Caro direttore,
fragile era Capitol Hill. C’era voluto l’attacco dell’11 settembre 2001, per creare i “bunker” che sono stati usati per proteggere i membri del Congresso e del Senato dopo l’assedio. Guardare le immagini di individui che entravano tranquilli, come turisti, con tante bandiere e in parte armati – sembravano anche loro smarriti e forse un po’ incantati dal palazzo del governo – senza alcun corpo di sicurezza che li fermasse, è stato l’aspetto più sorprendente e, diciamolo, scioccante dell’irruzione che cominciò poi a degradarsi in vandalismi, alcuni puerili, come sedersi sulle poltrone di Nancy Pelosi o di Mitch McConnell.
Fragile era la fila di poliziotti sopra la scalinata – neanche una ventina – che ha tentato di bloccare questi strambi individui, alcuni dei quali sembravano essersi vestiti per un carnevale, ma non tutti.
Fragili erano i due o tre poliziotti, o magari erano guardie, che se ne stavano da parte mentre sfilavano ancora timidi i primi che infrangevano il divieto di accesso. Poi fragili erano quei pochi che hanno cercato di difendersi con le armi in scontri diventati violenti e che avrebbero poi anche causato quattro vittime.
Fragile era la mente di chi invitava le masse a rivoltarsi personalmente contro il sistema. E fragili probabilmente erano tutti questi che marciavano avvolti in bandiere verso qualcosa di sconosciuto e incerto, pensando di andare a una manifestazione come tante altre, fra cui però si nascondevano gli ultrà.
Ma non è stata fragile la reazione della sindaca, che ha dichiarato il coprifuoco alle 18 a Washington D.C., e neppure quella dei servizi di sicurezza, che hanno trattenuto persino il vicepresidente Pence nelle zone protette. Non è stata fragile l’assistenza della Guardia nazionale mandata da vari Stati per mantenere sicuro il palazzo prima svuotato dall’Fbi e da altre agenzie arrivate in soccorso per lo sgombero, che è finito puntualmente allo scoccare del coprifuoco.
E neppure fragile è stata la determinazione dei politici di tornare al lavoro, accettando la sfida e rifiutando qualsiasi intimidazione: dichiaravano già, mentre erano sotto assedio, che non se ne sarebbero andati, che sarebbero rimasti a finire il compito anche nei sottofondi del palazzo se fosse stato necessario. Sono tornati invece nelle grandi sale del Congresso e del Senato e hanno finito di contare il voto per la prossima presidenza – un rito cerimonioso e sacro per la tradizione – e lo hanno fatto senza più alcuna ostruzione interna o esterna, dimostrando la forza di questa democrazia, a cui loro credono profondamente, dopo che a ciascuno di essi viene richiesto, al momento dell’arruolamento, di pronunciare le parole del giuramento alla nazione, concludendo con un “So help me God”.