La crisi istituzionale del Venezuela, dopo la frode elettorale che ha permesso a Maduro di rimanere al potere, ha avuto in queste ultime ore uno sviluppo purtroppo negativo con l’arrivo del candidato vincitore delle ultime elezioni, Edmundo González Urrutia, in Spagna dove, secondo la versione fornita dal governo spagnolo, aveva chiesto ed ottenuto asilo politico.



È stata un’operazione che si è sviluppata nelle ultime due settimane: l’aereo dell’Aeronautica militare spagnola, un Dessault F900, è atterrato in Portogallo (per uno scalo tecnico) proveniente dall’aeroporto di Punta Concedo, nella Repubblica Dominicana, stamattina verso le 10, dopo che lo stesso Gonzalez era stato prelevato dall’ambasciata dei Paesi Bassi dove si era nascosto. Il magistrato chavista Tarek William Saab ha dichiarato che il regime ha concesso, attraverso un accordo con la Spagna, un salvacondotto affinché lasciasse il Paese.



Secondo la giustizia venezuelana, al servizio del chavismo, González è responsabile, assieme a María Corina Machado (la leader dell’opposizione), di diffondere documentazione – dichiarata falsa dalle autorità – che dimostra la vittoria del loro fronte oppositore alle elezioni.

Secondo fonti di nostra conoscenza, circa due settimane fa è iniziato a Caracas un negoziato tra i fratelli Rodriguez (Delcy e Jorge, i più stretti operatori di Maduro) e le autorità spagnole attraverso la mediazione dell’ex presidente José Luis Rodriguez Zapatero per l’estradizione del candidato vincitore. Raggiunto l’accordo si è proceduto all’estradizione: ricordiamo che Urrutia ha sua figlia che già vive a Madrid esiliata.



Appena arrivato a Madrid ha dichiarato come la sua partenza sia stata costellata da “episodi di pressioni, coercizioni e minacce affinché non permettessi di lasciare Caracas”, aggiungendo di “essere fiducioso che presto continueremo la lotta per raggiungere la libertà ed il recupero della democrazia in Venezuela”. Ancora non si sa bene dove invece sia rifugiata la Machado: quasi sicuramente si trova in una ambasciata, ma non più in quella argentina, dove si pensava che fosse, essendo sotto la protezione del Brasile, e ciò si suppone dal fatto che 24 ore fa la sede diplomatica è stata circondata da truppe chaviste con l’intenzione di irrompere nell’edificio, visto che le autorità di Caracas avevano revocato il riconoscimento della protezione concessa. La manovra però è stata interrotta dopo la notizia dell’esilio di González, anche se la sua attuazione avrebbe costituito una violazione di accordi internazionali talmente palese da mettere in seria difficoltà il regime venezuelano.

Il fatto che il Governo di Pedro Sánchez abbia autorizzato l’intera operazione simboleggia la solitudine internazionale nella quale naviga il regime di Maduro.

Inizialmente le persone vicine a González avevano tassativamente escluso la sua volontà di abbandonare il Venezuela, ma a posteriori si è scoperto che queste dichiarazioni sono servite a coprire l’intera operazione diplomatica mirante alla sua estradizione.

Di certo a questo punto risulta molto difficile fare delle previsioni sul futuro del Paese centroamericano, che mantiene ufficialmente relazioni solo con Cuba e il Nicaragua e canali diplomatici aperti con il Brasile, la Colombia ed il Messico, dove governano tre presidenti facenti parte del Patto di San Paolo, sottoscritto da personalità politiche della sinistra populista latinoamericana anni fa. Ma queste ultime relazioni si sono improvvisamente raffreddate, visto che Maduro si è burlato dei tre presidenti e ha fatto saltare un incontro telematico con loro, nel quale avrebbe ricevuto la notizia dell’adesione dei tre colleghi latinoamericani alle proposte USA, UE e di altri Paesi su un riconteggio immediato dei voti, quindi una revisione dei risultati ufficiali comunicati. Il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Alvarez, durante il suo soggiorno in Oman, prima tappa di un viaggio in Cina del presidente Sanchez, ha dichiarato di aver contattato González, e di averlo convinto ad aderire al diritto di asilo politico offertogli, ricordandogli “l’impegno del governo spagnolo con i diritti politici, la libertà di espressione e l’integrità fisica offerte a tutti i venezuelani”.

Ora non rimane che vedere cosa accadrà alla Machado, ma crediamo che a questo punto ogni azione di Maduro nei suoi confronti aprirebbe le porte all’inizio della fine del chavismo nel Paese, anche perché Machado è diventata il simbolo della resistenza alla dittatura e il fatto potrebbe far scoccare la scintilla di proteste dalle conseguenze imprevedibili per lo stesso regime.

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