Nel disinteresse generale dei media italiani c’è un paese europeo davvero a rischio di scontro civile: la Polonia. La situazione non si è infatti normalizzata dopo il voto di ottobre e la tensione è salita ulteriormente la scorsa settimana quando il nuovo governo filo-europeo di Donald Tusk (a capo di una unione abbastanza eterogenea di numerosi piccoli partiti di centro e di sinistra) ha cambiato d’imperio tutti i vertici della radiotelevisione pubblica, accusati di “tifare” per il partito di destra Diritto e Libertà (PiS) precedentemente al governo.
Il movimento di Jaroslaw Kaczynski era infatti uscito come primo partito dalle elezioni del 13 ottobre con il 35,4% dei voti, ma, rimasto senza alleati al centro, non era riuscito a formare un governo, passando così dopo otto anni all’opposizione.
La tensione è alta anche perché il presidente della repubblica, Andrzej Duda, è notoriamente espressione di Diritto e Libertà e si è messo di traverso a diverse scelte del nuovo governo.
Oltre alla sostituzione dei vertici tv (di fatto ora ci sono due redazioni ed opposti dirigenti che si fronteggiano nello stesso palazzo) nuova tensione si è aggiunta per l’arresto martedì di due deputati di opposizione (dunque del PiS) all’interno stesso del palazzo presidenziale dove si erano rifugiati, impedendo di fatto a Duda di rientrarvi per opporsi alla polizia.
Gli stessi deputati erano stati graziati dal presidente nel 2015, ma per una decisione della magistratura della scorsa settimana la loro grazia era stata dichiarata illegittima perché concessa dal presidente prima di un verdetto definitivo.
Il procedimento giudiziario era ripreso alcune settimane fa e subito dopo la sentenza di lunedì scorso lo speaker parlamentare Szymon Hołownia (del partito di centro Polonia 2050, ora al governo) ha revocato i mandati dei due deputati.
Il giorno successivo, Duda li ha ricevuti nel Palazzo presidenziale per proteggerli dall’arresto, il che non ha impedito alla polizia di entrare nell’edificio martedì sera per portare i due alla prigione nel quartiere Grochów di Varsavia. I media polacchi hanno riferito che la polizia ha circondato il palazzo per tutto il giorno e ha atteso un segnale dal Servizio di Protezione dello Stato (SOP) quando il presidente ha lasciato l’edificio. Il portavoce del presidente Duda ha definito l’intervento della polizia “una violazione di tutte le regole, di tutte le norme”, a cui “il presidente non acconsentirà”.
A complicare le cose la decisione salomonica della Corte Costituzionale che ha dichiarato che il nuovo governo ha sì il diritto di cambiare i vertici tv, ma non in questo modo, di fatto non legittimando il subentro dei nuovi dirigenti.
La tensione ha subito coinvolto la piazza: a Varsavia giovedì scorso ci sono state imponenti proteste organizzate dall’opposizione che hanno “occupato” la piazza davanti al parlamento.
Una situazione di grande tensione che sta portando anche ad una crisi economica per l’aperta diffidenza dei mercati internazionali dopo l’ondata di acquisti sugli asset della Polonia, iniziata con la vittoria di Tusk alle elezioni di ottobre, che aveva dato fiato all’economia e al debito pubblico polacco. Gli investitori che avevano “scommesso” su riforme polacche in senso europeo (con un aumento del 16% dei titoli in borsa) stanno ora diventando molto prudenti, con conseguenze anche sul cambio euro-zloty, la moneta polacca, visto che Varsavia non fa parte dell’area euro.
La situazione sta infatti rallentando anche la possibilità polacca di accedere agli aiuti Ue, congelati da Bruxelles proprio a causa della presunta violazione dello stato di diritto operata dai conservatori euroscettici al governo prima di ottobre.
Intanto il governatore della Banca centrale, Adam Glapinski, amico fidato di Kaczynski, sta resistendo agli attacchi – forte di un mandato che scadrà nel 2026 – chiedendo addirittura ora aiuto alla Banca centrale europea per sostenere la valuta polacca. Va ricordato che la banca centrale aveva assecondato il governo uscente fino a tagliare drasticamente i tassi di interesse in piena campagna elettorale per tentare di dare slancio all’economia, in controtendenza rispetto al mondo intero e senza tenere conto dell’inflazione ancora sopra il 10%.
A respingere l’iniziativa del Parlamento, che intendeva indagare sulla condotta del governatore della Banca centrale “asservita alla politica della destra”, secondo Tusk è stata però ancora una volta la Corte Costituzionale, composta in maggioranza da giudici nominati dal passato governo a cominciare dalla presidente, Julia Przylebska.
“Sta diventando sempre più chiaro che il rischio politico regnerà sovrano in Polonia nel prossimo futuro”, afferma intanto Tatha Ghose, economista senior dei mercati emergenti alla Commerzbank a Londra. “E i mercati – ha aggiunto – non hanno ancora adeguatamente scontato i rischi”.
In base a un accordo con la Ue, il nuovo governo Tusk deve – entro fine febbraio – modificare le norme polacche per ridare indipendenza alla magistratura e ottenere così il via libera agli aiuti europei per quasi 60 miliardi di euro. Una indipendenza che per l’opposizione è solo “normalizzazione politica”, ma intanto la tensione aumenta, mettendo a rischio la credibilità di Varsavia.
L’ex premier della destra Mateusz Morawiecki, ora all’opposizione, ha denunciato “una spaventosa svolta negli eventi” chiedendo, paradossalmente, proprio a Bruxelles di intervenire a difesa delle istituzioni democratiche.
L’attuale presidente della Camera, il centrista Szymon Holownia, ha parlato di “profonda crisi costituzionale”.
Stupisce che di questa situazione – più da repubblica sudamericana che da Paese europeo – da noi non parli quasi nessuno. Eppure anche la Polonia andrà al voto a giugno contemporaneamente all’Italia.
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