Piovono proiettili in territorio russo, nella regione di Rostov al confine con l’Ucraina a poche centinaia di metri da una delle residenze di famiglie nel villaggio di Mitjakinskaja. Le autorità dell’autoproclamata repubblica di Lugansk hanno già evacuato 13.500 persone nella vicina Russia, mentre almeno 25mila civili hanno lasciato l’altra autoproclamata repubblica popolare di Donetsk e altre 10mila sarebbero in partenza. Intanto un treno con mille rifugiati è arrivato a Mosca.



Le milizie separatiste filorusse del Donbass hanno bombardato la città ucraina di Mariupol, mentre le autorità ucraine hanno impedito a una commissione dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, la più grande organizzazione intergovernativa di sicurezza per la promozione della pace e del dialogo) di visitare l’asilo colpito da una bomba che sembra risalga addirittura all’epoca sovietica. Nessuno può dire chi è ancora in possesso di tale armamento.



“È una situazione del tutto impossibile da decifrare” ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan; “non siamo in grado di dire se siano incidenti  autoprovocati dalle forze indipendentiste russofone del Donbass o da Kiev, una cosa sola è sicura. Se questi incidenti dovessero continuare l’esercito russo si sentirà autorizzato a intervenire, come già fece anni fa in Georgia, con lo stratagemma che si chiama di interferenza umanitaria, a difesa dei suoi confini e della popolazione russofona”.



Sta succedendo quello che era facile prevedere: una serie di incidenti nel Donbass. Di che si tratta secondo lei?

Si cercava l’incidente. In queste due repubbliche auto proclamatesi indipendenti è in atto dal 2014 un conflitto cosiddetto a bassa intensità che però in tutti questi anni ha provocato migliaia di morti, una guerra di logoramento poco nota a noi occidentali, ma sempre in atto. Adesso la spiralizzazione degli incidenti sta provocando una situazione che può sfuggire di mano a tutte le parti in causa.

E cosa può dirci delle migliaia di russi che stanno esfiltrando verso Rostov sul Don?

Le repubbliche di Donetsk e Lugansk sono due entità sociali e nazionali a prevalenza russofona. Il fatto che ci siano decine di migliaia di civili di quelle repubbliche che si stanno dirigendo in Russia significa che la popolazione si sente parte della Russia e sa di avere il supporto di Mosca.

Ritiene che Washington abbia fatto un grave errore strategico o ha volutamente alzato la pressione negli ultimi giorni per arrivare a questo punto?

Entrambe le ipotesi sono possibili: sia che gli incidenti siano auto-provocati per accusare l’Ucraina e chiamare Mosca a difesa, sia che siano stati messi in atto da parte di Kiev per approfittare del sostengo americano e riprendersi i territori persi dal 2014. È stato reso noto dagli indipendentisti un piano di battaglia delle forze ucraine per riprendersi questi territori nel giro di pochi giorni. Può essere un modo di agire cosiddetto dell’inganno tipico della dottrina sovietica, ma che siano o non siano frutto di un’azione aggressiva di Kiev, resta il fatto che se questi incidenti continuano danno la possibilità alla Russia di intervenire per evitare un attacco ai danni della popolazione di passaporto russo. Si chiama ingerenza umanitaria: le forze armate di un paese intervengono per difendere una popolazione sotto attacco.

Ci sono precedenti di questo tipo?

Sì, quello della Georgia nel 2008 mostra somiglianze inquietanti con quanto sta accadendo. Allora il presidente Bush Jr. avrebbe detto al presidente georgiano di riprendersi tranquillamente due territori che si erano proclamati indipendenti come succede in Ucraina, perché lui lo avrebbe sostenuto. Invece l’esercito russo entrò in Georgia e con una guerra di pochi giorni sconfisse quello georgiano. Potrebbe accadere lo stesso.

Non crede che la diplomazia occidentale in tutti questi anni abbia volutamente isolato e messo in un angolo la Russia, fino al punto da provocarne la reazione?

Non tutti gli occidentali sono così contro Putin: ci sono molti distinguo per via del problema energetico e di quelli commerciali. Nello stesso tempo, va detto che le ex repubbliche del blocco sovietico vivono ancora le conseguenze di sessant’anni di dominio russo. Pero noi, che non ne abbiamo sofferto, è più facile parlare e non pensarci.

Putin come sta calibrando la propria strategia?

A mio avviso sfrutta la mancanza di unità della comunità occidentale. Non tutti sono a favore di Biden e della Ue, anche se molti vedono l’Ucrasina come una vittima di Mosca.

(Paolo Vites) 

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