Dopo l’attacco a un autobus dell’esercito siriano a Damasco, che ha causato tredici vittime tra i soldati a bordo, anche la base americana di al Tanf, nel sud-est della Siria, è stata oggetto di un attacco con droni, fortunatamente senza vittime.
Sono episodi inquietanti, ci ha detto in questa intervista il generale Marco Bertolini, già comandante della Brigata paracadutisti Folgore a Kabul nel 2008 e capo di stato maggiore Isaf in Afghanistan, “che ci dicono come la Siria, benché nessuno ne parli più, sia sempre al centro di una guerra che non è mai finita, un paese dove si scontrano gli interessi nazionali, quelli iraniani, russi e americani. Senza dimenticare la presenza dell’Isis, che è sempre un pericolo”. Interessi che, se vengono presi di mira, ci ha detto ancora Bertolini, potrebbero portare a un’escalation di rappresaglie che possono mettere in pericolo la pace di tutto il mondo”.
In Siria torna a salire la tensione, con un attacco prima a un autobus militare e poi a una base americana. Che cosa sta succedendo?
Della Siria non se ne parla da parecchio, è ormai scomparsa dai radar dell’informazione, nascosta dal putiferio successo in Afghanistan. Anche tanti siti che una volta seguivano giorno per giorno l’evolversi della situazione oggi sono scomparsi. La Siria è un paese occupato, nel quale la riva sinistra dell’Eufrate è in mano a curdi e americani e c’è una presenza militare americana nella base colpita, nel sud-est del paese.
A proposito di questa base, che area specifica occupa e che importanza ha nello scenario siriano?
E’ un’area di occupazione che serve a supportare il sedicente Esercito siriano libero, da sempre contro Assad e sempre sostenuto dagli Usa. Questa base è sempre rimasta anche quando Trump ordinò il ritiro dalla Siria, ritiro che poi venne sospeso e si fece marcia indietro. In quella zona gli americani sono sempre rimasti ed è una presenza che dà fastidio alla Siria, perché interdice un asse di collegamento con l’Iraq e con la Giordania, il che spiega l’interesse giordano di riaprire il dialogo con Assad.
I più interessati a mantenere un collegamento tra Siria e Iraq dovrebbero essere gli iraniani, giusto?
Sicuramente è un intralcio ai collegamenti della Siria con l’Iraq. Ma gli iraniani sono molto interessati a mantenere un collegamento tra Siria e Iraq, perché significa anche un collegamento tra Siria e Iran. Il passaggio a nord di Mosul è interdetto dalla presenza americana e curda, quello a sud, invece, proprio da questa base americana, dove c’è anche il passaggio lungo l’Eufrate in cui sono avvenuti parecchi interventi militari contro le milizie iraniane. Sul fatto che sia un’azione condotta dagli iraniani, che così cercano di tenere aperto un collegamento e al tempo stesso cercano di togliersi qualche “sassolino” dalle scarpe, non ci dovrebbero essere dubbi.
Quali sassolini?
L’uccisione del generale Qasem Soleimani e gli attacchi alle basi iraniane. Il fatto che siano stati usati dei droni dovrebbe essere la prova provata del coinvolgimento iraniano.
Invece l’attacco all’autobus militare a Damasco?
A Damasco, fino a non molto tempo fa, interi quartieri periferici erano in mano all’Isis, ora Assad è riuscito a riprenderne il controllo, ma non c’è dubbio che il problema sussiste. Questo è un attacco probabilmente operato dall’Isis o un attacco ispirato dall’Esercito siriano libero. A Damasco sono in tanti a colpire e ad agire, da qui non possiamo però sapere con certezza chi sia stato.
Che conseguenze potrebbe avere l’attacco alla base americana di al-Tanf?
Il problema è che gli americani hanno dato prova di indeterminazione e indecisione con l’Afghanistan e adesso potrebbero essere tentati da una reazione muscolare per dimostrare di essere ancora una grande forza. Andare contro gli americani oggi è particolarmente pericoloso, perché le reazioni potrebbero essere anche esagerate. Gli americani non sono dalla parte del diritto in Siria, a differenza dei russi non sono stati invitati. Sono di fatto una forza di invasione.
A fine dicembre gli americani lasceranno l’Iraq, potrà scatenarsi una grave destabilizzazione dell’intera regione?
L’area è destabilizzata da quando nel 2003 ci sono arrivati gli americani.
Già, ma l’Iran non vorrà approfittare di questo ritiro?
Sicuramente, anche perché la componente sciita in Iraq è cinsistente. Sta cambiando qualcosa in maniera radicale in Medio Oriente e la Siria è al centro di tutto. In Siria ci sono americani e russi e un eventuale perdita di equilibrio, magari con un grosso incidente che coinvolga le due potenze, potrebbe innescare rappresaglie e controrappresaglie, a loro volta potenzialmente pericolose anche per la pace mondiale.
(Paolo Vites)
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