Stati Uniti e Russia lasciano aperta la porta del dialogo, ma la situazione ucraina preoccupa non poco visti i movimenti di armi e truppe al confine tra i due Paesi un tempo parte dello stesso blocco sovietico. Quel che sta accadendo può avere anche conseguenze economiche per il nostro Paese, pensando anche ai rapporti commerciali esistenti tra Italia e Russia, testimoniati dal recente incontro a distanza tra i vertici del Governo moscovita e alcuni imprenditori dei due Paesi che tante polemiche ha sollevato? “Gli effetti economici – ci spiega Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino – dipendono anche dagli sviluppi geopolitici, visto che si paventano anche interventi militari. Le conseguenze dirette sono principalmente due”.
Quali?
La prima riguarda i mercati agricoli, dato che l’Ucraina è il maggior produttore di grano d’Europa. Se ci fosse una diminuzione dell’export ucraino, visto il quadro mondiale di risorse alimentari non proprio abbondanti, ci potrebbero essere criticità. La seconda è la più nota, ed è quella connessa con i prezzi delle materie prime energetiche, visto che ci sono gasdotti russi che transitano in Ucraina.
Ci sono anche conseguenze economiche indirette?
Sì, derivanti dalle tensioni tra l’Europa occidentale e la Russia. La grossa carta che Mosca può giocare, e credo che vi stia già facendo massicciamente ricorso, è limitare le proprie esportazioni di gas verso l’Ue.
Tra l’altro la Russia può facilmente vendere il gas che non va verso l’Europa a Pechino, visto che pensa di aprire un nuovo gasdotto verso la Cina…
Sì, anche se non bisogna dimenticare che la Russia è un Paese di 150 milioni di abitanti, con tendenza a un forte invecchiamento. È molto ricco di materie prime, ma non è così da forte da permettersi di poter intrecciare rapporti solidi e duraturi con la Cina senza correre dei rischi. Tra l’altro le alleanze strette tra Mosca e Pechino in passato non hanno mai funzionato benissimo.
L’Italia ha una produzione agricola nazionale importante, quindi tra le due conseguenze economiche dirette è senz’altro più pericolosa la seconda.
Sì, anche perché quella delle navi con Gnl americano non è una vera alternativa al gas russo. Da questo punto di vista i tedeschi sono messi piuttosto male, perché stanno chiudendo le centrali nucleari e, su pressioni Usa, stanno ritardando l’effettivo funzionamento del gasdotto Nord Stream 2. L’Italia, la Spagna e la Francia sono in condizioni almeno marginalmente migliori, perché hanno accesso ad altre fonti, come i gasdotti che arrivano dal Nord Africa.
Potranno quindi esserci problemi determinati da un’ulteriore spinta su prezzi energetici che stanno procurando problemi all’industria?
Occorre chiarire che i rialzi che vengono citati quasi quotidianamente dai media sono relativi a quantità marginali, cioè solo se serve più gas di quello previsto nei contratti in vigore occorre comprarlo sul mercato spot a un prezzo attualmente elevato. Il problema per l’industria non è, quindi, tanto nel breve, ma nel medio periodo. Se i prezzi restassero a lungo su questi livelli potrebbero far sentire molto il loro peso in periodi in cui la materia prima normalmente sarebbe più a buon mercato. L’Italia potrebbe limitare questo rischio aumentando la produzione nazionale di gas.
Se si inasprissero i rapporti tra Europa e Russia e si arrivasse al varo di nuove sanzioni economiche subiremmo dei contraccolpi?
Di sanzioni europee verso la Russia ne esistono già. Quello che si è visto è che in alcuni settori si possono bypassare esportando verso un altro Paese, dove non sono in vigore misure restrittive verso Mosca, e da lì portarle poi sul mercato russo. In ogni caso ci sarebbe da capire se l’Europa sia disposta o meno ad andare fino in fondo su questo terreno come su quello militare.
Nutre dubbi in merito?
Credo non vada dimenticato che a primavera si terranno le elezioni presidenziali francesi e dubito che prima di allora Macron voglia prendere decisioni importanti, anche solo relative a nuove sanzioni verso la Russia. In Germania, invece, i socialdemocratici hanno una lunga tradizione di rapporti con Mosca. E non penso che a Berlino si voglia, dopo tanti investimenti e le aspettative determinate nel mondo industriale, fare davvero a meno del Nord Stream 2. E poi c’è un altro fattore che viene forse sottovalutato.
Quale?
L’Ucraina stessa ha bisogno del gas russo, senza il quale il rischio per la popolazione è di morire di freddo. Questo significa che Kiev stessa può spingersi solo fino a un certo punto nelle braccia della Nato.
Complessivamente, quindi, non ci si deve preoccupare molto di quel che sta avvenendo in Ucraina, almeno per il momento…
La questione è seria, non è che non ci siano effetti e conseguenze economiche. Perlopiù si tratta di un rallentamento che si aggiunge ai tanti esistenti in una situazione globale molto complessa, considerando che ancora non possiamo dire di essere usciti del tutto dalla crisi pandemica, che c’è una fiammata dei prezzi delle materie prime e perdurano strozzature sulle catene del valore globali. Sospenderei il giudizio, mantenendo comunque un bias negativo, almeno fino a maggio. Allora, dopo i risultati delle presidenziali francesi, forse avremo qualche certezza in più. Anche perché in Europa è Parigi, più che Berlino, ad aver sempre preso l’iniziativa nei grandi rapporti mondiali.
(Lorenzo Torrisi)
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