Caro direttore, confesso che quando canali televisivi o radio stranieri mi chiedono reportage o commenti sulla situazione di Roma, mi assale una vergogna improvvisa, dovuta sopratutto all’obbligo di riferire una situazione che non ho mai vissuto in 40 anni di frequentazione, anche se non continuata, della gloriosa “città eterna”. Che, da buon milanese, oltretutto da 4 generazioni (caso raro), ho imparato ad amare anche se conscio dei suoi difetti che però, la mia vita vagabonda in giro per il mondo, mi hanno fatto sopportare pure perché la città perfetta e ideale non esiste… o almeno, non nella realtà, ma solo nei dipinti. Solo che ora, come reciterebbe uno strafalcione di un famoso politico democristiano anni ’60, sì è veramente raggiunto “il vertice della bassezza”.



Non ho mai, dico mai, sofferto tanto nel vivere quella che dovrebbe essere una città unica al mondo, ma che ormai mi ricorda tanto le passeggiate tra le strade di Calcutta come un itinerario quasi mistico, anche se un po’ lo è la atmosfera di questa metropoli indiana. E la questione non riguarda solo la proverbiale vicenda dei rifiuti, ma anche le altre due caratteristiche della Roma odierna, anch’esse presenti da anni, che appaiono quasi quotidianamente, o almeno se uno usa l’auto o i mezzi di trasporto: le strade, ormai ridotte per le buche a percorsi degni della Parigi-Dakar (ma forse meno impegnativi) o a sedi ideali per un open golfistico e l’inefficienza e la distruzione dei mezzi pubblici, dei quali si celebra il rogo dell’autobus numero 21 dall’inizio dell’anno.



Gettare la croce sulla sindaca 5 stelle Virginia Raggi è ormai diventato uno sport nazionale, come sparare sulla Croce Rossa, ma, sebbene sia innegabile che gran parte dei problemi siano stati ereditati, pure lei ci ha messo del suo con un immobilismo che pare essere la caratteristica principale del suo (?) movimento quando passa dall’opposizione al potere: e difatti nelle città in cui ha governato non ha certo brillato come una stella, costretto sempre ad abbandonare dopo periodi di classica inazione.

Che il Movimento 5 Stelle sia alfiere della politica del No lo dimostra pure Torino, dove nel giro di poco tempo son sparite sia le Olimpiadi invernali che il classico (me lo ricordo fin da bambino) Salone dell’Auto. Per non parlare del quesito Tav sì-Tav no, sul quale però da anni l’Italia intera si è arrovellata, come su altre problematiche nazionali che ormai sono entrate nella leggenda, leggasi Alitalia e Ilva. Alla base di tutto c’è un problema che è più vecchio della fondazione del Movimento citato e che, se non risolto, rischia di trasformare l’Italietta odierna in un Paese popolato da eterne questioni irrisolte. Ed è quello della totale mancanza di un Sistema-Paese in grado di proporre piani di sviluppo concreti e di metterli in pratica a difesa di un’economia che, con l’avvento della globalizzazione, rischia (anzi ci ha già portato) a essere una colonia.



Manca un dialogo concreto in grado di svilupparci e quindi mentre le parti in causa (che si sono scambiate i ruoli tra opposizione e potere) continuano ad accusarsi reciprocamente invece di instaurare dialoghi finalmente costruttivi sulla soluzione di gravissime problematiche ormai non più procrastinabili, si assisterà, come capita da molti anni, a una serie di riunioni, convegni, simposi sulle questioni assimilabili più a giochi di società che a occasioni per costruire qualcosa.

Tornando alla nostra problematica principale, quella dell’immondizia romana, sono più di 20 anni che si discute sul termovalorizzatore questo sconosciuto, dimenticandosi che, mentre se ne parla a Roma, la tecnologia ha fatto progressi tali che ormai in molte città del mondo queste attrezzature “infernali”, oltre a produrre energia dai rifiuti, sono diventate talmente sicure da ospitare attività sopra di esse come una discoteca molto famosa a Barcellona o una pista di sci artificiale a Copenhagen. E noi che si fa? Si radunano tonnellate di rifiuti e si spediscono in altri Paesi che, credo, siano ancora allibiti dalla dabbenaggine nostrana di inviargli materiale per trasformarlo in energia (loro) pagando cifre folli (si parla di 50 milioni di euro per l’intera operazione).

E questo dopo riunioni fiume in cui i contendenti (mettiamoci pure il ministro dell’Ambiente) hanno atteso tanto tempo prima di pensare sul da farsi: è dal mese di marzo che la situazione è critica, tanto da attirare specie animali per le strade della Capitale (penso solo ai cinghiali sulla Cassia) per via di tanta abbondanza di cibo disponibile per i loro robusti appetiti.

Solo ora si comincia a capire dove portano certe “apolitiche” nostrane, visto che i media cominciano a occuparsi seriamente della penetrazioni di altri Paesi che ormai approfittano della nostra debolezza dovuta a questo “indecisionismo” colossale. Perché tutte le problematiche poi si trasformano in un boomerang che soffoca ancora di più la nostra debole economia: si pensi a quanto abbiano giovato le questioni spazzatura-strade a buche-mezzi pubblici romane a quello che è diventato un pilastro della nostra economia come il turismo. Una bella immagine sicuramente e che purtroppo non si limita alla sola Capitale, ma investe anche altre ricchezze che il Buon Dio ci ha regalato e che spesso, da sole, farebbero la fortuna di intere nazioni in grado di usare intelligentemente le risorse disponibili. Una domanda: ma non è che il Padre Nostro, per controbilanciare siffatte ricchezze, abbia messo gli italiani a vivere nel Paradisiaco stivale?