Dopo due giorni di relativa “tranquillità” durante i quali la polizia bolivariana ha arrestato oltre 1.700 persone, molte delle quali sono state dirottate in un edificio di Caracas denominato “El Helicoide” tristemente famoso come centro di interrogatori basati su torture, in una reazione che finora ha prodotto, nel corso dei movimenti di protesta contro la frode elettorale del “Presidente” 16 morti e decine di feriti, nel fine settimana si è assistito a un confronto tra due manifestazioni (una convocata dall’opposizione, mentre l’altra organizzata dall’attuale potere) che, replicatasi la prima in molti altri Paesi con partecipazioni massive , oltre, ovviamente a quella massiccia ancora in corso a Caracas, hanno fatto capire come ormai stiamo velocemente arrivando a una resa dei conti che risulterà decisiva per il futuro del Venezuela.
Questo perché la contromanifestazione di Maduro ha raccolto circa 2.000 persone e il fatto fa capire come ormai siamo quasi sicuramente arrivati al punto finale di una questione che, ci auguriamo, possa approdare a una soluzione pacifica visto anche che ormai la gente non ha più paura di esporsi e, con la propria coraggiosa presenza, costringere l’attuale potere alla resa e proclamare, finalmente, il cambio al potere dopo che i veri risultati delle elezioni (non manipolati dalla CIA, come qualcuno cerca ancora di sostenere assurdamente) hanno decretato la vittoria del candidato oppositore Edmundo Gonzales Urrutia con il 67% dei voti contro il 30% di Maduro. Il quale, dopo aver più volte promesso la pubblicazione delle cartelle elettorali che riportano i risultati di ogni sezione, ha evitato finora di farle apparire, garantendo però che a breve, naturalmente con la sponsorizzazione di Cina e Russia che svolgeranno adeguate “indagini”, verremmo a conoscenza di quanto accaduto.
Nel frattempo ormai il “Presidente” può contare a livello continentale sull’appoggio, oltre che dei classici alleati Nicaragua e, naturalmente, Cuba, di Bolivia, Messico e Colombia, mentre il Brasile ormai tentenna forzatamente visto che il suo Presidente, Lula da Silva, che in un primo momento avrebbe messo le mani sul fuoco sui risultati prodotti da Maduro, ora pare essersi accorto che le cose non stanno proprio così e, assieme ad altri Governi, chiede insistentemente la pubblicazione delle cartelle elettorali, che però, come prima detto, continuano a non apparire se non appese agli edifici di Caracas e di altre località venezuelane nel corso delle ormai innumerevoli manifestazioni.
In poche parole sembra proprio che questa volta la possibilità di una transizione, visto il grande appoggio popolare, possa realizzarsi anche se, in un discorso avvenuto tre giorni fa in ambito governativo, il numero due del potere, Diosdado Cabello, ha apertamente minacciato l’opposizione di reprimere violentemente le manifestazioni e di usare la forza a livello generale.
Il vero problema, da noi già citato, è che l’esercito ancora non ha attuato se non in pochi casi isolati, una solidarietà concreta con chi realmente ha vinto il confronto elettorale. Ma vi son alcuni decisivi segnali che qualcosa inizia a sgretolarsi anche da quella parte e riguardano la presenza di contingenti militari cubani (con uniformi venezuelane) arrivati circa 4 giorni fa per dare manforte al regime. Segno indiscutibile che la fiducia nei militari inizia a vacillare.
Bisogna inoltre considerare che l’esercito ha non solo avuto un ruolo primario nel mantenere in vita il chavismo, ma ha anche partecipato a questioni molto importanti non solo di condivisione del potere, ovviamente, ma anche a manovre economiche che, in caso di conquista da parte dell’opposizione, verrebbero alla luce e porterebbero automaticamente seri problemi non solo negli alti comandi: alle quali dobbiamo aggiungere anche delitti perpetrati nel corso degli anni contro gli oppositori.
Insomma, anche se queste giornate hanno fatto capire come il potere del chavismo in Venezuela sia arrivato alla fine, occorrerà attendere ancora un po’ di tempo e soprattutto sperare in un accordo che possa sviluppare una transizione pacifica, che attualmente appare di complessa risoluzione.
Rimane però l’elemento importantissimo di una fortissima solidarietà da parte di moltissimi Governi del mondo alla causa in corso, fatto che di sicuro sarà un fattore primario affinché il nostro caro Venezuela esca dal tunnel di un regime che lo ha distrutto.
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