Com’era prevedibile, l’ondata di protesta dopo la frode elettorale perpetrata da Maduro nelle elezioni di domenica scorsa non si è fatta attendere e ha coinvolto l’intero Venezuela, dove ci sono state e tuttavia continuano manifestazioni massive nel corso di alcune delle quali diverse statue di Chavez, il padre della cosiddetta “Revolucion Bolivariana” sono state abbattute e moltissimi manifesti elettorali raffiguranti Maduro distrutti. Incidenti ci sono stati anche con le forze dell’ordine, specialmente nei dintorni della residenza presidenziale di Miraflores, ma è anche successo che in molti casi l’esercito, chiamato a reprimere i disordini, non abbia accettato di attaccare i manifestanti.
Voci sempre più diffuse danno in atto una spaccatura all’interno della struttura militare, fatto importantissimo perché si tratta del mezzo più importante a sostegno della dittatura: che nella giornata di lunedì, attraverso il suo Procuratore generale, Tarek William Saab, ha annunciato l’inizio di un’indagine penale contro la leader dell’opposizione, Maria Corina Machado, accusata di coordinare un attacco al Comitato elettorale nazionale (CNE) dalla… Macedonia del Nord, fatto che potrebbe portare al suo arresto.
Infatti, da notizie appena pervenute da Caracas, sia Maduro che Diosdado Cabello e anche il
Presidente dell’Asemblea Nacional hanno chiesto che la Giustizia agisca sia contro Machado che il
vincitore delle elezioni e candidato dell’opposizione Edmundo Gonzales Urrutia, accusati
di destabilizzare il Paese. Nei circoli diplomatici circola l’informazione secondo la quale sia già in
corso l’arresto di Machado. Il tutto dopo che la manifestazione organizzata ieri pomeriggio in
tutto il Venezuela ha avuto una partecipazione veramente massiva.
La verità è che tutta la manfrina delle elezioni sembra uscita, ironia della sorte, da una pellicola di pessimo gusto al punto che fatti purtroppo reali si confondono pure con commenti ironici: e non parliamo solo di quanto i lettori del Sussidiario hanno potuto vedere in anteprima, ossia della ormai mitica schermata elettorale trasmessa dalla TV di regime dove la matematica diventa pura metafisica e i numeri sono talmente inventati da pensare a uno scherzo: circola pure una battuta dove un giornalista chiede a Maduro se in Venezuela esista la democrazia. Al che il neo eletto Presidente risponde che nel suo Paese la democrazia è talmente trasparente che per renderla visibile ha dovuto immettere i numeri dei risultati elettorali di propria mano.
E così mentre il Direttore della prestigiosa Edison Research, incaricata ufficialmente delle previsioni dei dati elettorali alla chiusura dei seggi, dichiara che l’opposizione ha ottenuto il 64% dei voti contro il 31% di Maduro e che la frode attuata è veramente gigantesca, Maria Corina Machado spiega, nel corso di una conferenza stampa che, stando ai risultati della documentazione ufficiale proveniente dai seggi, la vittoria del loro candidato, Edmundo Gonzales Urrutia, arriva al 73,3%.
Ormai i dubbi sulla frode sono talmente evidenti che il “Presidente” ha interpretato le proteste internazionali e l’isolamento del Paese come un complotto globale contro di lui e ha dichiarato che “questa volta non ci sarà alcuna debolezza” quasi come se ammettere l’opposizione alle elezioni sia stata tale. Ma non solo: ha anche allontanato sei Ambasciatori di Paesi che non hanno riconosciuto il risultato delle votazioni e l’Ambasciata argentina a Caracas è stata oggetto di un assalto delle truppe bolivariane, respinto dalle entità militari argentine presenti all’interno dell’edificio.
Gli incidenti che sono avvenuti nel corso delle massive manifestazioni, dovuti all’attacco dei militari, hanno causato finora undici morti tra i manifestanti, ma la tensione non si placa e anzi, come scrivevamo sopra, sta aumentando il tutto il Paese: ora non rimane che vedere quali saranno gli sviluppi di un simile movimento. Di certo, a questo punto, il potere sa benissimo che quello che ha realizzato non gode di alcun appoggio nella popolazione ormai disperata anche per la pessima situazione economica e sociale che ha trascinato il Venezuela nella peggior crisi non solo della sua storia, ma anche di quella dell’intero Continente latinoamericano. I margini di trattativa, a questo punto della situazione, sono ridottissimi, così come anche è sicuro che l’attuale Governo avrà vita impossibile visto che i fatti accaduti sono palesemente sotto gli occhi di tutti.
A questo punto Maduro avrà come unica via di scampo l’appoggio delle Forze Armate, ma il rischio, lo scrivevamo sopra, è quello che la divisione in atto nell’esercito produca l’esatto effetto contrario se la protesta interna a esso dovesse estendersi.
La repressione massiva potrebbe poi concludersi, come affermavamo pochi giorni fa, in una guerra civile con relativo bagno di sangue o con una fuga improvvisa del dittatore, la cui famiglia, secondo quanto si mormora nel Paese, sarebbe già scappata all’estero e precisamente nell’amico e fratello Nicaragua, gestito dal suo pari Daniel Ortega. Quest’ultimo è il posto più sicuro dove Maduro può rifugiarsi anche perché è ormai stabile la presenza dell’Esercito russo dentro i suoi confini, e quindi dell’alleato più potente che il Venezuela ha in questo momento.
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