenze. Il caso libico è particolare perché non c’è un chiaro interlocutore. C’è Dbeibah che si trova nell’Ovest, con cui noi abbiamo anche interloquito, e gruppi di milizie che in qualche modo gestiscono questi flussi.
Poi c’è la Turchia che oltre ad essere punto di partenza delle rotte che via mare conducono in Italia è un attore niente affatto secondario del teatro libico.
Nell’Ovest sicuramente la Turchia è un attore fondamentale con cui è necessario dialogare anche in termini di contenimento e di accordi per i flussi migratori, sia per quanto riguarda le partenze dalla Libia, sia per quanto riguarda le partenze dalla Turchia stessa sulla cosiddetta nuova rotta orientale che ha visto la strage di Cutro.
Ma in Libia arrivano per imbarcarsi anche molti egiziani.
Per quanto riguarda l’Est della Libia, credo che sia fondamentale risolvere anche la questione con l’Egitto. Dai dati del Viminale risulta che molti egiziani rispetto agli altri anni stanno partendo dal Paese, tant’è che Tajani ha parlato recentemente con Al Sisi anche di questioni migratorie: dall’Egitto stanno partendo molti migranti anche a causa della carestia dovuta alla mancanza di grano causata dalla guerra in Ucraina.
Qual è, invece, il ruolo svolto da Haftar?
Gli interlocutori con cui dovremmo parlare sono molti, anche quelli dell’Est libico, perché ci sono molte partenze dalla Cirenaica. Come Khalifa Haftar, che in qualche modo potrebbe aver aperto i rubinetti per avere dall’Italia più motovedette e maggiore attenzione a livello istituzionale ed essere considerato anche lui un interlocutore della Libia. Gli attori con cui parlare in Libia sono molti perché il teatro è estremamente destabilizzato.
Nell’ultima settimana sono aumentate le partenze di migranti dal Nordafrica ed esponenti del Governo come Crosetto sostengono che dietro questi arrivi c’è la compagnia russa Wagner. Ma quanto è presente la Wagner in Libia e che ruolo svolge?
La Wagner, in questo momento, è presente in molti Paesi del Nordafrica e dell’Africa subsahariana: Libia, Sudan, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Congo, Mali, sono tutti Paesi in cui si è fatta più forte e anche estesa numericamente la presenza della Wagner, perché comunque il Cremlino per cercare di limitare in qualche modo l’influenza occidentale nel continente africano usa questi uomini, anche se in molti casi continua a negare la presenza di mercenari.
Quanti sono in Libia e chi appoggiano?
In Libia ci sarebbero 2mila miliziani della Wagner, ormai da tempo, almeno tre o quattro anni, schierati a fianco del cosiddetto uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar, uomini che hanno in qualche modo supportato il Governo russo a stabilizzarsi in queste zone, anche attraverso basi strategiche e quant’altro. È possibile che i Wagner abbiano intessuto rapporti con alcuni miliziani anche dell’Est libico.
Ma qual è allora il fattore davvero scatenante delle ultime partenze?
Credo che l’aumento delle partenze dalle coste della Cirenaica sia addebitabile anche ad altri fattori, sicuramente la carestia alimentare in Egitto, dovuta alla scarsità di grano in seguito alla guerra in Ucraina, di cui l’Egitto si nutriva per il 90% anche attraverso sussidi statali: questo ha portato molti egiziani a decidere di partire. I dati del Viminale lo confermano: più di 800 egiziani sono partiti, molti dalle coste della Cirenaica, dal primo gennaio di quest’anno. E soprattutto c’è il fattore Haftar, che in qualche modo, cercando maggiore attenzione e maggiori finanziamenti dalla comunità internazionale potrebbe aver deciso di darci un avvertimento sotto forma di flussi migratori.
Quando si parla di migranti il primo pensiero va sempre alla Libia, ma molti di loro, pur transitando da lì, arrivano dal Sahel, dall’Africa sub sahariana: serve una strategia anche nei confronti di questi Paesi?
Guardare quello che succede in Libia ma non quello che succede nei Paesi di partenza vuol dire guardare il dito ma non la luna e questo è un errore nel quale siamo incappati da tanti, tanti anni. Ora bisogna attuare un notevole cambio di prospettiva, e guardare al Sahel e all’Africa subsahariana, a Paesi che stanno risentendo drammaticamente della crisi alimentare dovuta sempre alla crisi del grano ucraino e russo, di cui molti si nutrono quasi in via esclusiva, ma dovuta anche alla siccità. Per loro ci vorrebbe un “Piano Marshall”.
La siccità, quindi, è un altro fattore che incide molto?
In questo momento in molti Paesi dell’Africa subsahariana l’80% del bestiame è andato perso a causa della siccità. Ci sono delle cause strutturali delle migrazioni di cui dobbiamo tenere conto, che vanno molto al di là di quello che accade in Libia.
L’allarme migranti, comunque, non riguarda solo Libia ed Egitto.
Dobbiamo guardare con molta attenzione a quello che accade in Tunisia: sarà probabilmente il Paese da cui arriveranno più persone sulle coste italiane nei prossimi mesi. Secondo i dati del Viminale, su 20mila sbarchi 1300 persone sono arrivate dalla Tunisia. E questo è un record rispetto allo scorso anno: c’è stato un aumento del 700% degli sbarchi dalla Tunisia. Molti non sono conteggiati nelle stime del Viminale perché sono sbarchi fantasma, che non vengono intercettati. Ci sarebbero centinaia di sbarchi fantasma ogni giorno sulle coste siciliane, di barche provenienti dalla Tunisia.
I tunisini, poi, vogliono allontanare dal loro Paese gli immigrati sub sahariani.
Le prospettive non sono delle migliori vista la stretta del Governo tunisino soprattutto per quanto riguarda i migranti subsahariani presenti nel Paese. Il Governo tunisino sta attuando una vera e propria caccia nei confronti dei subsahariani. Ce ne sarebbero 20mila all’interno del Paese che potrebbero decidere di fuggire verso l’Italia, viste appunto le condizioni in cui sono stati messi dal Governo tunisino.
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