Non c’è dubbio che è Abu Maria Qahtani (Maysr al Jabouri) sia stato una figura prominente nel panorama del jihadismo mediorientale, legato all’ISIS e ad Al-Qaeda, nonché ai servizi segreti di Turchia e Stati Uniti. Originario di Mosul e stabilitosi in Siria, Qahtani è stato ucciso in un attacco suicida a Sarmada, una zona di grande rilevanza geopolitica e finanziaria al confine con la Turchia.



L’HTS (Hay’at Tahrir al-Sham), che detiene il controllo de facto di varie aree a Idlib, ha attribuito l’attacco all’ISIS. Tuttavia, fonti locali suggeriscono che diverse entità, inclusa l’HTS, avrebbero potuto avere interesse a eliminare Qahtani, considerato da molti un personaggio scomodo.



Qahtani era ben inserito nella complessa rete di alleanze e conflitti che caratterizza la Siria nord-occidentale, collaborando con gruppi armati locali, i servizi segreti turchi e mantenendo legami con il governo siriano di Damasco. La sua vita riflette l’intersezione di dinamiche locali e internazionali che definiscono il conflitto siriano, dimostrando come la gestione delle risorse locali e dei servizi sia cruciale in un contesto di urgente bisogno umanitario.

Nato a Mosul nel 1976 e cresciuto nel regime ba’athista di Saddam Hussein, Qahtani si unì alle forze di Saddam prima di essere arrestato dalle autorità statunitensi dopo l’invasione del 2003. Dopo il rilascio nel 2006, si unì ad al-Qaida in Iraq, segnando l’inizio del suo percorso nel jihadismo. Successivamente, fu inviato in Siria, dove tentò di emergere come leader regionale, entrando in conflitto sia con i suoi mentori precedenti sia con le nuove fazioni emergenti. Negli anni, Qahtani cercò il sostegno dei servizi segreti turchi e si guadagnò una posizione di rilievo tra i gruppi armati siriani controllati da Ankara. Tuttavia, le sue aspirazioni di potere e i presunti legami con entità nemiche, inclusi i servizi statunitensi, lo resero un bersaglio all’interno del complesso scenario siriano. Il suo tentativo di posizionarsi come una figura chiave capace di garantire la stabilità nella regione a nome di potenze straniere come la Turchia e gli USA sembra aver giocato un ruolo nel suo assassinio. Tutto ciò si consente di sottolineare la complessità del contesto siriano, dove la presenza di gruppi stranieri con scarsa connessione alla causa siriana e mediorientale, come il Partito Islamico del Turkestan, aumenta la difficoltà di decifrazione.



La storia di Qahtani, dalla sua origine in Iraq fino alla sua morte in Siria, illustra come figure chiave possano giocare ruoli significativi in teatri complessi, fungendo da nodi in una rete di alleanze, rivalità e interessi strategici che superano i confini nazionali. La sua uccisione, avvenuta in un contesto di guerra civile siriana già estremamente complesso, sottolinea ulteriormente le sfide di costruire un ordine stabile in regioni dilaniate da conflitti. Qahtani, con i suoi legami sia con l’ISIS che con Al-Qaeda, e presumibilmente anche con i servizi segreti turchi e statunitensi, rappresenta un esempio di come le alleanze nel contesto della guerra siriana siano fluide e spesso opportunistiche, riflettendo un mix di obiettivi tattici a breve termine e strategie a lungo termine più ampie.

La situazione a Idlib, dove Qahtani è stato ucciso, è emblematica della complessità della guerra in Siria. Qui diversi attori esterni, inclusi la Turchia, la Russia, gli Stati Uniti e una miriade di gruppi ribelli e jihadisti, competono per l’influenza. Questo teatro di guerra rappresenta un caso di studio della guerra per procura nel XXI secolo, dove le potenze regionali e globali sfruttano gruppi locali per promuovere i propri interessi geopolitici senza impegnarsi direttamente. La collaborazione segreta di Qahtani con i servizi statunitensi, se vera, evidenzia anche la complessità delle alleanze contro lo Stato islamico, dove gli interessi degli USA e della Turchia si sovrappongono e divergono simultaneamente.

Questa situazione sottolinea il dilemma degli Stati Uniti nella regione: come bilanciare la lotta contro l’ISIS con il sostegno ai gruppi ribelli siriani, alcuni dei quali hanno legami con Al-Qaeda, e gestire le relazioni con la Turchia, un alleato chiave nella NATO che ha i propri obiettivi strategici in Siria. La morte di Qahtani solleva questioni sulla sostenibilità a lungo termine di tali alleanze di convenienza e sulla capacità degli attori esterni di influenzare positivamente l’esito del conflitto siriano. Mentre le potenze straniere cercano di navigare nel complesso panorama siriano, la storia di Qahtani serve come promemoria dei limiti della potenza esterna e della necessità di soluzioni politiche che tengano conto delle realtà locali.

In sintesi, la valutazione geopolitica della situazione siriana, vista attraverso l’episodio dell’uccisione di Qahtani, rivela un intreccio di sfide che comprendono non solo la lotta contro il terrorismo e la ricerca della stabilità regionale, ma anche le complessità delle relazioni internazionali in un’era di guerra per procura e interventismo indiretto. Questo scenario solleva interrogativi fondamentali sulla futura direzione della politica estera degli Stati coinvolti e sulle prospettive di pace e sicurezza nella regione.

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