Nel 2014 iniziava nello Yemen una sanguinosa guerra tra il governo sostenuto dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti houthi, appoggiati dall’Iran. Nello stesso anno iniziava la guerra in Ucraina contro i separatisti del Donbass, sfociata poi nell’aggressione russa del febbraio 2022, che rischia di trasformarsi in una guerra totale.
La catastrofe umanitaria dello Yemen, definita dall’Onu la peggiore degli ultimi decenni, è finita così in secondo piano. Secondo i dati Unicef, vi sono attualmente 11 milioni di bambini bisognosi di assistenza umanitaria urgente, diverse migliaia di bambini sono stati feriti o uccisi e più di 4mila sono stati reclutati dalle fazioni in guerra. Una guerra che ha causato, direttamente o indirettamente, quasi 400mila morti, milioni di sfollati, e ha reso più di 21 milioni di yemeniti, cioè due terzi della popolazione, bisognosi di assistenza umanitaria. La situazione rimane tuttora molto pesante, tanto più che la tregua concordata nell’aprile del 2022 non è stata rinnovata lo scorso ottobre per l’opposizione degli houthi. Tuttavia, la guerra sembra essere ora condotta con più cautela, facendo sperare in una possibile propensione a raggiungere un accordo. Un’ipotesi resa più complessa dal fatto che i contendenti non sono più due, governo e Houthi, ma si sono aggiunti anche i separatisti dello Yemen del Sud.
Il Southern Transitional Council (Stc) è schierato contro gli houthi e combatte a fianco del governo sostenuto dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, ma chiede che il Sud possa ritornare ad essere indipendente, come è stato tra il 1967 e il 1990. Lo Yemen del Sud è particolarmente importante per il porto di Aden e l’isola di Socotra, strategici per il controllo dello stretto di Bab el-Mandeb e, quindi, per l’accesso al Mar Rosso e al Canale di Suez. I separatisti hanno l’appoggio degli Emirati Arabi Uniti, alleati dell’Arabia Saudita, ma le cui posizioni sullo Yemen si stanno differenziando da quelle di Riyadh.
Ciò che sembra delinearsi è una certa stanchezza dell’Arabia Saudita verso questa guerra, molto dispendiosa sotto tutti i profili ed evidentemente lontana dal raggiungere il suo obiettivo iniziale, cioè la riunificazione dello Yemen sotto il governo sostenuto da Riyadh. Non a caso, le ultime mosse diplomatiche saudite si sono rivolte ai separatisti di Aden, da un lato, e ai ribelli houthi dall’altro, con sullo sfondo il disgelo, sia pure iniziale, con il nemico per eccellenza, l’Iran, sotto la gestione della Cina. Il tutto in un progressivo distacco degli Stati Uniti e una sostanziale assenza dell’Unione Europea. Non sembra perciò impossibile l’ipotesi, che comincia ad affacciarsi in diverse analisi, di una divisione concordata dello Yemen. L’obiettivo primario per l’Arabia Saudita potrebbe essere attualmente la messa in sicurezza del suo confine meridionale, pur senza un suo totale controllo diretto, per concentrarsi su un suo nuovo ruolo geopolitico.
La guerra in Ucraina ha portato a un riallineamento, sia pure con contrasti non indifferenti, all’interno della Nato, ma ha causato anche un certo offuscamento nelle relazioni con vari Stati non occidentali, anche alleati di lungo termine. È questo il caso, appunto, dell’Arabia Saudita, che ha recentemente assunto posizioni che ricordano i “non allineati” della Guerra Fredda. L’attenzione degli Stati Uniti si è sempre più rivolta alla situazione nel Pacifico, leggi Taiwan, e contro la Russia, vedi l’Ucraina, distanziandosi come detto dalla complessa situazione mediorientale. La precipitosa ritirata dall’Afghanistan ha costituito un grave danno d’immagine per Washington, come lo è ogni guerra persa, in questo caso anche per le modalità con cui è stata attuata. Le condizioni in cui sono stati lasciati i collaboratori degli Stati Uniti in quel Paese non hanno di certo aumentato la fiducia negli Usa.
Se questo scenario lascia parecchie incertezze sul futuro geopolitico non solo della regione, alimenta però anche la speranza di una soluzione della guerra nello Yemen. La fine della guerra non risolverà tuttavia la tragedia delle popolazioni yemenite, che avranno bisogno di notevoli aiuti per uscire dalla loro terribile situazione attuale. Il rischio è che, come avvenuto per la guerra, la ricostruzione dell’Ucraina faccia passare ancora una volta lo Yemen nelle retrovie dell’attenzione dell’Occidente.
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