Dichiarazioni destinate a far discutere, quelle rilasciate dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel programma su Nove “Accordi e Disaccordi“. Nel momento in cui la magistratura è scossa dagli scandali legati al caso Palamara, il guardasigilli ha affermato di ritenere Matteo Salvini responsabile della crisi. Secondo Bonafede il Governo gialloverde caduto in estate aveva in cantiere una profonda riforma del Consiglio superiore della Magistratura che Bonafede ha portato avanti anche in questo esecutivo con grande forza. Bonafede ha infatti affermato come la riforma sia più che mai necessaria affinché il Governo possa dare una risposta forte e immediata a quello che lui ha definito come un “vero e proprio terremoto” che ha travolto la magistratura italiana, relativamente al noto scandalo sulle nomine. Parole forti che sembrano però uno scarico di responsabilità, anche se Bonafede si è detto certo che l’inaffidabilità politica di Salvini abbia rallentato enormemente il cammino della riforma.



BONAFEDE TORNA SULLA POLEMICA CON DI MATTEO

Bonafede ha rivolto accuse abbastanza circostanziate a Savini: “Matteo Salvini adesso fa le dirette, ma l’anno scorso era al governo, l’anno scorso in questo periodo c’era già un progetto di riforma del Csm. Se poi però decidi di far cadere il governo, poi ti lamenti un anno dopo soltanto perché c’è l’intercettazione che ti riguarda… Quando fai cadere un governo ti prendi anche questa responsabilità: blocchi progetti di riforma che sono fondamentali per gli italiani”. Nella puntata di Accordi e Disaccordi su Nove, nello show condotto da Luca Sommi e Andrea Scanzi, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è tornato inoltre sulla polemica con il procuratore Nino Di Matteo che sarà sentito in commissione Antimafia, come deciso ieri dal Consiglio di presidenza di Palazzo San Macuto per discutere della mancata nomina a capo del Dap nel giugno 2018. Di Matteo aveva lanciato accuse molto pesanti, sostenendo che la sua mancata nomina dal Dap sarebbe legata al fatto di essere un nome sgradito ai boss della criminalità organizzata, una accusa neanche troppo velata di collusione tra il Governo e i mafiosi.



 

 

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