Giovedì 27 giugno: una giornata cruciale per la Tunisia. Prima il terrorismo. Sono stati due gli attacchi suicidi che hanno avuto luogo nella capitale, provocando una vittima tra le forze di polizia e diversi feriti tra i civili. L’Isis non ha rivendicato la paternità degli attentati, ma lo stile è quello classico del terrorismo jihadista, tornato a riaffermare la propria esistenza nel paese a sette mesi di distanza. Era il 29 ottobre 2018, infatti, quando una donna si faceva esplodere in un centro commerciale. Nessun morto, ma 9 poliziotti feriti.
Gli attacchi hanno indirettamente colpito anche il presidente Mohamed Beji Caid Essebsi, deceduto in ospedale dove era stato condotto per un improvviso malore al cuore. La sua uscita di scena potrebbe avere gravi ripercussioni politiche in vista delle elezioni parlamentari e presidenziali di ottobre e novembre prossimi, in un paese dove la grave crisi economica e l’alto tasso di disoccupazione stanno compromettendo la già fragile stabilità sociale.
In aprile, Essebsi aveva annunciato l’intenzione di non ricandidarsi, visti i suoi quasi 93 anni di età, ma il partito Nidaa Tounes da lui fondato non è riuscito a esprimere un leader alternativo. La scissione operata dal primo ministro, Youssef Chahed, che ha dato vita a Tahya Tounes, ha privato Nidaa Tounes del successore naturale di Essebsi sia alla guida del partito che del paese, a vantaggio del braccio politico dei Fratelli musulmani, il partito Ennhada, guidato da Rached Ghannouchi.
Un accordo pre-elettorale anti-Nidaa Tounes tra Chahed e Ghannouchi sembra sia già cosa fatta e ciò vanificherebbe gli sforzi profusi da Essebsi nei suoi cinque anni di presidenza volti a estromettere i Fratelli musulmani dal governo. La coabitazione forzata all’interno dell’attuale esecutivo ha visto Nidaa Tounes porsi come forte contrappeso e argine alle ambizioni di Ennahda, che punta, come tutti partiti politici espressione dei Fratelli musulmani, a stabilire regimi fondamentalisti approfittando dei meccanismi offerti dai sistemi democratici a partire dal voto.
Essebsi è così riuscito a impedire che la Primavera araba che ha portato alla caduta dell’ancien régime di Ben Ali si trasformasse in un inverno islamista. Ma la sua scomparsa è un duro colpo che indebolisce ulteriormente Nidaa Tounes, mentre Tahya Tounes potrebbe cedere a compromessi con i Fratelli musulmani in materia di diritti umani e civili, in cambio del supporto di Ennhada alla candidatura di Karoui alla presidenza.
Va osservato che tutti e tre i principali partiti soffrono di una significativa crisi di consensi. Ennahda, soprattutto, è oggetto di feroci attacchi da parte della popolazione. In alcune località, Ghannouchi è stato persino costretto alla fuga senza poter svolgere i comizi elettorali previsti. Ma il doppio attacco terroristico e la successiva morte di Essebsi potrebbero marcare l’inizio della risalita dei Fratelli musulmani a livello politico.
Escluso dalla competizione con una contestata legge ad personam il businessman Nabil Karoui, proprietario di giornali ed emittenti televisive e grande favorito nei sondaggi come prossimo presidente, Ennhada ha ora maggiori possibilità di restare un attore politico rilevante, grazie anche al supporto finanziario fornito dall’alleanza islamista tra il Qatar degli emiri Al Thani e la Turchia di Erdogan.
L’impegno riformista che aveva caratterizzato la presidenza di Essebsi, in particolare a favore delle donne, rischia così di non avere seguito. Contro la moderazione, gli estremismi si aiutano a vicenda. Anche indirettamente, gli ultimi attacchi terroristici di Tunisi potranno rivelarsi provvidenziali per le sorti dei Fratelli musulmani, che guarda caso rappresentano la matrice ideologica da cui hanno preso le mosse Isis, Al Qaeda e tutti i gruppi del jihadismo contemporaneo.