E così mentre la sola Ue, con le parole del suo Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, richiede una soluzione politica urgente che porti a elezioni presidenziali libere ed eque per iniziare a risolvere la grave crisi del Venezuela, a livello internazionale tutto tace, o almeno così sembrerebbe. Difatti i colloqui iniziati in Norvegia tra rappresentanti dell’attuale regime di Maduro e le opposizioni stanno proseguendo alle Barbados, ma in un riserbo tale (difatti non trapela nulla) da far pensare che la mancanza sostanziale di notizie sulla sessione perennemente in corso sia dovuta al fatto che in verità non succeda proprio un bel nulla. E lo sfogo Ue pare confermare questa non tanto machiavellica versione.



Troppi interessi economici, ma questo lo sosteniamo non solo noi, da tempo sembrano favorire l’ormai ripetitiva tattica di Maduro, che gioca con la sostanziale inazione come fattore per guadagnare tempo. Anche Sua Santità, nella sua omelia domenicale la settimana scorsa, ha riproposto il tema del dialogo aperto tra le parti, sottolineando l’urgenza di un popolo ormai allo stremo.



L’opposizione pare essere entrata in una crisi spiegabile proprio con l’assenza di mezzi per poter costringere Maduro ad avanzare nel progetto elettorale: l’unica forza su cui ormai il suo leader, il Presidente ad interim Juan Guaidó, può contare è proprio un appoggio internazionale che si converta in misure forti da parte della comunità diplomatica che al momento si è solo limitata a parole o a minacce di sanzioni con le quali la Mogherini ha condito anche il suo ultimo discorso.

Ma si sa… tra il dire e il fare c’è una sostanziale differenza e l’economia in questo gioco la fa da padrone: nessuno dei due fronti internazionali coinvolti in questa faccenda pare proprio deciso a cedere. Vuoi perché Cina e Russia hanno crediti talmente alti con il Venezuela da non volerci rinunciare, vuoi perché pure da parte dei Paesi dell’Ue (che si sta confermando un organo sempre più debole) ci sono fattori commerciali di importo tale da non poter rinunciarvi a cuor leggero.



Proprio per questo Guaidó sta procedendo sulla via di un’alternativa concreta in grado di risolvere i contenziosi economici in atto specialmente con Russia e Cina: calcolando (e non ci vuole molto) che per queste due potenze Maduro rappresenta l’unica garanzia di saldo dei debiti accumulati dal Venezuela fin dai tempi di Chávez (ossia per oltre un ventennio), il Presidente ad interim sta studiando la soluzione del contenzioso attraverso l’intervento del cosiddetto “Club de Paris”, un organismo informale di organizzazioni finanziarie con lo scopo di procedere a una rinegoziazione dei debiti pubblici bilaterali dei Paesi del Sud del mondo, club del quale fanno parte 22 tra i Paesi più ricchi della Terra. In caso di sua elezione Guaidó garantirebbe l’intervento di questa associazione, in modo da superare le titubanze, specie cinesi, sulla sua candidatura.

Dal canto suo la Russia ha anche questioni geopolitiche importanti, considerando che il Venezuela costituisce un comodo balcone sugli Stati Uniti e che essere dirimpettai degli Usa è sempre stato un progetto russo fin dai tempi della crisi di Cuba degli anni ’50.

L’Italia ha votato il suo appoggio alla mozione Ue, con la solita astensione del Movimento 5 stelle, però alcuni media latinoamericani hanno sottolineato come il nostro Paese sia abbastanza permeabile a instaurare dialoghi economici con Maduro. E non si parla della nave mercantile colma di “Colbain”, il prezioso minerale essenziale nella componentistica elettronica apparsa nel porto di Trieste tempo fa. Difatti si scopre che un manager italiano, Valerio Antonini, è il principale commerciante di materie prime agricole per il Governo di Maduro. In appena due anni questo personaggio, attraverso la sua amicizia con Diego Armando Maradona, tifoso acceso del chavismo e grande amico dell’attuale “Presidente”, pare abbia sottoscritto una ventina di succosi contratti per la vendita di cereali a la gestione dei silos del principale porto venezuelano. Sempre secondo le fonti già citate, l’affare potrebbe superare il miliardo di dollari e per questo motivo il Governo di Caracas ha inviato in Italia una tonnellata di oro delle sue riserve.

Un intreccio davvero singolare che però mette in luce quanto la soluzione della crisi del Venezuela sia lontana, in nome di interessi (anche nostrani, come si vede) che con il popolo del bellissimo Paese caraibico hanno poco a che fare.