Non solo il vaccino anti-Covid: manca il vaccino antinfluenzale, quello che viene raccomandato di fare ogni anno, innanzitutto alle cosiddette “categorie a rischio”, over 60 e persone con patologie varie, ad esempio i cardiopatici, ma anche i bambini da 0 a 6 anni. Lo denunciano i medici di base di molte regioni – dalla Lombardia all’Emilia-Romagna, per citarne due – che avevano già predisposto gli appuntamenti e che adesso si trovano a chiamare i loro assistiti dicendo che le scorte sono esaurite. Come è possibile? Soprattutto in questo momento drammatico di pandemia, dove il vaccino antinfluenzale avrebbe evitato che tante persone si ammalassero, rischiando di essere colpite dal Covid e di portarlo in famiglia. Adesso le Regioni stanno correndo ai ripari, assicurando che nel giro di due settimane saranno disponibili nuove dosi. Ma la gente è preoccupata. Come spiega l’ex ministro della Sanità, Girolamo Sirchia, in questa intervista “il problema è che non si può mai fare un numero esatto delle dosi di vaccino da fornire, ci si basa sul numero dei vaccinati nell’anno precedente”. Quest’anno però non si è tenuto conto, sembra, della pandemia in atto: “Bisogna sempre praticare il principio di precauzione, e forse non è stato fatto: meglio avere dosi di vaccino in più di quante poi se ne utilizzano che trovarsi ad averne di meno”.
I medici di base, coloro che sono incaricati di fare i vaccini antinfluenzali (li fanno anche le farmacie, a pagamento, ma su loro iniziativa, e non sono rifornite come i medici dal Servizio sanitario nazionale, ndr), denunciano in questi giorni di avere esaurito le scorte. Come è possibile secondo lei?
È vero, ma da quello che si sente dire dalle autorità sono in arrivo altre dosi che saranno distribuite entro la fine di novembre, quando peraltro non ci sarà ancora il picco dell’influenza che normalmente avviene un po’ più tardi. Entro 15 giorni si dovrebbe riprendere a fare le vaccinazioni.
Però la gente ha paura di rimanerne sprovvista, anche perché è stata fatta, vista la pandemia in atto, una forte campagna di invito alla vaccinazione. Tecnicamente le dosi di vaccino da ordinare spettano alle singole regioni o al Servizio sanitario nazionale?
Questa delle vaccinazioni è una delle poche prerogative rimaste in mano al governo centrale, quindi al Ssn, una delle pochissime che non è stata trasferita alle Regioni. Però, logicamente, sono le Regioni che devono eseguire materialmente le vaccinazioni e stabilire quello che dovrà essere il numero che esse presumono venga usato nel proprio territorio.
Quindi il numero di dosi di quest’anno non è stato calcolato adeguatamente?
Il problema è che non è possibile sapere quanta gente si presenterà alle vaccinazioni. Sono stime che si fanno in base a quello che è accaduto l’anno precedente più una quota decisa a tavolino. È una incognita che grava su tutto il paese. È difficile, se non impossibile, sapere il numero esatto, anche se ci si aspetta che almeno quelli dell’anno precedente lo rifacciano. In teoria si può pensare che una metà della popolazione per cui è indicato il vaccino lo rifaccia e una metà no.
Negli ultimi anni il numero di chi si vaccina è calato: lo scorso anno quasi il 50% delle scorte è rimasto inutilizzato nei magazzini. Forse per questo non si è calcolato un numero maggiore?
Sì, molti non lo facevano più. C’era una sorta di sfiducia, di scetticismo sulla funzione del vaccino, tanto che bambini e donne gravide, così come molti anziani, avevano smesso di farlo.
Adesso invece con il Covid tutti lo vogliono fare?
Certo, ma è giusto che la richiesta sia aumentata. Però ci sono quelli che si oppongono, che gridano che è un complotto e altro. Fare un bilancio perfetto è un problema, e quando non si hanno i numeri e non si sa cosa esattamente pensi la gente, si deve applicare il principio di precauzione.
Cosa intende con principio di precauzione?
Il principio di precauzione dice che bisogna stare più dalla parte di chi preferisce averne un numero maggiore che dalla parte di chi vuole averne un numero insufficiente. Certo, la cosa giusta sarebbe che lo facessero tutti, anche se sappiamo che a una quota della popolazione il vaccino non piace, però meglio tenersi larghi sul numero di dosi da ordinare, perché è giusto che tutti lo debbano fare.
Soprattutto oggi, non crede?
Guardi, andrebbe fatto sempre, perché anche la cosiddetta semplice influenza provoca un alto numero di decessi, è una infezione. Le autorità responsabili, che credono nella vaccinazione, dovrebbero dire: facciamo di tutto per distribuirlo a tutti. Devono sempre farsi trovare pronte.
Può aver influito il costo economico? Meno ordini, più risparmi?
Indubbiamente il vaccino ha un costo e tutto dipende dal numero e dal tipo di contratti, che si devono stipulare non adesso ma in tempo utile. Però sappiamo che il ritorno su questo investimento in termini di salute è molto alto, come con tutti i vaccini. Grazie al vaccino si risparmiano non solo i decessi, ma anche i giorni di malattia, i ricoveri in ospedale o al pronto soccorso, le complicazioni polmonari. È un ritorno economico notevole per tutto il paese.
(Paolo Vites)