Dopo Francia e Gran Bretagna anche la Germania ha annunciato la fine della sua partecipazione nella missione delle Nazioni Unite nel Mali. Il ritiro completo sarà comunque lento ed è previsto per il maggio del 2024. Il Paese africano, in mano a un regime militare dopo l’ultimo di numerosi colpi di Stato, appare sempre più abbandonato a se stesso e facile preda dell’infiltrazione russa, ma ancora di più, come ci ha detto in questa intervista Marco Di Liddoresponsabile dell’Area geopolitica e analista responsabile del Desk Africa e del Desk Russia e Balcani del Cesi (Centro Studi Internazionali), “dei miliziani jihadisti, che le varie missioni europee non solo non hanno sconfitto, ma che hanno lasciato crescere”.



La presenza russa, ci ha detto ancora Di Liddo, “è drasticamente diminuita negli ultimi mesi, perché gli appartenenti al gruppo Wagner, presenti qui e in altre zone del Centro Africa, sono stati quasi tutti richiamati in patria per essere inviati sul fronte ucraino”.

Anche la Germania si tira fuori dal Mali. Già da tempo la Russia stava entrando nel Paese: questo ritiro consentirà a Mosca un maggiore spazio di penetrazione?



In realtà gli appartenenti alla Wagner, che la Russia usa per operazioni di questo tipo, sono stati quasi tutti richiamati per combattere in Ucraina. La presenza russa è in diminuzione, addirittura ridotta all’osso.

Nei giorni scorsi i Paesi del Sahel hanno lanciato una nuova iniziativa per combattere il terrorismo jihadista nella regione, ma il Mali non vi ha partecipato. Come si spiega questa assenza?

I due Paesi che si trovano al centro del Sahel, Burkina Faso e appunto Mali, sono governati da regimi militari. A causa di questa loro natura, non sono riconosciuti da altri partner africani e internazionali. Se non c’è un riconoscimento e ci sono invece relazioni politiche problematiche, è impossibile mandare avanti iniziative sovranazionali, come quella da lei citata. Per questo non vengono invitati e non possono agire nel riconoscimento di queste organizzazioni.



Quindi sono Paesi condannati all’isolamento?

Il ritiro delle forze occidentali a cui stiamo assistendo è una diretta conseguenza del colpo di Stato in Mali: on riconoscendo quella giunta militare, non si possono mandare avanti quelle missioni. Provocherebbero un cortocircuito che legittimerebbe quei regimi. Ci sono già decine di iniziative per combattere il terrorismo, tra cui il G5 (ne fanno parte Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad, nda), ma al di là delle intenzioni gli eserciti coinvolti non hanno una capacità tale da combattere la minaccia da soli.

La Russia si era infilata in questo quadro?

Il ritiro europeo può essere parzialmente coperto dai russi, che usano una strategia diversa, tesa a proteggere singole sacche di potere e siti sensibili piuttosto che sconfiggere la minaccia nella sua interezza. Ma come dicevamo, la presenza numerica dei russi oggi è fortemente ridimensionata.

Che scenario si prefigura allora?

Uno potrebbe essere che l’esercito del Mali, completamente slegato da qualsiasi supporto occidentale o straniero, lanci una campagna massiccia indiscriminata verso le popolazioni delle aree ribelli, facendo terra bruciata.

L’altro?

Approfittando di questa situazione, le milizie jihadiste potrebbero lanciare una nuova offensiva in profondità.

Questo sembra essere il pericolo maggiore?

Assolutamente sì. Tanto la missione europea quanto la Francia a livello individuale e l’avventurismo russo non hanno prodotto significativi cambiamenti. Anzi, dopo il 2013, anno della prima missione francese, il numero di miliziani, il numero di attentati, le aree critiche sono aumentati e la situazione generale è peggiorata. Si può purtroppo dire che la strategia francese ed europea ad oggi è stata fallimentare.

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