Il nuovo Governo polacco presieduto da Donald Tusk, pur insediato da poco più di un mese, sta rivoluzionando non solo la scena politica, ma l’intero quadro istituzionale del Paese. Marco Zacchera nel suo recente articolo sul Sussidiario elenca i molteplici punti di scontro non solo, ovviamente, con l’opposizione, ma anche con il presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale. Sembrerebbe un tentativo di far tabula rasa di tutto ciò che riguarda il precedente Governo, che sta probabilmente generando qualche perplessità anche in chi criticava il PiS, il precedente partito al governo, proprio per il suo autoritarismo.
Anche la Chiesa cattolica è finita sotto il tiro, accusata da Tusk di essersi scollegata dalla società polacca per asservirsi al PiS, giungendo a definire una parte del clero, vescovi compresi, come dei “funzionari governativi”. Tusk si dichiara cattolico e sostiene che proprio perché cattolico vuole difendere la Chiesa da se stessa e per questa ragione vuole attuare a livello istituzionale la separazione tra Chiesa e Stato.
A questo fine, uno dei primi obiettivi è la revisione del finanziamento statale alla Chiesa, che rappresenta peraltro un risarcimento per le confische attuate a suo tempo dal regime comunista. Un altro aspetto su cui è intenzionato a intervenire è l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ricordando che quando era giovane l’insegnamento religioso avveniva nelle parrocchie. Su questi punti ha il consenso degli altri partiti della coalizione di governo, non solo della Sinistra, ma anche di Terza Via, che è risultato terzo nelle elezioni con il 14,4% dei voti, dietro alla Coalizione Civica di Tusk (30,7%) e il più votato PiS (35,4%).
Le reazioni ufficiali dell’episcopato polacco sono per il momento molto caute e dirette a evitare scontri con il Governo, ma è da vedere se questo atteggiamento potrà continuare quando Tusk darà attuazione ad altri punti critici del suo programma. Si tratta della volontà di togliere i pesanti divieti e ostacoli posti dal precedente Governo a questioni come le unioni civili tra omosessuali, i diritti LGBT, la contraccezione, la fecondazione in vitro e l’aborto, che verrebbe consentito fino alla 12esima settimana di vita del feto. A questo proposito, il PiS veniva accusato di fare gli interessi della Chiesa e non del popolo polacco, in particolare delle donne.
Donald Tusk ha affermato che con queste iniziative non vuole dare inizio a una “guerra culturale” nel Paese. In effetti, sottostante a queste iniziative, accanto a fattori decisamente culturali, vi sono altrettanto importanti fattori finanziari. La riduzione dei fondi alla Chiesa o per l’insegnamento della religione nelle scuole porta non insignificanti benefici alle casse dello Stato. La riduzione o eliminazione degli ostacoli ad aborto, LGBT e via dicendo è una richiesta dell’Unione Europea per liberare i sostanziosi contributi bloccati da Bruxelles.
Tuttavia, rimane un po’ sorprendente la fretta con cui Tusk sta attuando il suo programma, incurante dei conflitti a livello istituzionale e delle divisioni nella società polacca, che potrebbero portare a scontri di piazza. Come detto prima, una ragione potrebbe essere data dal desiderio di avere al più presto i finanziamenti europei. Un altro motivo potrebbe essere mettere la sua stessa coalizione di fronte a fatti compiuti, forse non sicuro che tutte le sue iniziative siano approvate dagli altri partiti alleati.
Tuttavia, almeno visto dall’esterno, sarebbe consigliabile una maggiore prudenza, essendo la Polonia uno degli Stati più direttamente esposti alle conseguenze dell’attacco della Russia all’Ucraina. E sarebbe forse opportuno un intervento dei suoi ex colleghi di Bruxelles per aiutarlo a portare avanti il suo programma, senza dubbio da loro pienamente approvato, con minori rischi di implosione.
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