E così, per il dramma del Venezuela, siamo arrivati a vivere la parte più tragica (escluso l’intervento armato si capisce): quello dell’inazione tanto cara a Maduro in tutti questi anni, passati a partecipare a riunioni diplomatiche atte a sbloccare la difficile situazione, ma che poi sono tutte terminate in un nulla catastrofico.



Di certo un ruolo importantissimo in tutto ciò l’ha giocato la diplomazia internazionale che, anche quando spinta da un’opposizione al regime finalmente unita intorno a un Presidente (Juan Guaidó) regolarmente eletto dall’unico organo costitutivo, l’Assemblea Nazionale, riconosciuto dalla gran parte delle nazioni, si è trovata, come anche nel caso odierno, di fronte a un nulla di fatto per la semplice ragione che Maduro, appoggiato fortemente in un primo tempo da Russia, Cuba, Cina, Iran e Hezbollah (ma non dimentichiamoci il narcotraffico) ha avuto gioco favorevole al suo potere.



Ormai il Paese è sull’orlo del blocco totale energetico, ma la speranza, nata in un primo tempo in Finlandia, di un accordo tra Stati Uniti e Russia per sbloccare la situazione, proseguita poi con l’incontro tra le rappresentanze del regime e dell’opposizione a Oslo, per la mancanza di decisioni ha restituito al Venezuela la situazione metafisica di sempre.

Nonostante Trump abbia recentemente dichiarato che la Russia stia iniziando a ritirare tutto il personale attualmente in forze nel Paese, di fatto ciò non pare essere accaduto visto che Maduro ha dichiarato esattamente il contrario. La Cina ha perfezionato accordi commerciali e, sul fronte dell’emergenza umanitaria, la Bolivia interverrà con 650.000 dosi di vaccini da somministrare alle classi più deboli (neonati e vecchi) per impedire il sorgere di malattie peraltro già presenti nel Paese per la mancanza di risorse alimentari.



Guaidó ora si trova in una posizione difficilissima perché la sola solidarietà internazionale, come si è visto, serve a ben poco: la maggioranza della popolazione è con lui, ma, se non vengono indette nuove elezioni, peraltro sempre promesse dal potere dittatoriale e mai indette, il gioco si fa difficile, perché l’onda delle proteste rischia di infrangersi contro la paura dell’azione squadrista delle varie milizie del regime, che agiscono e reprimono nella totale impunità.

A Guaidó non resta quindi che continuare nel suo cammino democratico, appellandosi a livello internazionale affinché la guardia sulla tragedia del Paese non venga abbassata: è ancora intervenuto anche sul nostro Governo, affinché chiarisca una volta per tutte la sua posizione, visto che ancora non lo riconosce totalmente come Presidente. Ma l’Italia è solo un piccolo tassello di un dramma che, cadendo nell’oblio, rischierebbe di far tornare il mondo in una Guerra fredda che pareva ormai dimenticata: e questo segna sempre di più la posizione degli Usa, visto che il Venezuela, come Cuba, è un balcone esposto proprio davanti a loro e non promette niente di buono.