Secondo Pier Luigi Maria Dell’Osso, uno dei magistrati più influenti e importanti d’Italia, lo scandalo che sta colpendo il Vaticano e la gestione dei fondi papali ha diversi comuni denominatori ai più noti scandali del passato, dal crac Ambrosiano fino alla gestione dello Ior: «Dopo quarant’anni mi sembra di rivedere lo stesso film: incompetenti, truffati, collusi», spiega il giudice che nella sua carriera vanta le indagini su Yara Gambirasio, le inchieste nella Direzione Nazionale Antimafia fino al rappresentante dell’accusa per la bancarotta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Oggi fa l’insegnante ma nell’intervista all’Huffington Post prova a delineare la sua esperienza nel “leggere” tra le carte del presunto scandalo Becciu-Marogna: secondo Dell’Osso, il caos sulla Segreteria di Stato vaticana ‘inizia’ dopo il 2010, ovvero quando sono iniziate le procedure per i controlli degli operatori finanziari professionali all’interno dello Santa Sede. Da 10 anni infatti IOR ed APSA sono sottoposti al controllo dell’AIF, l’Autorità di intelligence finanziaria, dalla la FIU del Vaticano e anche alla revisione periodica dei valutatori del Comitato Moneyval: la conseguenza è semplice, «per un comparto sottoposto alle regole internazionali, se ne scopre adesso un altro, fuori dalla giurisdizione dell’AIF: il fondo della Segreteria di Stato. E in questo comparto si possono verificare, come dicevo prima, le solite, vecchie dinamiche: una diffusa incompetenza, truffe e collusioni». Nella presenza di alcuni faccendieri che furono protagonisti all’epoca dell’Ambrosiano, secondo Dell’Osso, non si vedono i figli o i nipoti «ma proprio loro, gli stessi, dopo quarant’anni».



IL MAGISTRATO DALL’OSSO: “SCANDALO VATICANO, ANCORA LE STESSE FACCE…”

Le stesse facce per gli stessi reati? Per il magistrato, oggi docente universitario a Roma e Siviglia, sarebbe avvenuto esattamente in questi termini: facendo riferimento allo scandalo dell’Ambrosiano, «Anche allora i Vaticano affermò però di essere stato truffato da Calvi. Come si vede sono storie un po’ tutte simili. Anche quarant’anni dopo». In più, secondo Dell’Osso il problema è che nella gestione finanziaria del Vaticano spesso gli stessi membri religiosi delle opere finanziarie non sanno minimamente come districarsi nei meandri dell’economia semplicemente perché non è quello il loro mestiere. I rimandi al passato sono continui, non solo per le finanze vaticane ma anche per la sede di Londra come “origine” dello scandalo (in questo caso l’ormai famoso palazzo comprato nell’ottobre 2019, ndr): «è la maggiore piazza finanziaria europea e dobbiamo dirlo dai non pochi profili offshore, ma Calvi secondo me, dopo aver fatto tappa in Svizzera, si recò a Londra, anche perché convinto che lì fosse sufficientemente vicino ai beni dello IOR, a beni del Vaticano», sottolinea Dell’Osso. L’appello finale del magistrato all’HuffPost è una sorta di “consiglio” alla Santa Sede alle prese con l’ennesima querelle sulla gestione delle finanze: l’intero sistema economico non deve essere riformato, ma proprio rifondato dalla base secondo Dell’Osso «altrimenti, dietro un settore che è stato “regolarizzato”, né spunta un altro che riproduce poi i problemi del primo. E’ questo che è avvenuto con l’ultima vicenda. Capisco che ci possano essere motivi di riservatezza nel sostenere le opere religiose in paesi a rischio, ma questo fatto non può essere uno schermo per altri affari».

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