Se valga di più la posizione identitaria o un sacrificio per tentare di frenare l’ascesa della Meloni è il gran dubbio degli alleati rosso-verdi che oggi si trovano ad un bivio. Dopo l’alleanza tra Calenda ed il Pd, Fratoianni e  Bonelli hanno visto sfumare i sogni di un’alleanza stile tedesco dei primi anni duemila e si sono ritrovata in casa il più accanito sviluppista sul mercato. Come reagire?



La prima ipotesi è la corsa solitaria, un suicidio evidente e che rischia di apparire come un atto di orgoglio utile solo a chiudere qualche carriera politica in via definitiva. Nonostante i sondaggi il 5% è un miraggio e con altre formazioni anti-sistema fuori dalla coalizione sarebbe anche inutile. A ben vedere Bonelli e Fratoianni soffrono dello scippo programmatico grillino per le questioni ambientali integraliste e di quello dell’estrema  sinistra rispetto alle critiche al sistema economico liberale. Correre da soli sarebbe un viaggio senza ritorno.



Allearsi con Calenda ed il Pd potrebbe portare ad una spaccatura. I verdi non vedono (tutti) di cattivo occhio Calenda e sono a digiuno di parlamentari da decenni. Avere qualche posto in tribuna aiuterebbe. Sinistra italiana è invece tentata dal listone di estrema sinistra. Pur di non farsi tacciare di venduti potrebbero sbarcare dalla parti di Rifondazione per tentare la proposta alternativa. Dividere la neonata alleanza e correre divisi cercando miglior sorte.

Ma dentro i due partiti molto dipenderà dal numero di parlamentari che il Pd offrirà come sicuri. 4 deputati a testa e un senatore, forse 2 la richiesta. Con almeno qualche collegio eleggibile (se le personalità sono giuste), è il compromesso minimo accettabile che lenirebbe il dolore di allearsi con Calenda.



Letta dal canto suo non ha intenzione di cedere più di tanto. Sa che oggi è una forza in grado di portare un numero considerevole di eletti a casa e sa che i rapporti di alleanza portano voti. In più deve coprisi a sinistra, come si dice, ed evitare che i 5 Stelle siano padroni del campo ambientalista in autonomia. Male che vada per le liste minori, inoltre, Letta sa che già Renzi nel 2018 prese per il Pd i voti delle liste collegate che non superano il 3% (qualche punto percentuale in più ed una decina di eletti che non gli spettavano) tenendo fuori da ogni ipotesi di condivisione i gruppi dirigenti di quei partiti che ora hanno compreso la lezione. O siedi a Montecitorio o non conti nulla. Anche questo conterà sul tavolo. Ovvero che garanzia la coalizione potrà dare in caso di mancato raggiungimento del quorum da parte della lista collegata.

Perciò Bonelli e Fratoianni urleranno e strepiteranno, ma sarà solo manfrina. Il vero obiettivo è avere questi 10 eletti con cui garantire un futuro a se stessi. Per Bonelli sarà più semplice. Una parte dei verdi resta ancora liberale e legalitaria, Fratoianni farà più fatica. Ma troveranno la quadra, come si dice, se avranno lo spazio per esistere.

Letta può vincere la partita se comprenderà questa esigenza minima e saprà dare garanzie (come quelle offerte a Calenda) su temi specifici. Ad esempio sul mantenimento di politiche sociali a favore dei ceti meno abbienti ed una piena adesione alle agende di riduzione della CO2 da parte del Paese in caso di vittoria. Il tutto con le dovute eccezioni dovute alla guerra (su cui Bonelli e Fratoianni dovranno loro prendere posizione) concedendo sul piano del programma uno spazio speciale ai temi della transizione ecologica e della tutela sociale.

Del resto qualcosa del genere esisteva già. Era l’Ulivo. Con dentro sinistra, verdi e centro. Ed è quello che Letta sta replicando. Quello che i verdi dovrebbero comprendere è che mai come in quella stagione produssero atti politici e incisero. E mai come allora le forze di sinistra riuscirono ad incidere legittimandosi. Del resto, di fronte al rischio Meloni (altro coagulo per le forze democratiche di sinistra) andare sparpagliati sarebbe imperdonabile.

Val bene cambiare qualche posizione (massimalista) quindi e ragionare di politica vera (ottenendo dei punti programmatici ed una presenza in Parlamento) piuttosto che richiamarsi alla purezza identitaria che, nella migliore delle ipotesi, non serve a nulla. Un Ulivo più adulto e meno sperimentale avrebbe in sé la forza di offrire una lettura completa del Paese e proporsi come maggioranza. Letta richiami quella stagione, con ministri verdi e di sinistra. Un’evocazione che non lascerà indifferenti i tanti che ancora a quella stagione guardano come l’età dell’oro.

Diversamente, esperimenti come l’Unione, le varie biciclette tra verdi e socialisti, le corse solitarie, hanno lasciato sul campo solo cadaveri politici i cui fantasmi vagabondano ancora per le stanze delle sedi di chi ha invocato identità e durezza senza ottenere altro che oblio.

Letta può dargli vita, solo se avranno entrambi saggezza di essere forze mature rinunciando ciascuno a qualcosa.

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