Per la prima volta dalla grave crisi del 2014, che portò le truppe russe a entrare in territorio ucraino, si riapre la tensione militare con l’Ucraina. In ballo sempre il territorio del Donbass, dove vive una popolazione in maggioranza russa in mano ai ribelli sostenuti da Mosca, al cui confine sono tornate a schierarsi nelle ultime ore le truppe di Mosca. Washington ha immediatamente reagito facendo sapere che non lascerà sola l’Ucraina e, anche se non ufficialmente, sono trapelate voci autorevoli sull’intenzione di inviare nel Mar Nero una flotta militare per dissuadere Putin da ogni azione militare. “Esiste una convenzione ben precisa, stilata a Montreux nel 1936, che regola l’ingresso e la permanenza di navi militari nel Mar Nero, nessuno ha intenzione di violarla tantomeno gli americani, anche se non l’hanno mai firmata” ci ha detto Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista, in questa intervista. Aggiungendo che la situazione nel Donbass è probabilmente destinata a rimanere uno dei tanti conflitti congelati, dove sono inevitabili gli scontri locali, ma non esiste pericolo di escalation internazionale.
La Russia sta muovendo il suo esercito al confine con l’Ucraina per la prima volta dopo la crisi del 2014. Come mai questa iniziativa proprio adesso, secondo lei?
Ci sono evidenti motivi interni alla Russia che portano a queste tipiche dimostrazioni di forza quando un paese è in crisi. In particolare, la popolarità di Putin è in discesa per via della grave crisi economica che la Russia attraversa e poi perché molti russi non apprezzano gli stretti rapporti di quasi subordinazione con la Cina. Nella mentalità russa è sempre presente quello che si chiamava una volta “pericolo giallo”. L’influenza cinese si è estesa in zone che erano di controllo russo in Asia centrale e adesso si sta spingendo anche nell’Oceano Artico.
La motivazione che da sempre muove Mosca contro Kiev è la richiesta ucraina di entrare a far parte della Nato, cosa che sarebbe considerata un pericolo e un’azione di accerchiamento inaccettabili. È una motivazione giustificata o esagerata?
È un atteggiamento decisamente esagerato. Ben difficilmente Stati come Germania, Francia ma anche Italia accetterebbero l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, perché l’ammissione vorrebbe dire assumersi la responsabilità di intervenire anche in caso di scontri alla frontiera, cosa che gli europei, ma anche gli americani, non farebbero mai. Siamo davanti a un cane, la Russia, che abbaia ma non morde, a parte qualche inevitabile scontro locale che ci sarà come sempre quando ci sono truppe a stretto contatto. Ma è ben difficile si verifichi una escalation militare tra Russia e Ucraina.
Una situazione aggravata dall’instabilità interna dell’Ucraina, dove la presidenza è piuttosto traballante. È così?
Certamente, ma oltre a questo c’è da sottolineare il cambiamento della politica americana verso la Russia. Mentre Trump cercava addirittura un accordo per il contenimento della Cina, con diversi tentativi, con Biden i rapporti con la Russia sono diventati tesi, arrivando a dare dell’assassino a Putin, dichiarazioni che nei rapporti internazionali non si fanno.
Fonti autorevoli dicono che la marina militare americana voglia mandare una flotta nel Mar Nero, il cui ingresso appartiene alla Turchia. Dati i buoni rapporti fra Mosca e Ankara, Erdogan lo permetterà mai?
Esiste una Convenzione precisa, quella di Montreux firmata nel 1936 che la Turchia ha tutto l’interesse a far rispettare. Esistono determinati e precisi numeri di navi militari che si possono far entrare e determinati periodi di tempo in cui queste possono permanere. Questi limiti sono fatti rispettare anche dagli Stati rivieraschi, tra cui la Russia. Non è che gli Stati Uniti possono mandare un flotta di dieci portaerei, violerebbero la convenzione che è nell’interesse di tutti mantenere.
La Turchia è anche membro della Nato, anche se i rapporti sono compromessi da tempo…
I rapporti tra Turchia e Usa sono ondeggianti. In questo periodo c’è un riavvicinamento, anche perché la Turchia ha disperato bisogno di sostegno economico tramite il Fondo monetario internazionale, di cui gli Stati Uniti sono gli azionisti di maggioranza, dato che l’Europa è divisa se dare aiuti alla Turchia oppure no.
Una soluzione definitiva alla regione del Donbass, secondo lei, si potrà trovare o resterà zona di tensioni militari?
Sarà un classico esempio, come accade nell’Ossezia del Sud, di conflitto congelato, in cui di fatto il territorio conteso resta in mano ai ribelli filo-russi supportati dalla Russia. L’Ucraina non farà azioni militari di alto livello. Un punto molto sensibile resta il porto di Mariupol, a sud della Crimea, che è importante per l’Ucraina, come quello di Odessa. La paura maggiore per Mosca è che gli americani forniscano armamenti all’Ucraina che mettano a dura prova la resistenza dei ribelli ucraini.
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