Grandi movimenti diplomatici in corso. Nei giorni scorsi si è tenuto a Riga, capitale della Lettonia, il summit della Nato, oggi si tiene invece a Stoccolma un incontro tra i responsabili della politica estera di Stati Uniti e Russia. Al centro dei colloqui l’Ucraina, ai cui confini sono dispiegate ingenti forze russe, circa 120mila soldati, ufficialmente per manovre di esercitazione. Da parte americana arrivano accuse precise, quelle di voler invadere l’Ucraina o comunque destabilizzarla internamente, mentre Mosca sostiene che la Nato sta aiutando l’esercito di Kiev a posizionarsi al confine russo. Insomma, tira aria di guerra, dato che la crisi apertasi nel 2014 con l’occupazione della Crimea e della regione del Donbass non è mai stata del tutto risolta. Secondo Giuseppe Morabito, membro fondatore dell’Institute for Global Security and Defense Affairs (Igsda) e membro del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, “lo spiegamento di forze e i toni accesi fanno parte di un atteggiamento obbligato in casi come questi, per poi arrivare a dialogare da una posizione di vantaggio. La cosa buona è che un dialogo è comunque in corso, a preoccupare invece è il riavvicinamento tra Russia e Cina, paesi che hanno entrambi rivendicazioni in atto: la parte di etnia russa dell’Ucraina per Mosca e Taiwan per la Cina”.
L’Ucraina si aspetta un sostegno militare da parte della Nato, da tempo chiede di farne parte, cosa che però le è sempre stata rifiutata. Per quali motivi?
Nel Trattato costitutivo della Nato c’è un articolo preciso, il numero 5, che obbliga tutti i paesi membri a intervenire se uno di loro viene attaccato. Per questo motivo non si vuole includere l’Ucraina, altrimenti in caso di attacco russo tutti, anche noi italiani, dovremmo entrare in guerra. Però l’Ucraina è un paese amico, con cui la Nato ha ottimi rapporti.
La Nato potrebbe comunque intervenire militarmente?
No, la sostiene politicamente e diplomaticamente.
La tensione in atto è quindi reale? Il segretario generale della Nato ha accusato esplicitamente Mosca di voler invadere l’Ucraina. Si corre questo rischio?
Nessuno vuole fare la guerra, anche se si stanno delineando posizioni sempre più nette. La Bielorussia ha riconosciuto la Crimea come territorio russo, il Donbass, di fatto anche se non ufficialmente, è occupato dai russi. Allo stesso tempo si avviano dei dialoghi, nel corso dei quali come sempre chi è in posizione di forza sarà avvantaggiato: schierare l’esercito ai confini fa parte del gioco.
Putin, sostenendo che il Donbass è una questione interna dell’Ucraina, lascia tutto in sospeso. Sappiamo che la maggioranza della popolazione è filo-russa e quindi, se Kiev interviene, si mette dalla parte del torto, è così?
Bisogna osservare l’Ucraina dal punto di vista geografico. Il fiume Dnepr attraversa il paese da nord a sud, passando anche per Kiev. Storicamente la parte a est del fiume è in maggioranza di etnia russa, quindi Putin ha buon gioco a stare a guardare e allo stesso tempo a far pressioni sulla popolazione. I ribelli filo-russi del Donbass non cederanno mai, perché hanno il sostegno di Mosca e alla Russia fanno comodo, perché il Donbass le fa da cuscinetto.
Queste divisioni etniche sono conseguenza del crollo dell’Unione Sovietica, che aveva diviso il paese secondo logiche di potere, un po’ come succede tra Armenia e Azerbaijan?
Certamente. La Russia sta cercando di costruire attorno a sé un cuscinetto etnico che la distanzi e la protegga dall’Occidente, che non avrebbe tenuto fede agli accordi presi ai tempi di Gorbaciov, cioè di non far entrare nell’Unione Europea e nella Nato gli ex paesi dell’area sovietica. Mosca ha già occupato una parte della Georgia, la Crimea, il Donbass, tutte aree cuscinetto che le fanno comodo.
Quindi ci sarà un compromesso?
Il segretario della Nato ha lanciato un allarme preciso, ha detto che Russia e Cina fanno azioni fuori dalle regole. Quella è la preoccupazione vera. C’è una sorta di parallelismo in atto: la Russia considera parte dell’Ucraina sotto la sua giurisdizione, Pechino fa lo stesso con Taiwan. Tutto questo li ha portati a stringere una accordo di cooperazione militare.
Per cui dobbiamo assistere a questo braccio di ferro molto a lungo?
No, speriamo di no. Abbiamo visto che comunque si riesce a dialogare. Bisogna anche tenere conto che per la Russia mantenere 120mila soldati in posizione di combattimento ha un costo economico non da poco.
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