Si fa un gran parlare dei presunti ritardi del nostro Paese per quanto riguarda il Pnrr. Gli attacchi al Governo e al ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, sono ormai quasi quotidiani. Il ministro da mesi cerca di spiegare come il nostro Paese non sia affatto più in ritardo rispetto ad altri Paesi, anzi. Ma le opposizioni accusano il Governo di non essere in grado di spendere i soldi e di non voler ammettere la scarsa efficienza nel gestire il Piano. Spesso i media e le opposizioni, come raffronto alla situazione italiana, citano come esempio da seguire quello della Spagna, che sarebbe avanti rispetto a noi. Ma è davvero così?



Se si analizza bene la situazione spagnola, la risposta è assolutamente no. Partendo dal presupposto doveroso che i fondi ottenuti dal Paese iberico sono comunque poco meno della metà di quelli richiesti e ottenuti dal nostro, cosa che non può non influire sulla gestione e sulla messa a terra dei fondi in tempi comunque assai stretti, i ritardi nella spesa dei fondi del Pnrr in Spagna sembrano evidenti, al di là della situazione politica contingente, che dopo le elezioni ha lasciato una situazione di sostanziale stallo per la formazione di un nuovo Governo.



Lo Stato spagnolo ha speso solo poco più di 8,4 miliardi dei 31 che gli spettano dai fondi Next Generation Eu. Si tratta di poco più del 27% dell’allocazione, circa un quarto. Secondo alcuni economisti, la Spagna avrà bisogno di altri due o tre anni per utilizzare i fondi Ngeu e fare in modo che il loro impatto sull’economia sia trasformativo e si sviluppino grandi investimenti.

I ritardi nella gestione lasciano sospesi grandi progetti e investimenti. In altre parole, l’agenda limite fissata a suo tempo dalla Commissione europea, nel 2026, sembra insufficiente. Per l’economista Javier Santacruz, “ha senso che l’impiego dei fondi si estenda almeno fino al 2029, soprattutto per l’industria automobilistica, navale e dei microchip”. Per Ángel de la Fuente, direttore della Foundation for Applied Economics Studies (Fedea), la Spagna avrebbe bisogno di “un paio d’anni e, naturalmente, uno”, a detta di tutti. Secondo l’economista, il suo Paese, a oggi, deve fare i conti “con procedure eccessive, problemi con le PMI, scadenze strette, problemi con garanzie e restrizioni eccessive. I Progetti di riattivazione per la ripresa e la trasformazione economica (Perte) vengono alla luce con limiti per il loro sviluppo e la sensazione generale è che ci sia molto denaro da distribuire e, d’altra parte, i criteri di distribuzione non siano all’altezza del compito. Tutto questo tenendo conto che è molto difficile individuare i fabbisogni del tessuto produttivo e abbinarli a una pioggia di milioni che ha obiettivi ben precisi”.



Insomma, se non è una sonora bocciatura per il Governo Sanchez, poco ci manca. Anche il mondo delle imprese appare abbastanza critico in merito all’efficienza nella gestione dei fondi del Piano. “La frustrazione è stata significativa all’inizio, quando le società hanno scoperto che i fondi arrivavano in ritardo”, spiega Jose Andrè Reverte, imprenditore e Presidente dell’associazione degli industriali di Saragozza, capoluogo dell’Aragona. Come spiega a El Mundo, i progetti che riguardano la sua azienda, come quelle di altri imprenditori della zona, con fondi Ue o con mezzi propri delle aziende “sono stati lanciati”. Sono azioni strategiche e in un modo o nell’altro hanno visto la luce e stanno avanzando nel loro sviluppo. “Che poi arrivino soldi dall’Europa, ben venga, ma non possiamo rinunciare a dare impulso all’attività e alla crescita”, sottolinea l’imprenditore, attivo nel business delle energie rinnovabili.

Così le aziende mantengono i loro progetti di investimento, che nella maggior parte dei casi comportano la loro riconversione a un mercato sempre più esigente e tecnologico. E con clienti alla ricerca di soluzioni quasi su misura per le loro esigenze di beni e servizi. Ecco perché l’imbuto nell’arrivo dei fondi Ngeu genera in una certa misura delusione tra le aziende. Soprattutto perché, al di là dei fondi erogati, ci sono molti soldi previsti, impegnati e assegnati che però non sono confluiti a valle, secondo Eurostat. Lo schema di distribuzione degli aiuti semina molti dubbi. Da un lato, le aziende si interrogano se i fondi arrivano con l’agilità richiesta dal complesso scenario economico e, dall’altro, cresce l’incertezza sulla loro forza trainante.

In questo senso, il ministro dell’Industria, del Commercio e del Turismo, Héctor Gómez, ha confermato una ventina di giorni fa che il Governo spagnolo mantiene l’obiettivo di lanciare il secondo bando per il Perte del Vehículo Eléctrico y Conectado (Vec) a giugno, ma le elezioni del 23 luglio hanno per ora bloccato il bando. “Il bando continuerà, anche senza Governo”, ha detto Gómez in una conferenza stampa tenutasi a Madrid la settimana scorsa, nella quale ha ricordato che si sta lavorando per lanciarla con due linee: una per le batterie e un’altra per i singoli progetti con un impatto sulla catena del valore dei veicoli elettrici. La Commissione europea ha infatti già autorizzato 837 milioni di euro per la prima linea e il Governo confida in una risposta “favorevole” per la seconda. Inoltre, Gómez ha assicurato di essere “in contatto permanente con il settore” per avanzare in aree come i punti di ricarica e che questo lavoro non si è fermato nonostante le elezioni.

Un altro problema legato al rialzo dei tassi di interesse, però, sembra interessare il Paese iberico, al contrario del nostro in merito ai fondi a prestito erogati dall’Ue. La Spagna, infatti, avrebbe preferito attendere prima di accedere ai prestiti, guardando solo in un primo momento a quelli a fondo perduto, al contrario dell’Italia. Il percorso al rialzo seguito dai tassi di interesse, seguendo la politica fissata dalla Banca centrale europea, si riflette nella decisione della Spagna di rinviare la domanda di crediti Ngeu. Qualcosa che si tradurrà in un aumento del costo dei prestiti per le imprese, raddoppiato rispetto alla prima metà del 2022.

Fonti governative stimano che per giugno il tasso di interesse applicato ai prestiti Ngeu sarà del 3%, il che significa raddoppiare il rapporto applicato alla prima erogazione dei prestiti ricevuti da Grecia e Italia ad aprile 2022 o dal Portogallo a maggio 2022. Pertanto, l’erogazione dei crediti Ngeu alla Spagna avrà un costo maggiore per non averli preventivamente richiesti.

Considerando, inoltre, che i crediti concessi alle imprese implicano ulteriori 100 punti base per assumere il rischio di eventuali inadempienze, si raggiungerebbe un tasso del 4%, che potrebbe ridurre l’interesse delle imprese ad accedere a tali finanziamenti o renderli accettabili solo per le grandi. Tra l’altro, Bruxelles non ha ancora ricevuto l’addendum al Recovery plan attraverso cui la Spagna intende accedere a 84 miliardi di euro di crediti agevolati.

Insomma, come al solito il vezzo della sinistra di ispirarsi ad altri Paesi, per poter criticare il Governo, in questo caso, oltre che poco utile e vantaggioso per lo scopo, rischia di essere come un clamoroso autogol.

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