La tensione in Niger è palpabile. L’Ecowas ha chiesto il ritorno all’ordine dopo un colpo di Stato, minacciando l’uso della forza. Tuttavia, bisogna constatare che l’intervento militare non sembra imminente; anzi, molto probabilmente non ci sarà, come danno per scontato fonti locali nigerine.

Tre giorni fa il Mali e il Burkina Faso hanno inviato una delegazione a Niamey, a sancire il sostegno al Niger, ora alleato. I militari nigerini hanno chiuso lo spazio aereo e accusato la Francia, mettendo in guardia l’Ecowas da interferenze. Gli Stati Uniti hanno inviato la vice segretaria di Stato, Victoria Nuland, a Niamey, ma senza successo. La giunta militare ne ha impedito l’incontro con il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, per escludere che lo scenario possa tornare facilmente allo stato precedente al golpe.



Nel frattempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato: “Attualmente non sono evidenti particolari rischi per l’incolumità degli italiani presenti nel Paese, civili e militari. La Difesa e la Farnesina stanno lavorando in stretta sinergia per garantire la sicurezza dei connazionali e dei circa 300 militari impiegati nel teatro operativo nigerino nell’ambito della missione europea Eumpm (Eu Military Partnership Mission in Niger) e della Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin)”.



Questa dichiarazione è arrivata in un momento importante, ovvero dopo una comunicazione del Niger che “non vede gli italiani come ostili”. “È un colpo di Stato anomalo” ha precisato sempre il ministro Crosetto, “non si capisce bene se la parte militare abbia aderito per convinzione o abbia aderito per evitare che potesse succedere una guerra civile. Ci sono ancora troppi elementi da giudicare per muoversi. In quella parte dell’Africa non possiamo permetterci altri terremoti”. Una strategia di comunicazione per far capire che il contingente militare in loco non si muoverà. Scelta condivisa dagli Usa, che hanno fatto comprendere alla Francia quanto sbagli a minacciare interventi militari che nessuno, nel contesto, potrebbe gestire con successo.



Da sottolineare anche la dichiarazione congiunta di Crosetto e Tajani che hanno frenato su una possibile azione militare: “L’unica via è quella diplomatica. Verremmo visti come colonizzatori” e aggiunto: “non sono a noi ostili”. Un segnale forte alla Francia – Parigi ha fatto pressione sull’Ecowas e minacciato d’intervenire direttamente – dagli Usa  e soprattutto dall’Italia.

Gli Usa hanno garantito appoggio all’Italia come nuovo partner nella regione. L’Italia infatti non ha uno “status coloniale” dal 1945 e soprattutto in Africa sta tentando di costruire le basi per il “Piano Mattei” che verrà presentato a ottobre. Mosca, che è dietro alle mosse nigerine, preferirebbe riallacciare i rapporti con l’Italia, uno Stato pontiere e garante degli equilibri nell’area. Una soluzione che a Washington non dispiace (fonti fanno sapere che la Meloni ha parlato con Biden anche di questo scenario).

Il posizionamento geostrategico italiano è testimoniato da queste poche ma significative uscite dei nostri ministri, che indicano un “cambio di interlocutore” in Africa Occidentale. L’Occidente si sta dimostrando diviso sul Niger, e lo sarebbe ancor di più se la situazione dovesse aggravarsi. Motivo per cui l’Italia deve cogliere l’opportunità di svolgere un ruolo chiave, monitorando gli sviluppi e facilitando il dialogo. La stabilità della regione potrebbe dipendere da una gestione delicata e coordinata di questa crisi. La situazione richiede un’azione decisa e consapevole, con un occhio attento alle dinamiche regionali e alle sensibilità dei Paesi vicini.

Oltre alla ramificazione del Piano Mattei in Africa Occidentale (Eni è presente in Nigeria, ad esempio) e nella relativa porzione di oceano, ricca di risorse primarie per la nostra economia, l’Italia potrebbe finalmente controllare i flussi migratori che partono da quegli Stati e raggiungono le coste della Libia. Una presenza di polizia militare sarebbe accettata, ammettono fonti locali anonime, appunto perché non si tratterebbe della Francia, che in zona pare ormai aver esaurito tutte le proprie carte.

L’interesse italiano sarebbe accettato da russi ed americani, che avrebbero un nuovo hub di scambio energetico e commerciale, gestito insieme allo Stato nigerino (che potrebbe battere propria moneta, riavere le miniere di uranio e rinegoziare le proprie risorse in cambio di infrastrutture strategiche civili). La giunta golpista chiede un corso nuovo e nuovi partner e l’Italia ha le caratteristiche per ambire al ruolo. L’alternativa è perdere completamente questa porzione d’Africa che finirebbe in mano russa (e poi cinese), visto che gli Usa non utilizzerebbero mai la forza, per evitare lo scontro diretto con Pechino e Mosca. Per l’Italia è venuto il momento di costruire con prudenza il proprio interesse nazionale.

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