La dismissione dei fabbricati a destinazione produttiva è un problema importante per l’economia e per la qualità del territorio. La crisi economica post 2007-2008 ha colpito, tra gli altri, anche il settore immobiliare a destinazione produttiva e commerciale del Nord-Est.
Le dismissioni dei capannoni riguardano principalmente aree industriali o ex industriali, le infrastrutture tecniche delle città (impianti per infrastrutture e servizi) le aree agricole e le strade mercato. Per queste ultime il Rapporto annuale 2018 della Direzione Studi e Ricerche di Banca Intesa evidenzia che le dismissioni dipendono dalla maggiore o minore competitività dell’offerta del settore commerciale e dall’andamento dell’economia nei distretti produttivi.
Sia i tessuti urbani più consolidati, sia le dispersioni insediative appaiono sempre più costellati da una miriade di vuoti, volumetrie inutilizzate, spazi in cerca di nuove attività. Nessuno avrebbe potuto immaginare che i molti tessuti di piccola e media impresa, le “aree traino” del dinamismo economico del paese, soprattutto dell’export del Nord-Est, potessero avviarsi verso una spirale di crescente debolezza. Le distese di edifici e capannoni industriali di medio-piccola taglia, oggi popolati da cartelli con scritto “affittasi” o “vendesi”, da un lato non rispondono alle nuove esigenze delle imprese, costrette a riorganizzare la propria produzione per rispondere alla crisi economica. Dall’altro, sono altrettanto inadeguati a rispondere a nuovi segmenti di domanda delle imprese che faticano a collocarsi negli stock di immobili a destinazione produttiva esistenti. Questi ultimi sono spesso caratterizzati da mediocre qualità, da alti costi di manutenzione e di gestione e dalla carenza di servizi alle imprese ora necessari.
Tuttavia, la diffusione dei capannoni dismessi è alimentata non solo dalla cessazione delle attività produttive, ma anche da insediamenti industriali non completati, da fallimenti aziendali, da immobili sottoposti ad aste giudiziarie, sequestrati e confiscati, da eredità giacenti, dalla comproprietà dei beni. Queste fattispecie sono proprie della complessità del settore immobiliare a destinazione produttiva e commerciale.
Un altro elemento che contribuisce ad aggravare la situazione dell’abbandono di capannoni è la crisi del mercato immobiliare. Si è assistito, negli ultimi dieci anni, a una rottura del meccanismo economico più consolidato: domanda e offerta di capannoni non si incrociano più, le attività in crescita e più dinamiche si spostano all’interno di nuove aree industriali (talvolta anche in altre aree città o altri territori) di più recente realizzazione, in aree di maggiori dimensioni e meglio serviti dal punto di vista logistico. In Veneto, considerata la “patria dei capannoni”, manca una stima aggiornata delle superfici delle aree produttive-commerciali-artigianali oggi in disuso, si tratta ovviamente di un fenomeno di difficile quantificazione e in continua evoluzione. Le amministrazioni locali dovrebbero incrociare i dati provenienti da pratiche edilizie con quelli sulle imposte comunali e delle pratiche catastali, ma non hanno né il tempo, né le risorse umane (e forse anche poca volontà politica) per effettuare tali ricognizioni.
Perfino le aste giudiziarie di capannoni, in aumento per effetto di fallimenti e crisi aziendali, vanno sempre più spesso deserte. Non solo i manufatti, ma anche le aree esterne e circostanti o perfino interi sistemi produttivi si avviano verso un progressivo “svuotamento”.
In Veneto va ricordato un miglioramento del quadro normativo che può favorire una maggiore qualità ambientale, territoriale e un aumento selettivo delle pratiche di recupero.
Tuttavia per favorire il riuso di una quota rilevante dei capannoni dismessi restano necessari ulteriori interventi di politica economica e di programmazione regionale. Il trattamento di questi temi e problemi non può essere affidato solo alle pratiche di riuso, alla pianificazione urbanistica e alla legislazione regionale in materia di governo del territorio. L’azione dei comuni dovrebbe essere supportata dagli interventi della programmazione economica regionale a favore delle attività produttive e da finanziamenti per migliorare la dotazione di servizi alle imprese e ai lavoratori nelle aree produttive.
Il riuso dei capannoni dismessi è un problema pubblico che può costituire una risorsa importante per aumentare lo sviluppo di nuove attività e la creazione di occupazione. Sono necessari interventi di politica economica basati su incentivi alle nuove attività produttive, sostegno a investimenti e innovazione e agevolazioni fiscali da parte dello Stato.