Non c’è niente di inaspettato in quello che Vladimir Putin ha fatto riconoscendo le due repubbliche russofone della regione del Donbass e inviando poi truppe russe per “mantenere la pace”, cioè difenderle da possibili attacchi dell’esercito ucraino. Nel 1938, nell’ambito della sua politica espansionistica che già gli aveva fruttato l’annessione dell’Austria, Hitler portò all’attenzione internazionale quello che definiva il problema dell’area tedescofona all’interno di Boemia e Moravia, i Sudeti, abitati da secoli da una larga popolazione di origine tedesca. In un sorprendente parallelo con gli eventi attuali in Ucraina, Hitler affermò di agire in difesa di una minoranza etnica oppressa e fece un uso sostanziale della propaganda, circondando il paese con manovre della Wehrmacht, parlando di “atrocità ceche contro i Sudeti”.
Francia e Regno Unito, temendo lo scoppio di una guerra, si arresero a Hitler, che si attribuì i Sudeti. Secondo il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, “Putin ha capito da tempo che Stati Uniti e Nato non interverranno mai militarmente a difesa dell’Ucraina, e questo gli permette di procedere con una politica per passi successivi. Non condurrà mai una politica offensiva, ma farà uso di quella che lui, abilmente, definisce politica difensiva delle popolazioni russofone”.
Ieri il presidente americano Joe Biden ha definito le azioni russe nel Donbass “l’inizio di una invasione” e ha detto di voler fornire altre armi all’Ucraina. Poi ha annunciato che saranno varate nuove sanzioni contro Mosca. “Sono difensive, non abbiamo alcuna intenzione di combattere contro la Russia”. Inoltre il leader Usa ha autorizzato il dispiegamento di altre truppe Nato nei Paesi baltici. Da Parigi è arrivato il via libera alle sanzioni da parte del Consigli Affari esteri dell’Ue. I provvedimenti saranno in vigore da oggi.
Le truppe russe sono entrate nel Donbass. Qual è adesso la politica militare di Mosca?
Intanto bisogna sottolineare come il ministro degli Esteri Lavrov abbia dichiarato che nel territorio delle due repubbliche riconosciute come indipendenti ci siano truppe ucraine, e le ha invitate a ritirarsi.
Cosa che, come hanno detto il presidente Zelensky e il ministro della Difesa ucraino, Kiev non ha intenzione di fare.
Ci mancherebbe altro, è come se ai tempi del terrorismo altoatesino l’Austria avesse riconosciuto l’Alto Adige indipendente e noi ci fossimo ritirati. C’è un principio di sovranità e di rispetto dei confini che per noi occidentali risale alla pace di Westfalia del 1648.
Adesso però, galvanizzati dall’arrivo dell’esercito russo, gli ucraini russofoni gridano: “andiamo a liberare Kiev”. Secondo lei, si arriverà a questo?
Bisogna valutare quello che ha affermato Putin nel suo discorso, ad esempio quando ha detto che l’Ucraina è stata un’invenzione dell’Unione Sovietica.
Una falsità storica. Sta forse scaldando gli animi? Boris Johnson ha parlato di una prossima guerra su vasta scala, è così?
Ci sono due possibilità. La prima è che, dopo aver intimato alle truppe ucraine di ritirarsi, se non lo faranno, l’esercito russo potrebbe intervenire per cacciarli. L’altra è che le truppe ucraine attacchino per prime, dando il via libera all’esercito russo per controbattere e scatenare la guerra.
Tutto questo mentre l’Occidente vara nuove sanzioni.
Sia gli Usa che i paesi della Nato non hanno mai parlato di intervento militare, ma di sanzioni: in questo modo hanno dato una sorta di green pass a Putin.
Come spiega le decisioni di Biden?
Il fatto è che sia gli europei che gli Usa non intendono combattere per sostenere Kiev. In questi giorni circola la frase “Morire per Kiev” con il punto di domanda. Putin gioca anche su questo aspetto, ha capito che non ci sarà un intervento militare per cui procede per passi successivi. Prima le truppe con la scusa dell’ingerenza umanitaria, per evitare quello che lui chiama genocidio delle popolazioni russofone. Non condurrà mai un’azione offensiva, sa che deve sempre mantenere un tono da operazione difensiva.
C’è preoccupazione per le sorti dell’importante città portuale di Mariupol, ancora in mano ucraina, sebbene si trovi nei territori proclamatisi indipendenti. Pensa sarà il prossimo obiettivo?
Secondo i rapporti dell’intelligente americana, è presente una grossa forza anfibia russa che staziona davanti alle coste dell’Ucraina nel Mar Nero. È sicuramente una minaccia, possono sbarcare e occupare quel tratto di costa a cui la Russia tiene molto, come con la Crimea, e non potendo più contare su Bulgaria e Romania.
Situazione sospesa, dunque?
Ritengo che Putin sia l’unico con le idee chiare, ma che si trovi anche sul filo del rasoio. Basta un niente, non è una partita a scacchi, come dicono tutti, ma una partita a carte. Con le carte può sempre uscire la mano che ti fa perdere il gioco. Aspettiamo ora la contromossa dell’Ucraina, per vedere se vogliono riprendere i territori che si sono dichiarati indipendenti. Sebbene lo scontro militare sia comunque un’ipotesi verosimile, non credo che Putin si spingerà a occupare tutta l’Ucraina.
Potrebbe però provocare una rivolta dei russofoni, visto che fino alla rivolta di Maidan nel 2014 l’Ucraina era retta da presidenti filo-russi?
È difficile, oggi la società ucraina è cambiata, si è sedimentato lo spirito nazionale e si è inasprito il sentimento antirusso. Gli ucraini non accetteranno di far parte di questa “grande patria russa”, come l’ha definita Putin.
(Paolo Vites)
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