Mentre l’inferno quotidiano impera in Venezuela e le trattative tra Russia e Usa proseguono ora sotto traccia, d’improvviso spunta la Norvegia a proporre una trattativa per risolvere la delicatissima questione. Ogni azione in questo senso, chiariamolo, è positiva e ci mancherebbe altro, ma ormai anche i sassi hanno capito che Maduro è alla ricerca di un salvagente per poter uscire da un potere ormai riconosciuto da soli “alleati” economici, ai quali della situazione d’inferno del Paese non importa nulla, e che una volta avuto il loro tornaconto potrebbero abbandonare il dittatore in un batter d’occhio.



Guaidó è a sua volta inguaiato, perché ha capito che la sua nobile “Operazione libertà” non potrà trovare nessuno sbocco, men che meno militare, visto che in tutto questo marasma risulta chiarissimo che chi impugna le armi perde la partita. Per cui ha accettato lo spiraglio norvegese e ha inviato il vicepresidente dell’Assemblea nazionale, Stalin Gonzalez, l’ex deputato Gerardo Blyde e l’ex Ministro Fernando Martinez Mottola. Maduro è stato rappresentato dal suo ministro della Comunicazione Jorge Rodriguez e dal governatore dello Stato di Miranda Hector Rodriguez.



Alla fine del primo incontro gli entusiasmi sono arrivati direttamente dal dittatore, che ha spiegato come la sua delegazione sia tornata con “buone notizie” e che le conversazioni sono iniziate “col piede giusto per avanzare con un clima di armonia”. Dichiarazioni che suonano tanto come un deja vu già sperimentato anni fa al tavolo delle conversazioni con il Mud (la Mesa de Unidad Democratica che rappresentava l’opposizione) e con la Chiesa come garante, mosse che poi si sono rivelate inutili dato che Maduro ha posposto sempre i termini delle eventuali soluzioni sine die e l’occasione si rivelò una gigantesca presa in giro diplomatica. Oltretutto, per tentare di contrastare la situazione tragica dovuta al crollo della produzione di petrolio, Maduro ha ordinato la vendita di 570 milioni in oro tratti dalla riserva del Banco Centrale.



Ora pare difficile che questa sessione norvegese, seppur nei suoi preliminari, possa riservare percentuali solide di una soluzione, anche perché da parte di Maduro continuano azioni dimostrative di carattere militare che però paiono più spaventapasseri che altro. Sa benissimo che ci vogliono azioni concrete per uscire dalla crisi in cui ha cacciato il Paese e anche che il suo futuro è legato a un filo che può rompersi in qualsiasi momento. Ma sa anche che l’opposizione, non disponendo di armi, non può accelerare i tempi della risoluzione, per cui approfitta di queste occasioni, fornite da una diplomazia che ormai non sa più che pesci pigliare, per “allungare il brodo”.

Nel frattempo Guaidó si è incontrato con il Senatore italiano (pardon argentino, ma eletto nel nostro Parlamento), sottosegretario agli Esteri, che deve aver spiegato per l’ennesima volta al Presidente ad interim la posizione italiana sulla questione, che, dopo l’ulteriore spiegazione fornita da Conte con la sua intervista alla Stampa, ha ribadito la sua metafisica totale. Guaidó ha ringraziato per l’interessamento, ma ormai francamente credo che nemmeno lui riesca a capire il nostro Governo.

Una situazione che, a mio modestissimo modo di vedere, si sta giocando su scacchieri più alti, che riguardano le potenze del mondo e gli equilibri militari ed economici dello stesso. La speranza è l’ultima a morire, ma non si vede come l’incontro di Oslo possa risolvere qualcosa intimamente legato a interessi superiori a quelli che si sono vagliati in Norvegia. Arrivederci alla prossima puntata!