In questo articolo confido di non inondare il lettore con l’indignazione. C’è l’abbiamo dentro  tutti, sentendo le notizie dell’avanzata dell’esercito turco in Siria per annientare i curdi come nazione, spazzandoli via con le armi, e costringendo i superstiti alla fuga dal “Kurdistana Rojava”, dove vivono due milioni di persone, non tutte curde.



Non ho nessuna intenzione di attenuare un sentimento sacrosanto. Ma è il caso di essere freddi, frementi e tremanti, ma freddi: si tratta di mettere in fila gli elementi per un giudizio. Scriverò per punti. Con una premessa. I più deboli, i più inermi, sono i cristiani orientali nostri fratelli, il cui nome non attira alcuna attenzione, i quali come al solito non sono una priorità per nessuno. Ora sono cacciati ancora una volta dalle loro case, dai loro quartieri dove stavano faticosamente riprendendo a vivere dopo le persecuzioni jihadiste. Non che i curdi, tra i quali sono una minoranza, non li abbiano anch’essi trattati come gente di serie B. Adesso però è come se non esistessero per nessuno. Il Papa ieri dopo l’Angelus li ha ricordati. Ma nei dialoghi internazionali spariscono. Comincio da questa notazione, con molto dolore ma anche consolato dalla loro magnifica testimonianza di martiri incompresi. E ora elementi per l’analisi.



1. Recep Tayyip Erdogan, 65 anni. Chi è e cosa vuole costui? È davvero il colpevole di tutti i mali del mondo? Calma. Fa comodo a tutti – dalla Merkel ai nostri governanti, da Trump a Putin – indicarlo come il Grande Cattivo dell’ora attuale. Certo fa di tutto per riuscire ad esserlo. Gli fa persino comodo subire intimidazioni. Per i dittatori sono utili per tenersi stretto il popolo. Per un leader musulmano questo è vero il doppio. Non solo si procura un sostegno patriottico dei suoi turchi, ma acquista prestigio presso la umma, la grande massa dei fedeli di Mohammed. 

2. Egli, da quando quindici anni fa ha preso le redini della Turchia, si è proposto di essere il nuovo Sultano. Anzi di più: il nuovo Califfo. Distruggendo l’identica laica della Repubblica di Ataturk, dove i presidenti erano pallide figure sotto tutela dell’esercito, e l’islam non aveva alcun connotato fondamentalista (era vietato per legge alle donne di portare il velo, ad esempio), si è posto come il restauratore della potenza ottomana, vero capo dell’islam sunnita proprio perché non accetta di essere sottomesso né agli Usa né alla Russia né all’Europa, potendoselo permettere perché alla testa del secondo esercito quanto a forza e modernità tecnologica della Nato.



3. La Turchia è nella Nato dal 1953. Ancora oggi ci sono basi con i missili nucleari sul suo territorio, puntati su Mosca e Teheran. L’anno scorso però ha trattato e ottenuto l’acquisto di missili S400 dalla Russia. Erdogan negli anni ha compreso la debolezza del nuovo (dis)ordine mondiale, che si esprime in guerre senza fine in Medio Oriente. Nessuna delle quali – si noti! – ha coinvolto lembi di territorio turco. La Turchia dal 2003 in poi, data dell’assurda invasione dell’Iraq, agisce guidata dal suo leader infilandosi nei pertugi di ogni crisi, per girarla a vantaggio delle ambizioni di potenza regionale che non si piega a nessun padrone. Sempre sostenendo i jihadisti e/o i Fratelli musulmani.

4. La Turchia ha una spina nel fianco: l’opposizione curda, che ha anche indubbiamente, come l’Ira, un braccio armato. È intervenuta in Iraq costantemente per spaventare e tenere a bada i curdi iracheni. Dopo la fondazione del Daesh (Isis) si è manifestata a parole come suo nemico, nella pratica è diventata il portone attraverso cui militanti europei o asiatici del jihadismo entravano nei teatri dei combattimenti. Quando nel 2012 sono cominciate le ribellioni contro Assad, ha subito sostenuto, con l’approvazione degli Usa di Obama, della Gran Bretagna, della Francia, di Israele  e dell’Italia formazioni dai contorni ambigui, purché sunniti. Incredibile ma mai smentito: i jihadisti, facendosi credere sinceri democratici dell’Esercito di liberazione siriano, sono stati addestrati in campi gestiti dai servizi segreti dei Paesi occidentali, situati in Turchia e in Giordania. Sì, anche dagli italiani. Questo esercito di liberazione si è tramutato ben presto nell’esercito del Califfo e in quello di Al Qaeda (con il nome di Al Nusra). Assad è stato sostenuto da Russia e dagli Hezbollah libanesi e dai miliziani iraniani. I cristiani, accusati di essere protetti da Assad, sono finiti per essere bersaglio di tutti, anche dei curdi, i quali per primi – sia detto a loro merito – hanno capito che Turchia e Isis erano la stessa cosa.

5. Assad ha vinto, usando metodi atroci, ma ha sconfitto l’Isis. L’alleato più prezioso e combattivo è stato di certo l’esercito curdo. Nemico di Assad, contro cui era insorto, ma ancor più nemico di Erdogan e dell’Isis. Gli americani e gli europei si erano finalmente resi conto, tardivamente, del guaio combinato. La soluzione che hanno trovato è stata di lasciare il campo. Si arrangiassero tra loro Assad, Erdogan, russi, Isis e curdi. La minoranza cristiana? E chi la conosce… Chi l’ha difesa almeno un po’ tra le potenze è stata la Russia di Putin.

6. Un’immensa massa di profughi (3,6 milioni di persone) ha trovato riparo in Turchia. La quale ha ottenuto sei miliardi dall’Europa per mantenere questa povera gente in condizioni di semi-prigionia in campi squallidi. Questi uomini, donne e bambini sono vittime di tante cose: ma anche vittime dei giochi politici e delle viltà europee. Abbiamo una responsabilità.

7. La Turchia oggi è in crisi economica, l’opposizione rialza la testa nonostante Erdogan gliela tagli con la scimitarra degli arresti a strascico. Che fare? Vecchia storia. Il nemico esterno: i curdi sul confine siriano. Ha deciso così di creare una fascia sotto la sua protezione larga 35 km. È terra curda? Se la prende. Per farci che cosa? Insediare uno Stato islamico! Questo è lo scopo. Per questo l’Isis si è rifatta sotto. Ha liberato i prigionieri nelle carceri curde. Lavora per Erdogan. Nella fascia “liberata” i turchi deporteranno i profughi che hanno in casa, trasformati da siriani in erdoganiani, plasmabili da dirigenti prossimi all’Isis.

8. Erdogan può permetterselo. Il blocco delle forniture d’armi gli fa un baffo. Le minacce europee ne rafforzano l’immagine interna. Un popolo in sofferenza per l’embargo diventa più determinato a combattere. in questi ultimi anni ha giostrato trovando alleanza ora a Mosca ora a Washington, coltivando amicizia redditizia con il Qatar, ma anche con l’Ungheria di Orbán (il quale sostiene che Attila, l’eroe magiaro, era turco).

9. Gli Usa hanno abbandonato il Mediterraneo di fatto, lasciando come proprie sentinelle, armate da loro fino ai denti, Arabia Saudita e Israele. Con Erdogan, Trump va a corrente alternata. E così ha abbandonato i curdi, pregando la Turchia di non mangiarseli tutti.

10. L’Europa? L’Europa fa ridere. Gli darà altri soldi, vedrete.

11. Quale soluzione? Come fermare questa invasione devastatrice del Califfo? Erdogan va fermato militarmente in Rojava. Va colpito. Altrimenti non finisce qui. Giostrerà ancora con il suo esercito e la sua capacità di ricatto.

12. Non basta l’indignazione se essa diventa l’alibi dell’inettitudine.